Storico voto in Iraq nel post Saddam

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Urne aperte in Iraq per oltre 14 milioni di persone chiamate ad eleggere 275 rappresentanti del Parlamento che dovrà redigere la Costituzione. Si vota anche per scegliere i membri di 18 Consigli provinciali. I curdi useranno, inoltre, una scheda per eleggere 111 deputati del loro Parlamento autonomo. Ma lo storico appuntamento elettorale è stato purtroppo devastato, come previsto, dalla follia omicida di kamikaze, che si sono fatti esplodere tra gli elettori in fila ai seggi. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
**********
Gli attentati compiuti in Iraq, dall’apertura delle urne, hanno provocato finora almeno 30 morti. L’attacco più sanguinoso è avvenuto nei pressi di un seggio elettorale di Baghdad, dove un attentatore suicida si è fatto saltare in aria uccidendo 6 persone. Sempre a Baghdad, una bomba è esplosa davanti all’abitazione del ministro della Giustizia irachena, Malik al-Hassan, che non si trovava in casa al momento della deflagrazione; una guardia è rimasta uccisa. Il gruppo dell’estremista islamico Al Zarqawi ha rivendicato diversi attacchi compiuti questa mattina. A Samara, sono stati rapiti 30 funzionari elettorali e per motivi di sicurezza, sono ancora chiusi i seggi nella zona sunnita a sud di Baghdad, il cosiddetto “triangolo della morte”.
Momento storico
Uno dei primi a votare è stato il presidente iracheno, Al Yawar: “Queste elezioni – ha detto – sono il primo passo per riunirsi al mondo libero”. Poco dopo, si è recato alle urne anche il premier Allawi: “Il momento è storico”, ha dichiarato, aggiungendo che “gli iracheni possono cominciare a scrivere il futuro con le loro mani”. Sull’affluenza alle urne, un funzionario della commissione elettorale nazionale ha dichiarato poco fa che la partecipazione è del 72 per cento. Il dato è stato rilevato a due ore dalla chiusura dei seggi. Particolarmente alta, in particolare, l’affluenza a Bassora, dove davanti ai seggi si sono formate lunghe file. Il vescovo caldeo della città, mons. Djibrail Kassab, ha testimoniato la sua emozione all’agenzia Asia News: “Moltissime persone stanno andando a votare”, ha detto il presule, aggiungendo che “cristiani e musulmani tornano dal voto felici e ottimisti”.
La consultazione costituisce, dunque, un momento storico per gli iracheni. Su questo appuntamento elettorale, ascoltiamo la giornalista Barbara Schiavulli, raggiunta telefonicamente questa mattina, a Baghdad, da Amedeo Lomonaco:
R. – La gente è andata a votare, soprattutto nei quartieri sciiti. Sono stata in un seggio nel centro dove vivono anche molti cristiani. La sicurezza è ai massimi livelli e quindi si cerca di vincere la paura e di andare a votare. E questo per gli iracheni è un momento molto importante.
Situazione ancora precaria
D. – Quello di oggi è un voto prematuro oppure indispensabile per assicurare stabilità al futuro del Paese?
R. – La situazione è ancora troppo precaria perché la gente possa andare liberamente a votare e quindi ad esprimere le proprie scelte. Non c’è nessun tipo di controllo sulle votazioni, mancano gli osservatori internazionali. Non c’è nessuno che garantisca che le persone elette saranno veramente quelle che andranno al governo.
Al voto molte donne
D. – A proposito di questa consultazione, c’è qualche scena che ti ha colpito? Qui, purtroppo, arrivano notizie di kamikaze in fila, insieme ai votanti…
R. – Le persone che vanno a votare sono soprattutto donne. Ci sono poi anche molti e molti anziani che vengono aiutati…Ho visto poliziotti abbassare il fucile e cercare di aiutare il vecchietto che arrivava. Chi va a votare, lo fa veramente convinto e in tutti i modi.
Paese lacerato da attentati
D. – Gli attentati e le operazioni di voto sono diventati un binomio purtroppo indissolubile. Come si sarebbe potuto evitare questo drammatico intreccio?
R. – Sono stati dispiegati 300 mila militari, tra forze irachene ed americane. Quindi, più di questo non credo si sarebbe potuto fare. I kamikaze si avvicinano a queste forme che si formano code proprio perché controllano tutti e quindi quelli che muoiono sono gente in fila e poliziotti. Chiunque è alla mercé della violenza che c’è in Iraq e non c’è modo di fermarla. Ci sono 111 partiti in lista, ma già i giornali iracheni dicono che molti di questi si sono ritirati. Si parla addirittura di 53 partiti. Quindi molti potrebbero votare per partiti che invece non esistono neanche più. Ci sono 7.700 candidati i cui nomi si sono conosciuti tre giorni fa. La gente, quindi, non sa neanche bene per chi vota.
Irachenizzazione del conflitto
D. – Dopo il ritiro dall’Iraq degli Stati Uniti, si può prefigurare nel Paese arabo – come nel caso del Vietnam – l’acuirsi di tensioni interne ovvero una “irachenizzazione” del conflitto?
R. – Quando si parla con i leader iracheni, sostengono che non ci sarà lotta tra sunniti, sciiti e curdi. Il problema però esiste: all’improvviso i sunniti, che sono il 20 per cento della popolazione e sono stati al potere per 30 anni, si ritrovano ad essere una minoranza. Tutti credono che un Iraq stabile possa essere più pericoloso per chi sta all’esterno. Si vedrà cosa accadrà, ma di sicuro non sarà una transizione facile.
Il futuro dell’Iraq
D. – Quale Iraq uscirà dalle urne?
R. – L’Iraq che uscirà dalle urne sarà un Iraq come quello di ieri. E questo finché ci sarà violenza, finché la gente avrà paura, finché non ci sarà elettricità od acqua. Ci sono dei problemi che non sono stati comunque risolti da questo governo. L’Iraq dell’immediato dopo-voto non sarà diverso da quello di ieri. E’ uno Stato occupato e nel caos.
E tra coloro che sono andati a votare, c’è anche il vescovo ausiliario caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni. Ascoltiamo la sua testimonianza raccolta da Amedeo Lomonaco:
R. – Due ore fa sono andato a votare: la situazione era molto tranquilla. C’era tanta gente che votava e questo è un fatto veramente positivo che mostra il progresso della nazione e, speriamo, la buona riuscita di queste elezioni. L’augurio è rivolto specialmente al futuro, perché tutti quanti aspettiamo la pace e la sicurezza.
Un voto contro il terrorismo
D. – Quindi un voto contro il terrorismo ed un voto per cui, comunque, i cristiani iracheni pregano affinché sia promossa e favorita la pace …
R. – Certamente è un voto contro il terrorismo e contro le divisioni della nazione. Un voto non soltanto per i cristiani, ma per tutta la popolazione irachena. Abbiamo la speranza che questo voto sarà fondamentale per la nostra nazione. Auspichiamo di poter vivere in pace e un futuro migliore per i giovani ed i bambini.
**********