Il Papa: la rivoluzione della tenerezza, modo inaspettato di fare giustizia
Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – All’udienza generale Papa Francesco prosegue le catechesi sulla figura di San Giuseppe e mette in risalto la vicinanza di Dio che ama sempre e “non si spaventa” per i peccati dell’uomo, come nella parabola del Padre misericordioso. Il pensiero alle persone in carcere: è giusto che chi ha sbagliato paghi per il proprio errore, ma è altrettanto giusto che chi ha sbagliato possa redimersi dal proprio errore.
Sperimentare la tenerezza significa “sentirsi amati e accolti proprio nella nostra povertà e nella nostra miseria”. Vuol dire “essere trasformati dall’amore di Dio”. È questo il fulcro della catechesi del Papa incentrata, come nell’udienza generale della scorsa settimana, sulla figura di San Giuseppe. Ricordando la lettera apostolica Patris corde, in occasione del 150.mo anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale, e la parabola del Padre misericordioso, raccontata dall’evangelista Luca, Francesco sottolinea che la tenerezza “non è prima di tutto una questione emotiva o sentimentale”.
“L’esperienza della tenerezza – afferma – consiste nel vedere la potenza di Dio passare proprio attraverso ciò che ci rende più fragili”. “Il Signore – spiega ancora parlando a braccio – non toglie tutte le debolezze, ma ci aiuta a camminare con le debolezze, prendendoci per mano”.
La tenerezza è qualcosa di più grande della logica del mondo. È un modo inaspettato di fare giustizia. Ecco perché non dobbiamo mai dimenticare che Dio non è spaventato dai nostri peccati: mettiamoci questo bene nella testa. Dio non si spaventa dei nostri peccati, è più grande dei nostri peccati: è padre, è amore, è tenero. Non è spaventato dai nostri peccati, dai nostri errori, dalle nostre cadute, ma è spaventato dalla chiusura del nostro cuore – questo sì, lo fa soffrire – è spaventato dalla nostra mancanza di fede nel suo amore. C’è una grande tenerezza nell’esperienza dell’amore di Dio. Ed è bello pensare che il primo a trasmettere a Gesù questa realtà sia stato proprio Giuseppe. Infatti le cose di Dio ci giungono sempre attraverso la mediazione di esperienze umane.
“Quando Israele era fanciullo, / io l’ho amato / e dall’Egitto ho chiamato mio figlio. /[…] A Efraim io insegnavo a camminare / tenendolo per mano, /[…]. Io li traevo con legami di bontà, / con vincoli d’amore, / ero per loro / come chi solleva un bimbo alla sua guancia, / mi chinavo su di lui / per dargli da mangiare. (Dal Libro del profeta Osea)”.
Tenerezza e Riconciliazione
“Possiamo domandarci – osserva il Papa – se noi stessi abbiamo fatto esperienza di questa tenerezza, e se a nostra volta ne siamo diventati testimoni”. Testimoni di questo amore, di questa misericordia. Come ricorda nella lettera apostolica Patris corde, la tenerezza è “la maniera migliore per toccare ciò che è fragile in noi”. “Guardate come le infermiere, gli infermieri toccano le ferite degli ammalati: con tenerezza, per non ferirli di più. E così – aggiunge Francesco – tocca il Signore le nostre ferite, con la stessa tenerezza”.
Per questo è importante incontrare la Misericordia di Dio, specie nel Sacramento della Riconciliazione, nella preghiera personale con Dio, facendo un’esperienza di verità e tenerezza. Paradossalmente anche il Maligno può dirci la verità: lui è bugiardo, ma si arrangia per dirci la verità per portarci alla bugia; ma, se lo fa, è per condannarci. Invece il Signore ci dice la verità e ci tende la mano per salvarci. Noi sappiamo però che la Verità che viene da Dio non ci condanna, ma ci accoglie, ci abbraccia, ci sostiene, ci perdona».
Fare i conti con Dio è una cosa bellissima
Parlando a braccio, il Papa ricorda un’opera teatrale realizzata da alcuni giovani e incentrata sulla parabola del padre misericordioso.
E l’hanno fatta bene. E tutto l’argomento è, alla fine, che un amico ascolta il figlio che si era allontanato dal padre, che voleva tornare a casa ma aveva paura che il papà lo cacciasse e lo punisse. E l’amico gli dice, in quell’opera pop: “Manda un messaggero e di’ che tu vuoi tornare a casa, e se il papà ti riceverà che metta un fazzoletto alla finestra, quella che tu vedrai appena prendi il cammino finale”. Così è stato fatto. E l’opera, con canti e balli, continua fino al momento che il figlio entra nella strada finale e si vede la casa. E quando alza gli occhi, vede la casa piena di fazzolettini bianchi: piena. Non uno, ma tre-quattro per ogni finestra. Così è la misericordia di Dio. Non si spaventa del nostro passato, delle nostre cose brutte: si spaventa soltanto della chiusura. Tutti noi abbiamo conti da risolvere; ma fare i conti con Dio è una cosa bellissima, perché noi incominciamo a parlare e Lui ci abbraccia.
Rivoluzione della tenerezza
Il Papa esorta a “specchiarci nella paternità di Giuseppe e domandarci se permettiamo al Signore di amarci con la sua tenerezza, trasformando ognuno di noi in uomini e donne capaci di amare così”.
Senza questa “rivoluzione della tenerezza” – ci vuole, una rivoluzione della tenerezza! – rischiamo di rimanere imprigionati in una giustizia che non permette di rialzarsi facilmente e che confonde la redenzione con la punizione. Per questo, oggi voglio ricordare in modo particolare i nostri fratelli e le nostre sorelle che sono in carcere. È giusto che chi ha sbagliato paghi per il proprio errore, ma è altrettanto giusto che chi ha sbagliato possa redimersi dal proprio errore.
“Non possono esserci condanne – conclude il Papa – senza finestre di speranza. Qualsiasi condanna ha sempre una finestra di speranza. Pensiamo ai nostri fratelli e alle nostre sorelle carcerati, e pensiamo alla tenerezza di Dio per loro e preghiamo per loro, perché trovino in quella finestra di speranza una via di uscita verso una vita migliore.
Preghiera a San Giuseppe
Prima di rivolgere i propri saluti ai pellegrini provenienti da vari Paesi del mondo, il Papa ha recitato questa preghiera.
San Giuseppe, padre nella tenerezza,
insegnaci ad accettare di essere amati proprio in ciò che in noi è più debole.
Fa’ che non mettiamo nessun impedimento
tra la nostra povertà e la grandezza dell’amore di Dio.
Suscita in noi il desiderio di accostarci al Sacramento della Riconciliazione,
per essere perdonati e anche resi capaci di amare con tenerezza
i nostri fratelli e le nostre sorelle nella loro povertà.
Sii vicino a coloro che hanno sbagliato e per questo ne pagano il prezzo;
aiutali a trovare, insieme alla giustizia, anche la tenerezza per poter ricominciare.
E insegna loro che il primo modo di ricominciare
è domandare sinceramente perdono, per sentire la carezza del Padre.
Dopo la catechesi, il pensiero del Papa è andato “alle popolazioni delle Isole di Tonga, colpite nei giorni scorsi dall’eruzione del vulcano sottomarino cha ha causato ingenti danni materiali”. “Sono spiritualmente vicino a tutte le persone provate, implorando da Dio sollievo per la loro sofferenza”.
Unità dei cristiani
Salutando i fedeli polacchi, il Papa ha ricordato che ieri è iniziata la Settimana di preghiera per l’Unità dei Cristiani. “È compito di ogni battezzato – ha detto Francesco – impegnarsi per ciò che Gesù desiderava: che tutti siano uno”. In questa Settimana, ha inoltre affermato il Pontefice rivolgendosi ai pellegrini di lingua inglese, “preghiamo perché tutti i discepoli di Cristo perseverino nel cammino dell’unità”. La Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, ha detto il Santo Padre ai pellegrini di lingua italiana, “ci invita a chiedere al Signore con insistenza il dono della piena comunione tra i credenti”.
Vicinanza ai lavoratori di AirItaly
Dopo la catechesi incentrata su San Giuseppe, patrono dei lavoratori, Papa Francesco ha salutato i dipendenti di “AirItaly”, auspicando che “la loro situazione lavorativa possa trovare una positiva soluzione, nel rispetto dei diritti di tutti, specialmente delle famiglie”. “È importante custodire i diritti di tutti”. Nei giorni scorsi, 1322 lavoratori di questa compagnia aera hanno ricevuto la lettera di licenziamento.