Monsignor Forte: adorare è lasciarsi amare da Gesù

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews  Nella solennità dell’Epifania, Papa Francesco ha esortato a mettersi sulla scia dei Magi, a riscoprire il senso dell’adorazione. Intervista con l’arcivescovo di Chieti-Vasto, monsignor Bruno Forte: “Chi adora sta sulla soglia dell’eternità, cioè si mette alla presenza di Dio”.

Sono un cristiano adoratore? Durante la Messa, presieduta ieri nella Basilica di San Pietro, il Papa ha invitato a porsi questa domanda ricordando che “la teologia e l’efficienza pastorale servono a poco o nulla”, “se non si fa come i Magi”. “Adorando – ha spiegato Francesco – scopriamo che la vita cristiana è una storia d’amore con Dio”. Dal Santo Padre anche l’invito, rivolto alla Chiesa, a crescere nella preghiera di adorazione, a riscoprire questa “esigenza” della fede.

“È stando faccia a faccia con Gesù che ne conosciamo il volto. Adorando, scopriamo che la vita cristiana è una storia d’amore con Dio, dove non bastano le buone idee, ma bisogna mettere Lui al primo posto, come fa un innamorato con la persona che ama. (Messa nella solennità dell’Epifania, Papa Francesco)”.

Chi adora sta sulla soglia dell’eternità

R. – Adorazione viene da ad-os, oris che significa letteralmente stare presso la soglia. Os, oris è sia la soglia, sia la sponda del mare sia per esempio la bocca. È tutto ciò che segna una sorta di confine. Chi adora sta sulla soglia dell’eternità, cioè si mette alla presenza di Dio, si lascia accogliere nella relazione divina del Padre, del Figlio dello Spirito. Ecco perché perdere il senso dell’adorazione, come dice il Papa, significa perdere il senso di orientamento dell’intera vita cristiana che è camminare verso il Signore e non un ripiegarsi su sé stessi. La vita di grazia, la vita di carità, speranza e fede è invece una vita adorante. È una vita che continuamente sulla soglia va verso il Signore e accoglie la sua venuta nel nostro cuore e nella nostra vita.

Francesco ha anche ricordato che adorando si impara a rifiutare quello che non va adorato, quindi “il Dio denaro, il Dio consumo, il Dio piacere, il Dio successo, il nostro io eretto a Dio”…

R. – E Francesco lo ha fatto anche con degli esempi concreti tratti proprio dalla Parola del giorno, perché anzitutto ha menzionato Erode che utilizza il verbo “adorare”. Dice ai re Magi di fermarlo sul luogo dove si trova il Bambino perché possa adorarlo. Ma in realtà è un adorare in modo ingannevole. È quando invece di adorare Dio, si adora il proprio io. Questa è una tentazione costante: servirci di Dio invece di servire Dio. Ma anche i capi dei sacerdoti, gli scribi del popolo sempre nello stesso Vangelo usano strumentalmente l’adorazione. Essi conoscono le profezie, conoscono le Scritture, ma in realtà non vanno oltre questa conoscenza. E il Papa richiama fortemente il fatto che non basta sapere. Senza uscire da sé, senza questo esodo senza ritorno che è l’amore, la carità e senza incontrare veramente Dio ed incontrarlo nelle preghiere e negli altri, allora la vita cristiana non si realizza. Detto in altri termini, teologia, efficienza pastorale servono a poco se non si fa come i Magi, se non si esce da sé e ci si apre all’incontro con Dio e all’adorazione del Suo volto.

Tanti cristiani che pregano, ha detto Francesco, non sanno adorare. Il Papa ha esortato a trovare spazi per l’adorazione durante la giornata e nelle comunità: “Così come i Magi – ha aggiunto – proveremo una gioia grandissima”.

R. – Se adorare è stare sulla soglia dell’eternità, questo implica un orientamento costante del cuore del credente, ma implica anche dei tempi donati gratuitamente a questo incontro con Dio. Tempi in cui ci si lascia amare da Dio. In un certo senso, adorare è lasciarsi amare da Dio e quando ci si lascia amare da Dio, il signore compie in noi le rivoluzioni del suo amore. Chi adora vive una relazione di amore con Dio che cambia tutta la vita. È quello che hanno vissuto i magi. Se non si è adoratori di Dio non si è nemmeno discepoli di Gesù che è stato l’adoratore per eccellenza, Colui che impersona la soglia tra il tempo e l’eternità, fra Dio e l’uomo.

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