Usa pronti a colpire jihadisti anche in Siria
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Nuovi possibili scenari in Iraq e in Siria. Il capo di Stato maggiore americano, il generale Martin Dempsey non esclude un possibile intervento delle truppe di terra in Iraq. Il capo del Pentagono, Chuck Hagel, annuncia operazioni militari anche in Siria. In questo Paese intanto, il vescovo di Aleppo, mons. Antoine Audo, lancia l’allarme per i cristiani siriani: “Viviamo – sottolinea il presule – nell’insicurezza totale”. Intanto, sembra delinearsi un nuovo asse tra Al Qaeda e jihadisti dell’Is. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Gli Stati Uniti, dopo aver condotto raid aerei nei pressi di Baghdad per sostenere le forze irachene, sono pronti a compiere operazioni militari anche in Siria. Gli obiettivi, indicati dal capo del Pentagono, sono centri di comando e infrastrutture del cosiddetto Stato islamico. Anche le Nazioni Unite non escludono la via dell’intervento militare. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, si è dichiarato a favore di operazioni decisive contro il terrorismo. “Ma è prematuro – ha aggiunto – parlare di ciò che non è ancora successo”.
Nuove alleanze con Stato islamico
Ban Ki-moon ha anche elogiato il presidente americano, Barack Obama, per aver costruito una coalizione contro i miliziani islamici. Ma in questo complesso scenario si delinea una nuova alleanza: due gruppi di al Qaeda hanno lanciato un appello ai combattenti jihadisti dell’Is ad unire le forze per combattere contro la coalizione internazionale. Fino ad oggi i rapporti tra Al Qaeda e Stato islamico sono stati conflittuali. Ma il gruppo maghrebino e quello yemenita di Al Qaeda puntano ora alla creazione, in Iraq e in Siria, di un asse contro la coalizione composta dagli Stati Uniti e dai loro alleati.
Due gruppi di Al Qaeda hanno dunque chiesto ai combattenti dell’Is di combattere insieme contro la coalizione internazionale. Amedeo Lomonaco ne ha parlato con Camile Eid, giornalista e scrittore, esperto del mondo arabo:
R. – Quest’appello è stato sottoscritto da due filiali di al Qaeda, quella del Maghreb islamico e quella della penisola arabica, con base nello Yemen. L’appello non è stato rivolto da Al Zawahiri, che è il capo supremo, riconosciuto da tutte queste filiali. Però rimane significativo un appello di questo tipo, da parte di due gruppi che comunque subiscono scissioni al loro interno; comandi interi che si staccano per raggiungere i ranghi dello Stato islamico, del Califfato.
Strategia dello Stato islamico
D. – Si può prevedere come sarà accolto quest’appello dal sedicente Stato islamico?
R. – Come sarà accolto è da vedere perché ultimamente lo Stato islamico e Al Qaeda si sono scambiati critiche, riguardo soprattutto la liberazione dei 45 caschi blu delle Fiji proprio in concomitanza con l’anniversario dell’11 settembre. Le critiche sono state anche severe perché lo Stato islamico contestava la liberazione senza ottenere nulla in cambio. Bisogna vedere se lo Stato islamico acconsente, in nome dell’unità terroristica o jihadista, a trattare alla pari i suoi simili, i suoi rivali o concorrenti.
Al Qaeda e Stato islamico
D. – Quest’appello da parte di due gruppi di Al Qaeda fa anche pensare però che Al Qaeda sia in una posizione di debolezza rispetto allo Stato islamico?
R. – Sì, io la vedo proprio così. In effetti molti gruppi che prima facevano capo ad Al Qaeda, si sono staccati. Una richiesta di questo tipo di aiuto, di un appello all’unità, quantomeno doveva provenire da chi si sente il primo bersaglio dell’offensiva imminente della coalizione internazionale. Quindi doveva provenire dallo Stato islamico, per fare fronte comune a un nemico dell’islam e dei musulmani in generale.
La mappa jihadista
D. – Come è cambiata la mappa jihadista con la nascita dell’autoproclamato Stato islamico?
R. – La nascita dello Stato Islamico, come un gruppo indipendente autonomo mette anche in discussione le leadership di Al Qaeda. E la proclamazione addirittura, da parte dello Stato islamico, di un califfato islamico ha scombussolato completamente il panorama delllo jihadismo internazionale. Quindi abbiamo due poli contrapposti l’uno all’altro, dove chiaramente la posizione di preminenza spetta proprio allo Stato islamico e non più ad Al Qaeda. E questo è dovuto a un fattore molto importante, che è quello della presenza per lo Stato islamico di un territorio geografico sotto il loro controllo, abbastanza vasto, con risorse naturali, gas, petrolio. Al Qaeda invece è un insieme di bande senza fissa dimora. Questi elementi rappresentano la forza dello Stato islamico. Li stanno proprio impiegando completamente.