Santa Sede: dialogo si basi su fraternità

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Il ruolo del dialogo è strategico su tutti i livelli, sul piano diplomatico, tra fedi religiose e su quello interculturale. Il dialogo tra tradizioni religiose, in particolare, può notevolmente contribuire a plasmare la coscienza umana. E’ quanto ha affermato mons. Ivan Jurkovič, osservatore permanente della Santa Sede presso l’Onu e le altre organizzazioni internazionali di Ginevra, intervenendo ieri nella città svizzera all’incontro incentrato sul tema del dialogo sulla fede, la costruzione della pace e lo sviluppo, promosso dalle Nazioni Unite e dall’Organizzazione della Cooperazione islamica.

L’amicizia fraterna e l’armonia siano ponti tra religioni

All’inizio del proprio discorso, mons. Jurkovič ha ricordato l’incontro interreligioso tenutosi, lo scorso 2 ottobre nella moschea “Heydar Aliyev” a Baku, in Azerbaigian, con lo sceicco dei musulmani del Caucaso e con rappresentanti delle altre comunità religiose del Paese. “E’ un grande segno – aveva affermato in quell’occasione Papa Francesco – incontrarci in amicizia fraterna in questo luogo di preghiera, un segno che manifesta quell’armonia che le religioni insieme possono costruire, a partire dai rapporti personali e dalla buona volontà dei responsabili”.

Non tolleranza ma fratellanza

Non è infatti la semplice tolleranza – ha detto il presule – il nostro terreno comune perché questa ha un significato negativo.  Le relazioni tra fedi religiose – ha spiegato mons. Jurkovič – dovrebbero essere basate sul concetto più dinamico della fratellanza. Saremo responsabili – ha osservato – non solo per le azioni che intraprenderemo ma anche per quelle che non avvieremo. L’armonia non deve limitarsi ad una mera convivenza pacifica. Il suo vero senso – ha detto – è l’arricchimento reciproco.

La pace è una conquista dinamica

Anche la pace deve essere vista con una connotazione positiva e dinamica: la pace non significa semplicemente riconoscere lo status quo, ma è un continuo e costruttivo miglioramento della nostra situazione come famiglia umana. Inoltre, una pace basata sulla paura e sulla deterrenza non può essere considerata una vera pace. Riferendosi al discorso che l’arcivescovo Paul Richard  Gallagher ha rivolto lo scorso 30 gennaio ad Hiroshima alle autorità civili e religiose, il presule ha anche ricordato la minaccia delle armi nucleari. Non possiamo accettare – ha sottolineato – che queste armi mantengano la stabilità mondiale attraverso, però, l’equilibrio del terrore.

All’origine dei conflitti una visione limitata della persona umana

Per gestire efficacemente vari problemi globali, tra cui quelli legati ai diritti umani, alle migrazioni, ai cambiamenti climatici e alla protezione dell’ambiente sono cruciali il dialogo interreligioso e l’impegno concertato. Non si deve inoltre cedere alla tentazione di leggere le situazioni di tensione attraverso la visione dello scontro di civiltà. Questa interpretazione ha un impatto negativo sulle religioni. Ma all’origine di tutte queste situazioni drammatiche – ha spiegato mons. Jurkovič – vi è una visione limitata della persona umana che apre la strada alla diffusione di ingiustizia e disuguaglianza, determinando in tal modo situazioni di conflitto.

Pace e giustizia nascono nei cuori e nelle menti

Nelle nostre menti e nei nostri cuori deve iniziare la ricerca della pace e della giustizia: le religioni – aveva affermato Papa Francesco durante l’incontro interreligioso, lo scorso 2 ottobre, nella moschea “Heydar Aliyev” a Baku – sono chiamate ad “edificare la cultura dell’incontro e della pace, fatta di pazienza, comprensione, passi umili e concreti”. “La fraternità e la condivisione che desideriamo accrescere – aveva aggiunto il Papa – non saranno apprezzate da chi vuole rimarcare divisioni, rinfocolare tensioni e trarre guadagni da contrapposizioni e contrasti”. “Sono però invocate e attese da chi desidera il bene comune”.

La nonviolenza modella società pacificate e riconciliate

In molte parti del mondo a cominciare con il Medio Oriente – ha poi detto mons. Jurkovič – un approccio che preveda la costruzione della pace attraverso lo stile della nonviolenza è oggi tanto necessario non solo per porre fine al conflitto siriano, ma anche per promuovere società pienamente riconciliate e per rinnovare la pacifica convivenza civile. Papa Francesco – ha aggiunto il presule – ha fatto del dialogo interreligioso una delle sue priorità. Durante il viaggio nella Repubblica Centrafricana, il Santo Padre – incontrando musulmani, cattolici e protestanti – ha ricordato, tra l’altro, che la religione non divide le persone, ma piuttosto li unisce.

La manipolazione della religione può sfociare in violenze e conflitti

Le comunità religiose ed etniche – ha sottolineato mons. Jurkovič – non devono mai diventare uno strumento di logiche geopolitiche regionali e internazionali. Nella lettera del 2015 ai vescovi della Nigeria, il Papa sottolinea che quando vengono uccisi innocenti in nome di Dio, non deve essere chiamata in causa la religione, ma la sua manipolazione per secondi fini. Nel suo recente viaggio apostolico in Svezia il Papa ha anche ricordato la necessità di guarire le ferite del passato, di intraprendere un cammino comune. Tale dialogo è possibile e questo – ha affermato il presule – lo dimostra ad esempio lo storico incontro a Cuba con il Patriarca Kirill di Mosca.

Pace, giustizia e perdono sono complementari

Mons. Jurkovič ha ricordato infine i molteplici sforzi del Papa per la promozione della pace. In particolare si è soffermato sull’incoraggiamento al Venezuela per un dialogo sociale autentico e costruttivo. Allo stesso modo, riferendosi alla situazione delicata in Colombia, Papa Francesco ha sottolineato l’importanza dell’unità, della riconciliazione e del perdono. Pace, giustizia e perdono – ha concluso mons. Jurkovič – sono reciprocamente complementari: non ci può essere pace senza giustizia, ma anche vera giustizia senza perdono. (A cura di Amedeo Lomonaco)

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