Ciclone Nargis in Myanmar, intervista con p. Manenti

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Con il passare dei giorni, diventa sempre più drammatica la situazione in Myanmar dove le vittime del sarebbero oltre 100 mila. L’ONU ha deciso di sospendere l’invio di altri aiuti denunciando che i soccorsi finora arrivati sono stati “confiscati” dal regime: la giunta infatti accetta gli aiuti materiali ma non permette l’ingresso nel Paese ai soccorritori internazionali. La capitale Yangon non è stata gravemente danneggiata dal ciclone come altre aree del Paese, anche grazie alla migliore solidità delle costruzioni. E’ quanto conferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il missionario del PIME, padre Raffaele Manenti, arrivato nella città birmana il giorno dopo l’arrivo del ciclone e raggiunto telefonicamente a Bangkok:
R. – Sono riuscito a partire lunedì mattina: dall’alto, in aereo, si vedevano le campagne allagate con case semi-sommerse alla periferia nordest di Rangoon. E’ stata la prima impressione: sembrava un grande bosco caduto.
Senza luce e acqua
D. – Cosa le hanno detto i suoi confratelli?
R. – Quando li ho incontrati, i miei confratelli erano piuttosto spaventati perché la notte era stata segnata dal passaggio del ciclone: mancava l’energia elettrica che era stata interrotta dappertutto, come pure le comunicazioni. E l’acqua non arrivava…
Situazione nella capitale
D. – In città che situazione ha trovato?
R. – Andando in giro si vedeva già molta gente: erano in molti ad impegnarsi a Yangon. C’erano tanti militari in giro che avevano mezzi ancora rudimentali, di base. Ma era una distruzione più delle cose. In città sembra che siano morte forse una cinquantina di persone. Se si calcola che in città vivono oltre 6 milioni di persone, il dramma nella capitale è stato contenuto. Questo perchè gli edifici della città sono costruiti in maniera tale da non soccombere neanche a ciclone come Nargis.
Dalla periferia tragiche notizie
D. – Avevate notizie sulle drammatiche conseguenze del passaggio del ciclone anche al di fuori di Rangoon?
R. – Fuori dalla città, nell’immediata periferia, arrivavano già tragiche notizie: le case erano state tutte scoperchiate, alcune distrutte. In alcune zone c’era ancora acqua alta, c’era gente che non poteva accedere a scorte di cibo e quindi già incominciava ad avere problemi di fame.
Foto:
Neryl Lewis, RRT [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons