Crisi economica: Borse europee in debole ripresa

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Dall’Europa arrivano segnali incoraggianti sul versante economico. Dopo un avvio incerto seguito al tonfo di ieri, le borse europee sono in ripresa. L’inversione di rotta è dovuta, soprattutto, alla decisione della Banca centrale svizzera di fissare un valore minimo per il cambio euro/franco a 1,20. Dopo i timori della crisi del debito europeo, l’oro ha fatto registrare, intanto, un nuovo record storico di 1920 dollari l’oncia. L’Europa, pur essendo fortemente colpita dalla crisi, sembra comunque disporre di risorse adeguate per intraprendere la strada della ripresa. E’ quanto sostiene, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’economista Alberto Quadrio Curzio:

R. – L’Unione economica monetaria europea potrebbe benissimo invertire la propria situazione attraverso l’emissione degli eurobond, ma non basando questi titoli di Stato europei su delle garanzie da parte dei Paesi partecipanti all’euro, ma sulla base di grandezze reali. Oltre 355 milioni di riserve auree ufficiali delle Banche centrali europee, assolutamente inutilizzati, dovrebbero essere messi a garanzia di un’emissione obbligazionaria per fare investimenti nelle infrastrutture europee e per facilitare crescita ed occupazione e, dall’altra, per alleggerire i debiti pubblici nazionali. Se l’Europa trovasse la forza politica per fare questi investimenti, riuscirebbe a crescere e a far crescere l’occupazione. Ciò che manca prevalentemente all’Unione economica monetaria è una capacità di governo politico rapido ed efficace.

Italia, Paese pieno di contraddizioni

D. – Anche perché l’Europa ha già dovuto affrontare le crisi di Grecia e Portogallo. L’Italia, da un punto di vista meramente economico, è adesso l’ultimo bastione della “fortezza Europa”?

R. – L’Italia è un Paese pieno di contraddizioni, perché da un lato è un’economia con un forte apparato industriale, una ricchezza privata e soprattutto un risparmio degli italiani significativo. Dall’altro lato, ha però un debito pubblico sul reddito nazionale alto. Tuttavia, è un debito pubblico che è sempre stato gestito – attraverso i titoli di Stato – molto bene nel passato. Ma in questo momento vi è il crollo verticale della fiducia nei confronti dell’Italia a causa delle continue oscillazioni del governo sulla manovra e a causa di un ceto politico, in senso lato, che dimostra l’insufficienza rispetto alle esigenze del Paese. Tutto questo finisce per offuscare, se non addirittura cancellare, i punti di forza dell’Italia.

Costi del post 11 settembre

D. – Spostiamoci in un altro Paese: il Premio Nobel per l’economica, Joseph Stiglitz, ha affermato che deficit e disoccupazione, le due maggiori piaghe degli Stati Uniti, sono il prezzo delle guerre in Afghanistan e in Iraq. I costi del post 11 settembre sono realmente le voci più sostanziose del salato conto di questa crisi mondiale?

R. – Certamente, sono una componente significativa, ma non l’unica. Perché gli Stati Uniti sono un Paese abituato da decenni a non risparmiare più, convinto che si possa benissimo indebitarsi. Il risparmio dei cittadini americani è pressoché vicino allo zero e i debiti delle famiglie americane sono molto alti. Tutto questo, in un Paese dove non esiste neanche un sistema d protezione sociale adeguato, crea una situazione davvero molto seria.

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