Attentati in Indonesia: almeno 25 morti

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Indonesia almeno 25 persone, tra le quali molti stranieri, sono morte ieri per una serie di attentati dinamitardi nell’isola di Bali. Tre bombe sono esplose in rapida successione nell’area turistica di Kuta, la stessa zona dove un attentato condotto dagli integralisti nel 2002 provocò più di 200 morti. Nel 2003, l’Indonesia era stata teatro di un altro sanguinoso attacco compiuto da fondamentalisti a Giakarta nei pressi dell’ambasciata australiana, costato la vita a 12 persone. Il presidente indonesiano Yudhoyono, che ha definito gli attentati di ieri a Bali “atti terroristici”, aveva detto di temere un imminente attacco di matrice islamica. Ma quale significato assumono questi attacchi considerando l’attuale fase politica indonesiana? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto ad Emanuele Giordana, giornalista dell’Agenzia “Lettera 22”:

 

R. – E’ un contesto difficile e – vorrei dire – forse il più difficile da quando è caduta la dittatura nel 1998. In questi giorni, il governo ha deciso il rialzo dei prezzi della benzina innescando una manovra più impopolare di quanto il presidente non volesse fare. Questo è il quadro in cui arrivano le bombe. Non sappiamo ancora quali attori possano fare in modo che il Paese precipiti nuovamente nel caos.

Gruppi terroristici indonesiani e scenario internazionale

D. – Quale posto occupano i gruppi terroristici indonesiani sullo scacchiere della rete internazionale del terrorismo islamico?

R. – L’Indonesia non è il punto più caldo. Il terrorismo ha colpito con le bombe nel 2002 a Bali e ha colpito di nuovo ieri quest’isola. Il terrorismo di matrice islamica è un fenomeno, per quel che riguarda la percezione della gente, estremamente marginale. C’è stato nei giorni scorsi un incontro all’Università urbaniana a Roma. In questa occasione, molti sacerdoti che provenivano dall’Indonesia spiegavano proprio come in Indonesia l’islam sia il più moderato e come il dibattito su questo tema sia molto forte.

Jemaah Islamiyah

D. Gli attentati di ieri e quelli del 2002 a Bali e del 2003 a Giakarta, sembrano avere un comune denominatore: la Jemaah Islamiyah. Cosa si può dire di questo gruppo?

R. – La Jemaah Islamiyahè in realtà ancora un grossa nebulosa. E’ sicuramente una rete. Chi però agisca dietro questa sigla, che poi si presta ad ogni interpretazione, ancora non è molto chiaro. Non è provato, inoltre, il legame di questo gruppo con Al Qaeda. Se ci fossero le prove di questo legame saremmo davanti ad un fenomeno gravissimo, cioè la capacità di una cupola di cui non si capisce bene dove sia il centro, in grado di decidere con un tempismo perfetto come entrare all’interno della politica di un Paese e creare il caos.

Islam e fondamentalismo

D. – Come dividere nei gruppi terroristi di matrice islamica il fondamentalismo dall’islam?

R. – Va rafforzato il movimento moderato che rappresenta la stragrande maggioranza degli indonesiani. La lettura dell’islam per gran parte degli indonesiani è una lettura in movimento, non univoca, anche per evitare che l’islamismo radicale faccia presa sulle differenze etniche o religiose.

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