Brexit: tsunami finanziario non solo in Europa

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Terremoto sui mercati finanziari di tutto il mondo dopo l’esito del referendum nel Regno Unito che ha sancito la Brexit, il divorzio tra Londra e Bruxelles. Le Borse europee hanno chiuso in forte calo. Crollo anche della sterlina, che ieri ha toccato il livello più basso dal 1985. Oggi, intanto, si incontrano a Berlino i ministri degli Esteri dei sei Paesi fondatori dell’Unione Europea. Lunedì, sempre a Berlino, vertice italo-franco-tedesco. Amedeo Lomonaco:

 

Non si ripercuote solo nei mercati del Vecchio Continente lo shock dell’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea ma anche negli Stati Uniti e in Asia dove le borse hanno subito pesanti ribassi. Sul versante politico, il parlamento europeo chiede a Londra di formalizzare subito la sua decisione ma l’iter, per effetto anche delle dimissioni del premier Cameron, sarà lungo. Avanza inoltre il fronte antieuropeista, con i partiti di estrema destra di Francia e Olanda, in particolare, che chiedono il referendum anche nei loro Paesi. L’uscita de Regno Unito – ha detto comunque il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker – non è la fine dell’Unione Europea:

“Union of 27…
L’Unione europea dei 27 Stati membri continuerà. L’Unione è il quadro di riferimento del nostro futuro politico”.

Anche il premier italiano Matteo Renzi ha rinnovato, infine, la sua fiducia nel progetto europeo:

L’Europa è casa nostra. Lo diciamo oggi più che mai convinti, come siamo, che questa casa abbia bisogno di essere ristrutturata. Ma è la casa del nostro domani.

Sul voto nel Regno Unito si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, il presidente della Camera di Commercio italiana a Londra, Leonardo Simonelli:

 

R. – L’Inghilterra prima veniva considerata un Paese per definizione abbastanza stabile, unito, con valori comuni. Questa elezione ha dimostrato che questo fattore è molto cambiato. Secondo me, la cosa più grave è la perdita di fiducia nella leadership. Tutto l’establishment si è schierato per l’“in” ma non è bastato.

D. – A proposito di cambiamento, questo voto può rimettere in discussione l’indipendenza della Scozia, la riunificazione dell’Irlanda del Nord, territori dove in maggioranza si è votato in favore della permanenza nell’Unione Europea?

R. – La Scozia ha già detto che vuole rimanere in Europa e quindi ci sarà da negoziare qualcosa. L’Irlanda del Nord ha votato per rimanere e credo che si dovranno trovare dei Trattati particolari con la Repubblica irlandese.

D. – Le urne hanno anche sancito una frattura generazionale: il 75% degli under 24  ha votato per la permanenza, voto invece contrario per quanto riguarda i più anziani…

R. – Sono giovani che si sono creati questa formazione di mondo più ampio di valori e di solidarietà; invece, le vecchie generazioni sono più difficili ad accettare il cambiamento.

D. – Ora l’esito di questo voto quale processo innescherà nel breve e nel lungo periodo?

R. – Il referendum è consultivo, anche se naturalmente bisogna tener conto della volontà del popolo. Il Parlamento adesso dovrà riunirsi. Dopodiché verrà invocato l’articolo che prevede l’uscita dalla Comunità economica europea. Cominceranno le negoziazioni, che hanno un tempo di due anni. Poi ci saranno tempi successivi, se richiesto, per trovare nuovi equilibri.

D. – Parliamo di scenari futuri: cosa potrà cambiare per gli italiani nel Regno Unito, dal punto di vista di assistenza sanitaria, indennità di disoccupazione?

R. – A mio avviso ci sarà una negoziazione che prevede una riduzione dei benefici sociali per i non-inglesi, preservando – penso – quelli acquisiti da coloro che sono qui da molto tempo. Poi ci sono il problema delle residenze e la questione dei visti. Anche questi andranno affrontati.

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