Economia, conferenza dei ministri delle Finanze del G7

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

La crisi economica mondiale, il declassamento del rating degli Stati Uniti e gli affanni delle Borse in Europa sono al centro, oggi, di una riunione telefonica tra i ministri delle Finanze del G7. Si teme, in particolare, che il taglio del rating degli Usa possa far scattare di nuovo l’allarme per una pesante ricaduta nelle Borse. Sulle ripercussioni di questa crisi, Amedeo Lomonaco ha intervistato Sergio Marelli, segretario generale della Federazione di Organismi di Volontariato Internazionale di ispirazione cristiana (Focsiv):

R. – Sicuramente siamo di fronte ad una crisi che, a tratti è inedita. Questa crisi che tocca anche la roccaforte della finanza internazionale – come gli Stati Uniti – presenta un’altra situazione: quella cioè, probabilmente, della fine dell’egemonia finanziaria degli Stati Uniti sui mercati globali. Sicuramente le economie emergenti, già nei mesi scorsi, hanno dimostrato i loro muscoli, affermando anche che il dollaro non dovrebbe essere più la moneta di riferimento degli scambi internazionali. Quest’ultimo colpo alla finanzia e alle Borse degli Stati Uniti, probabilmente, conclude questo ciclo che vede nuove economiche affacciarsi sullo scenario internazionale. Economie che scalzano quella degli Stati Uniti.

Ruolo dei Paesi emergenti

D. – Quale ruolo possono avere i Paesi emergenti in questo nuovo modello di economia mondiale?

R. – Penso che ci sia bisogno di trovare nuove regole, nuovi assetti, nuovi equilibri dentro i quali è evidente che economie come quelle della Cina, dell’India e del Brasile, non possono più essere alla finestra: vogliono – e penso anche abbiamo il diritto – dire la loro dentro la definizione del nuovo ordine finanziario internazionale.

Paesi poveri ed economia mondiale

D. – I Paesi poveri sono destinati a rimanere ai margini dell’economia mondiale?

R. – Questi declassamenti, queste crisi, queste difficoltà che ci sono nelle economie e nella finanza internazionale comportano anche delle ripercussioni sugli scambi con questi Paesi, così come delle ripercussioni anche nelle risorse destinate agli aiuti veri e propri all’aiuto pubblico allo sviluppo. Ripercussione che, per esempio fa sì che il nostro Paese – l’Italia – dentro questa crisi abbia praticamente azzerato i fondi destinati alla cooperazione internazionale e quindi agli aiuti ai Paesi poveri. Quindi, sicuramente, c’è una ripercussione negativa e penso, quindi, che si potrà trovare un nuovo equilibrio e un nuovo assetto solamente tenendo conto anche di queste situazioni: non considerando più i Paesi poveri solamente come un mercato da conquistare, ma anche dei Paesi e delle popolazioni dentro la definizione di nuove regole, che dovranno essere delle regole fissate dalla politica e non in balia – come in queste settimane e in questi ultimi anni – della finanzia e degli speculatori internazionali.

Rinnovamento del Fmi

D. – A proposito di regole, un rinnovamento del Fondo monetario internazionale e la creazione di agenzie di rating pubbliche possono essere una prima risposta a questa crisi…

R. – Il Fondo monetario deve intervenire, ma deve tornare a questa sua missione iniziale, tenendo conto del fatto che nella definizione delle regole e delle prassi su come il fondo deve intervenire non possano essere esclusi i Paesi poveri. Oggi il “bord”, il posto cioè dove si prendono le decisioni del Fondo monetario, vede praticamente la totale esclusione di questi Paesi dal processo decisionale. Sono delle regole ingiuste, che devono essere riviste. A queste condizioni, delle agenzie di rating pubbliche potrebbero sicuramente intervenire per calmierare, o comunque per mitigare, gli effetti di queste crisi.

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