Pastorale degli anziani, Maria Voce: ciò che si ha nel cuore è più grande dei limiti dell’età
Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews. Congresso internazionale di pastorale degli anziani incentrato sul tema “La ricchezza degli anni”: interviste con Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, e Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio.
Il dialogo tra generazioni. È stato questo uno dei temi al centro, questa mattina, del Congresso internazionale di pastorale degli anziani. L’iniziativa, organizzata dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, intende riflettere su varie tematiche legate alla cosiddetta terza età. Durante il suo Pontificato, Papa Francesco ha più volte ricordato che gli anziani hanno un ruolo centrale nella trasmissione della fede, nel dialogo con i giovani e nel custodire le radici dei popoli. All’incontro, in programma fino a domani presso il Centro Congressi “Augustinianum” di Roma, partecipano circa 550 esperti ed operatori pastorali provenienti da 60 Paesi. Il momento culminate del Congresso sarà l’incontro, domani, con Papa Francesco.
Solidarietà intergenerazionale
Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, sottolinea che oggi si intravede una insospettata intesa tra giovani e anziani. Una comprensione autentica tra le generazioni, spiega al microfono di Antonella Palermo, significa accettare la diversità, accogliere il pensiero dell’altro fino in fondo, in modo che in questo incontro si possa scoprire la ricchezza di ciascuno. Ascolta l’intervista a Maria Voce:
R. – Vedo un’intesa tra giovani e anziani, intanto, nei fenomeni in cui si trovano a manifestare contro qualche cosa che non va bene, come ad esempio le divisioni, l’apartheid tra le classi sociali, tra le razze e tra le religioni. Questa è una cosa che i giovani rifiutano quasi istintivamente. Gli adulti hanno un po’ paura, però sono trascinati dai giovani in questo senso e scoprono la bellezza di questo superare i confini, le barriere. E questo, in fondo, è anche un segno di giovinezza che, quindi, li fa risentire vivi e attivi nella società.
Cosa genera una comprensione autentica tra le generazioni?
R. – Il capire la diversità, cioè accettare fino in fondo la diversità: non volere che l’altro pensi come noi, ma accettare il suo pensiero in modo che in questo incontro ci si comprenda e ci si scopra nella ricchezza rispettiva che ciascuno può donare.
La parola che lei ha messo al centro del suo intervento è stata “insieme”…
R. – È un insieme che riguarda le generazioni, ma può riguardare qualsiasi categoria di persone perché l’insieme indica proprio questa capacità di relazione che è la vita dell’umanità: è una relazione che nasce dall’amore reciproco e che, quindi, può portare avanti la vita perché l’amore genera.
Sono passati 100 anni dalla nascita di Chiara Lubich. Quale è stato il suo più importante insegnamento nel far dialogare le generazioni?
R. – Capire che l’altro, indipendentemente dall’età, è un figlio di Dio e, quindi, ha diritto al mio rispetto, al mio ascolto e ad essere riconosciuto nella sua dignità. Dignità che è esattamente uguale alla mia, anche se io ho 80 anni e lui ha quattro anni.
Quali sono stati i frutti più importanti del Sinodo per i giovani?
R. – Il primo frutto è questo: i giovani si sono scoperti protagonisti. Sono stati considerati tali e hanno saputo mostrare un protagonismo veramente eccezionale. E poi anche il frutto di rendersi conto che possono dare qualche cosa all’umanità, alla Chiesa, alla famiglia e in tutti i campi in cui operano.
Se dovesse pensare alla sua esperienza personale, come sente di vivere questa fase della sua vita?
R. – Io vivo l’attimo presente come lo vivevo quando avevo vent’anni, cioè vivo il mio rapporto con Dio, il mio rapporto con gli altri cercando di essere intensamente presente in quello che faccio pur con i limiti che, naturalmente, l’età comporta. Ma sono limiti che non mi condizionano più di tanto: sento che è più grande quello che ho dentro il cuore di quello che, magari, le mie braccia o i miei piedi riescono a fare.
Gli anziani non siano scartati
“La società ha bisogno della vecchiaia, se non vuole ridursi solo a essere una realtà economica o a un intreccio di rapporti guidati dalla funzionalità e dall’interesse”. Ne è convinto Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, intervenuto ieri al Congresso internazionale di pastorale degli anziani. “Oggi – ha spiegato – la società fa vivere più a lungo e poi abbandona l’anziano, lo sospinge in quelle istituzioni che lo allontanano dalla famiglia e dall’ambiente in cui è sempre vissuto”. Ascolta l’intervista a Marco Impagliazzo:
La questione relativa agli anziani è, insieme a quella migratoria, la grande questione del ventunesimo secolo: siamo di fronte ad una situazione inedita segnata dall’aumento del numero degli anziani e anche dalla maggiore aspettativa di vita in tutti i Continenti. Questo, naturalmente, pone delle sfide anche alla Chiesa che, come direbbe Papa Francesco, deve registrarsi su questo cambiamento d’epoca. C’è la questione di come utilizzare la forza degli anziani, la loro forza spirituale, la loro vita di preghiera e anche l’essere coloro che trasmettono la fede alle persone più giovani, soprattutto nella famiglia, nelle parrocchie e nelle comunità. Questo, soprattutto nel tempo in cui la famiglia è in crisi e gli adulti non trasmettono spesso più questa fede, è diventato un compito peculiare dei nonni. Ma quello che ci interessa dire è anche che gli anziani vanno curati, amati, riscoperti nella loro debolezza che, però, può diventare una forza nella Chiesa: io ritengo che la preghiera degli anziani sia veramente una forza che protegge la Chiesa, la sua opera e anche la pace nel mondo.
Siamo chiamati ad accogliere gli anziani e gli anziani, come ha detto anche Papa Francesco, sono “alberi che continuano a portare frutto”, non devono tirare i remi in barca…
Gli anziani, come tutti i cristiani, sono chiamati ad essere discepoli. Quindi, sono chiamati a mettersi sempre alla sequela di Gesù e della sua Parola. E questa è un’opera di rievangelizzazione degli anziani, che oggi la Chiesa riscopre e scopre con maggior forza grazie agli spunti che Papa Francesco ci sta dando. La società deve accorgersi degli anziani. Oggi, purtroppo, abbiamo in Occidente una cultura che è quella definita da Papa Francesco cultura dello scarto: abbiamo la presenza di moltissimi anziani che vivono a lungo, però purtroppo sono costretti a vivere negli istituti, negli ospizi, chiusi dentro delle istituzioni perché con la crisi della famiglia e delle reti della nostra società, gli anziani sono dei veri scartati. Allora il primo compito della società civile e dello Stato sono quelli di ricostituire queste reti, dare speranza agli anziani di vivere a casa loro. Si deve dare loro piena dignità creando forme di cohousing e tutto ciò che, soprattutto nei paesi del nord Europa, ci stanno insegnando. Può essere a vantaggio per tenere gli anziani presenti nella vita delle nostre società, non esclusi, scartati o confinati in istituzioni chiuse.
Si consideri l’anziano come un dono
Il Congresso internazionale di pastorale degli anziani è stato aperto, ieri pomeriggio, dal cardinale Kevin Joseph Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. “La crescente longevità della popolazione – ha detto il porporato – è un’autentica rivoluzione democratica che non possiamo più ignorare”. “Dobbiamo imparare a considerare l’anziano come un dono”. “Gli anziani devono vivere in famiglia”. “Bisogna chiedersi come la Chiesa – ha concluso il porporato – può aiutare la società a capire che la vita lunga è un dono prezioso”.