© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Almeno 12 persone sono morte nel Kashmir indiano per un attentato perpetrato nella città di Pulwama. L’esplosione, provocata da un ordigno nascosto in un carro, è avvenuta in una zona commerciale vicino ad una scuola e ad un ufficio postale. Molte delle vittime sono studenti. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

L’attentato non è stato rivendicato ma gli inquirenti ritengono che l’azione sia stata programmata da gruppi estremisti islamici che si oppongono al dialogo tra India e Pakistan. Poco prima della strage, il presidente pakistano Musharraf, in missione in Malaysia, aveva confermato la sua volontà a trovare una soluzione pacifica alla questione del Kashmir, regione al centro di un’annosa contesa tra New Delhi e Islamabad. Da circa 15 anni, il Kashmir è teatro di continui scontri tra gruppi integralisti, che sono appoggiati secondo l’India dal governo di Islamabad, e le truppe indiane.

Timori della comunità internazionale

La comunità internazionale non nasconde i propri timori: la rivolta del Kashmir, scoppiata nel 1989 e ancora in atto nonostante recenti e incoraggianti iniziative di pace, coinvolge infatti due Paesi, India e Pakistan, che dispongono anche di testate atomiche. In Kashmir le forze di Nuova Delhi mantengono il controllo di due terzi della regione e la guerriglia anti indiana si divide in due filoni: uno nazionalista, che aspira ad uno Stato indipendente ed un altro islamico fondamentalista che vuole invece unirsi al Pakistan. Per cercare di porre fine alle violenze fazioni moderate hanno intavolato, a partire dal 1992, trattative con l’India. Gli scontri in Kashmir hanno provocato la morte, dal 1989, di almeno 30 mila persone. Secondo i gruppi secessionisti le vittime sono, invece, più di ottantamila.

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