Il Papa: non maschere e ipocrisia, ma un parlare “sì sì, no no”

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews All’udienza generale il Pontefice, soffermandosi come la scorsa settimana sulla Lettera ai Galati, incentra la propria catechesi sul “virus dell’ipocrisia” che porta a fingere piuttosto che ad “essere sé stessi”. “È particolarmente detestabile – sottolinea – l’ipocrisia nella Chiesa”. “Mette a repentaglio l’unità”.

Cos’è l’ipocrisia? Francesco fa risuonare questa domanda all’udienza generale nell’Aula Paolo VI dopo aver ricordato “un fatto piuttosto sorprendente” riportato nella Lettera ai Galati in cui “Paolo dice di avere rimproverato Cefa, cioè Pietro”, per “il suo comportamento nella partecipazione alla mensa”. “A un giudeo – ricorda Francesco – la Legge proibiva di prendere i pasti con i non ebrei”. Ad Antiochia “prima Pietro stava a mensa senza alcuna difficoltà con i cristiani venuti dal paganesimo; quando però giunsero in città alcuni cristiani circoncisi da Gerusalemme, allora non lo fece più, per non incorrere nelle loro critiche”. “Senza volerlo, Pietro, con quel modo di fare – spiega il Papa – creava di fatto un’ingiusta divisione nella comunità”.

Cosa è l’ipocrisia? Si può dire che è paura per la verità. L’ipocrita ha paura per la verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere sé stessi. È come truccarsi l’anima, come truccarsi negli atteggiamenti, come truccarsi nel modo di procedere: non è la verità.

Nella Bibbia, ricorda il Papa, si trovano “diversi esempi in cui si combatte l’ipocrisia”. Una bella testimonianza “è quella del vecchio Eleazaro, al quale veniva chiesto di fingere di mangiare la carne sacrificata alle divinità pagane pur di salvare la sua vita”. Ma quell’uomo timorato di Dio rispose: “Non è affatto degno della nostra età fingere”. I Vangeli riportano inoltre “diverse situazioni in cui Gesù rimprovera fortemente coloro che appaiono giusti all’esterno, ma dentro sono pieni di falsità e d’iniquità”.

““Sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal maligno”. (Dal Vangelo di Matteo)”

L’ipocrisia mette a repentaglio l’unità nella Chiesa

“L’ipocrita – afferma il Papa – è una persona che finge, lusinga e trae in inganno perché vive con una maschera sul volto, e non ha il coraggio di confrontarsi con la verità. Per questo, non è capace di amare veramente – un ipocrita non sa amare – si limita a vivere di egoismo e non ha la forza di mostrare con trasparenza il suo cuore. Ci sono molte situazioni, ricorda Francesco, in cui “si può verificare l’ipocrisia”.

Spesso si nasconde nel luogo di lavoro, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle. Nella politica non è inusuale trovare ipocriti che vivono uno sdoppiamento tra il pubblico e il privato. È particolarmente detestabile l’ipocrisia nella Chiesa, e purtroppo esiste l’ipocrisia nella Chiesa, e ci sono tanti cristiani e tanti ministri ipocriti. Non dovremmo mai dimenticare le parole del Signore: “Sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal maligno” (Mt 5,37). Fratelli e sorelle, pensiamo oggi a ciò che Paolo condanna e che Gesù condanna: l’ipocrisia. E non abbiamo paura di essere veritieri, di dire la verità, di sentire la verità, di conformarci alla verità. Così potremo amare. Un ipocrita non sa amare. Agire altrimenti dalla verità significa mettere a repentaglio l’unità nella Chiesa, quella per la quale il Signore stesso ha pregato.

Il saluto agli atleti delle Paralimpiadi

Dopo la catechesi, Francesco ricorda che ieri a Tokyo hanno preso il via le Paralimpiadi. “Invio il mio saluto agli atleti e li ringrazio, perché offrono a tutti una testimonianza di speranza e di coraggio. Essi, infatti, manifestano come l’impegno sportivo aiuti a superare difficoltà apparentemente insormontabili”. Salutando i pellegrini polacchi, il Papa ricorda inoltre che “domani in Polonia ricorre la solennità della Madre di Dio venerata nel santuario nazionale di Jasna Gora”. “Cinque anni fa, ho potuto sostare con i giovani davanti al suo volto nero e affidarle la Chiesa in Polonia e nel mondo”. Il pensiero del Pontefice è poi andato alle vittime e alle comunità dell’Italia centrale, tra cui Accumoli e Amatrice, che hanno subito le dure conseguenze del terremoto di cinque anni fa. “Con il concreto aiuto delle Istituzioni, è necessario dare prova di ‘rinascita’ senza lasciarsi abbattere dalla sfiducia. Esorto tutti ad andare avanti con speranza”.

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