Il Papa: la pandemia non faccia dimenticare il dramma degli sfollati

Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews. Il messaggio del Papa per la 106.ma Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato, che si celebrerà il prossimo 27 settembre, è dedicato alla “tragica condizione” spesso “invisibile” degli sfollati interni. Nei loro volti, afferma Francesco, si riflette quello di Gesù profugo.

Non si dimentichino gli sfollati interni e “tutti coloro che si sono trovati a vivere e tuttora vivono esperienze di precarietà, di abbandono, di emarginazione e di rifiuto a causa del Covid-19”. È questa l’esortazione con cui si apre il messaggio del Papa per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato intitolato: “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire. Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”. Si stima che nel mondo gli sfollati interni siano oltre 50 milioni. A guerre, conflitti e disastri ambientali, si aggiunge in questo tempo anche la piaga della pandemia. Il loro è spesso un dramma silenzioso e dimenticato.

Papa Francesco sottolinea che in seguito alla crisi, “iniziative e aiuti internazionali, essenziali e urgenti per salvare vite umane”, sono relegati “in fondo alle agende politiche nazionali”. Ma “non è questo il tempo della dimenticanza”. “La crisi che stiamo affrontando – si legge nel documento che si intreccia anche con il messaggio Urbi et Orbi dello scorso 12 aprile  – non ci faccia dimenticare tante altre emergenze che portano con sé i patimenti di molte persone”.

Il volto di Gesù in quello dei profughi

La “tragica condizione di sfollato e profugo”, sperimentata “dal piccolo Gesù” insieme con i suoi genitori “nella fuga in Egitto”, è una piaga presente anche ai nostri giorni per “milioni di famiglie”. “Quasi ogni giorno – ricorda il Pontefice con parole pronunciate all’Angelus il 29 dicembre del 2013 – la televisione e i giornali danno notizie di profughi che fuggono dalla fame, dalla guerra, da altri pericoli gravi”. “In ciascuno di loro – sottolinea il Santo Padre – è presente Gesù, costretto, come ai tempi di Erode, a fuggire per salvarsi”. Nei loro volti siamo chiamati “a riconoscere il volto del Cristo affamato, assetato, nudo, malato, forestiero e carcerato”. “Se lo riconosciamo – scrive il Papa – saremo noi a ringraziarlo per averlo potuto incontrare, amare e servire”.

Riconoscere il Signore negli sfollati

“Le persone sfollate ci offrono l’opportunità di incontro con il Signore, anche se i nostri occhi – si legge nel messaggio che riprende le parole pronunciate durante la Messa a Sacrofano il 15 febbraio del 2019  – fanno fatica a riconoscerlo: coi vestiti rotti, con i piedi sporchi, col volto deformato, il corpo piagato, incapace di parlare la nostra lingua”. Si tratta una “sfida pastorale”, sottolinea il Pontefice, che esige risposte da dare con i verbi già indicati nel messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e dei Rifugiato del 2018: accogliere, proteggere, promuovere e integrare.  A questi il Papa, ricordando quanto insegnato da Gesù attraverso i Vangeli, aggiunge “sei coppie di verbi che corrispondono ad azioni molto concrete, legate tra loro in una relazione di causa – effetto”.

Conoscere per comprendere

Quando si parla di migranti e di sfollati, ricorda Francesco, troppo spesso “ci si ferma ai numeri”. “Ma non si tratta di numeri, si tratta di persone! Se le incontriamo arriveremo a conoscerle. E conoscendo le loro storie riusciremo a comprendere. Potremo comprendere, per esempio, che quella precarietà che abbiamo sperimentato con sofferenza a causa della pandemia è un elemento costante della vita degli sfollati”. Bisogna quindi “conoscere per comprendere”. “La conoscenza – scrive il Papa – è un passo necessario verso la comprensione dell’altro”. Lo insegna Gesù stesso nell’episodio dei discepoli di Emmaus: “Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo”.

Farsi prossimi per servire

Un passo “necessario” per servire è quello di farsi prossimi. “Sembra scontato” ma spesso “le paure e i pregiudizi – tanti pregiudizi – ci fanno mantenere le distanze dagli altri”. Paure e pregiudizi spesso – spiega il Papa – ci impediscono di “farci prossimi” a loro e di servirli con amore”. “Avvicinarsi al prossimo spesso significa essere disposti a correre dei rischi, come ci hanno insegnato tanti dottori e infermieri negli ultimi mesi”. “Questo stare vicini per servire va oltre il puro senso del dovere; l’esempio più grande ce lo ha lasciato Gesù quando ha lavato i piedi dei suoi discepoli”.

Per riconciliarsi bisogna ascoltare

Nel messaggio, il Santo Padre sottolinea che “l’amore, quello che riconcilia e salva, incomincia con l’ascoltare”. Nel mondo di oggi “si moltiplicano i messaggi, però si sta perdendo l’attitudine ad ascoltare.” “Ma è solo attraverso un ascolto umile e attento che possiamo arrivare a riconciliarci davvero”. Durante il 2020, ricorda il Papa, “per settimane il silenzio ha regnato nelle nostre strade”. “Un silenzio drammatico e inquietante, che però ci ha offerto l’occasione di ascoltare il grido di chi è più vulnerabile, degli sfollati e del nostro pianeta gravemente malato”. “Ascoltando, abbiamo l’opportunità di riconciliarci con il prossimo, con tanti scartati, con noi stessi e con Dio, che mai si stanca di offrirci la sua misericordia”. “Per riconciliarsi – si legge dunque nel messaggio – bisogna ascoltare”. “Ce lo insegna Dio stesso, che, inviando il suo Figlio nel mondo, ha voluto ascoltare il gemito dell’umanità”.

Per crescere è necessario condividere

“Dio – scrive Francesco – non ha voluto che le risorse del nostro pianeta fossero a beneficio solo di alcuni”. “Dobbiamo imparare a condividere per crescere insieme, senza lasciare fuori nessuno. La pandemia ci ha ricordato come siamo tutti sulla stessa barca. Ritrovarci ad avere preoccupazioni e timori comuni ci ha dimostrato ancora una volta che nessuno si salva da solo. “Per crescere – sottolinea il Santo Padre – è necessario condividere”. “Per crescere davvero dobbiamo crescere insieme, condividendo quello che abbiamo, come quel ragazzo che offrì a Gesù cinque pani d’orzo e due pesci… E bastarono per cinquemila persone”.

Coinvolgere per promuovere

Un ulteriore, fondamentale passo da compiere lega altri due verbi: coinvolgere e promuovere. “Se vogliamo davvero promuovere le persone alle quali offriamo assistenza – osserva il Santo Padre – dobbiamo coinvolgerle e renderle protagoniste del proprio riscatto”. “La pandemia ci ha ricordato quanto sia essenziale la corresponsabilità e che solo con il contributo di tutti – anche di categorie spesso sottovalutate – è possibile affrontare la crisi”. Nel messaggio vengono riprese anche parole pronunciate dal Papa lo scorso 27 marzo in occasione del momento straordinario di preghiera in tempo di pandemia: si deve “trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità, e di solidarietà”. Bisogna dunque coinvolgere per promuovere. Così infatti ha fatto Gesù con la donna samaritana (cfr Gv 4,1-30). Il Signore si avvicina, la ascolta, parla al suo cuore, per poi guidarla alla verità e trasformarla”.

Collaborare per costruire

La sesta e ultima coppia di verbi indicata dal Papa è formata da due azioni decisive: collaborare e costruire. “Costruire il Regno di Dio – scrive Francesco – è un impegno comune a tutti i cristiani e per questo è necessario che impariamo a collaborare, senza lasciarci tentare da gelosie, discordie e divisioni”. “Per preservare la casa comune e farla somigliare sempre più al progetto originale di Dio, dobbiamo impegnarci a garantire la cooperazione internazionale, la solidarietà globale e l’impegno locale, senza lasciare fuori nessuno”. “È dunque necessario collaborare per costruire. “Questo è quanto l’Apostolo Paolo raccomanda alla comunità di Corinto: “Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, a essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e di sentire”.

Preghiera

Il messaggio per la Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato si conclude con una preghiera suggerita dall’esempio di San Giuseppe, “in particolare a quando fu costretto a fuggire in Egitto per salvare il Bambino”.

Padre, Tu hai affidato a San Giuseppe ciò che avevi di più prezioso: il Bambino Gesù e sua madre, per proteggerli dai pericoli e dalle minacce dei malvagi. Concedi anche a noi di sperimentare la sua protezione e il suo aiuto. Lui, che ha provato la sofferenza di chi fugge a causa dell’odio dei potenti, fa’ che possa confortare e proteggere tutti quei fratelli e quelle sorelle che, spinti dalle guerre, dalla povertà e dalle necessità, lasciano la loro casa e la loro terra per mettersi in cammino come profughi verso luoghi più sicuri…

Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2020

La Chiesa celebra la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato dal 1914. È sempre stata un’occasione per dimostrare la preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento, per pregare per loro mentre affrontano molte sfide, e per aumentare la consapevolezza sulle opportunità offerte dalla migrazione. Quest’anno sarà celebrata il prossimo 27 settembre.

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