© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Ricordare le decine di migliaia di persone vittime di sparizioni forzate, fare pressione sui governi affinché non abbandonino le indagini. E’ questo il senso dell’odiernaGiornata internazionale degli scomparsi, istituita dalle Nazioni Unite nel 2010. Soltanto nei Paesi della ex Jugoslavia – denuncia Amnesty International in un Rapporto – mancano all’appello oltre 14 mila persone, quasi la metà del totale degli scomparsi nel decennio di conflitti iniziato nel 1991.

Intervista con il cardinale Puljic

“Le vittime delle sparizioni forzate nei Paesi della ex Jugoslavia – si legge nel Rapporto – appartengono a tutti i gruppi etnici. Sono civili e soldati, donne e uomini, bambine e bambini.” E i loro familiari sono ancora in attesa di verità e giustizia. L’iter dei processi si scontra con una serie di ostacoli e difficoltà, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco l’arcivescovo di Sarayevo, cardinale Vinko Puljic:

 

R. – Non è facile fare un processo. Qualche volta, la politica fa più della legge. E’ molto importante che ci sia una situazione stabile, dove si viva insieme con la stessa legge, che custodisca il popolo nei suoi diritti umani e nella sua dignità.

Lentezza dei Tribunali

D. – Amnesty International denuncia che i governi di Croazia, Bosnia Erzegovina, ex Repubblica di Macedonia, Montenegro, Serbia, Kosovo sono venuti meno all’obbligo legale internazionale di indagare sui casi di sparizioni forzate. E i Tribunali agiscono con lentezza. Come far emergere quelle verità?

R. – Posso riferirmi solo alla Bosnia Erzegovina, dove il Tribunale lavora e dove ci sono tanti processi. Bisogna trovare il luogo in cui sono sepolti i morti e individuare i responsabili di questi crimini.

Segni di speranza

D. – Come sta cambiando, se sta cambiando, quell’odio profondo che purtroppo ha portato alla guerra? Ci sono dei segni di speranza, dalle sofferenze si arriva a qualcosa – speriamo – di positivo?

R. – Questo è obbligatorio per tutti. Io guardo al mio Paese, la Bosnia Erzegovina, dove è necessario, come prima cosa, costruire uno Stato in cui tutti siano uguali. Poi, dare una prospettiva, avere fiducia l’uno nell’altro, perché oggi c’è ancora un clima negativo. Siamo diversi, ma non nel peccato.

La Chiesa e i casi di sparizione forzata

D. – Guardando in particolare alla Bosnia Erzegovina, come può contribuire la Chiesa per far luce su questi casi di sparizione forzata?

R. – La Chiesa crea un clima per la riconciliazione, per il perdono e la fiducia. Ma per quanto riguarda la giustizia, è lo Stato che deve lavorare.

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