Basta con la “guerra” di mafia a Crotone

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Agguati, omicidi, killer che sparano contro pregiudicati e innocenti. E’ il drammatico quadro della serie di agguati avvenuti in queste ultime settimane a Crotone, città calabrese scossa dalla ripresa di una guerra di mafia condotta dalle cosche locali per assicurarsi il controllo di attività edilizie, commerciali ed imprenditoriali. Contro l’asfissiante morsa della criminalità organizzata calabrese, si è levata nei giorni scorsi la voce della Chiesa. Al microfono di Amedeo Lomonaco, l’arcivescovo di Crotone-Santa Severina, mons. Domenico Graziani, torna a lanciare un nuovo appello:

 

R. – La nostra testimonianza e il nostro messaggio devono essere rigorosamente e fervidamente ancorati alla possibilità della salvezza per tutti. Abbiamo già lanciato questo appello a quelli che sono gli artefici di questa mattanza di questi giorni: abbiamo voluto dare voce alle popolazioni afflitte da questi mali. Si tratta di mali comunque sempre provenienti da minoranze. Vogliamo dire semplicemente che la gente non ne può più. E’ una forma di oppressione dalla quale occorre liberarsi.

Ricostruzione morale

D. – Come si possono affrancare i mafiosi da una vita basata su falsi valori e su inevitabili rovine?

R. – Il nostro discorso è focalizzato su questo tipo di interlocutore possibile, che poi non è difficile andare a riscontrare nei nostri territori così provati. E’ chiaramente un compito grandissimo che deve essere assolto anche da chi governa.

Convertire i cuori

D. – Lei, eccellenza, come pastore di Crotone ha avuto la possibilità di parlare con uomini della ’ndrangheta per convertire i loro cuori?

R. – Io fino ad oggi posso dire che ho avuto qualche fastidio un tantino più serio dai “colletti bianchi” asserviti ai poteri trasversali che, più che essere mafiosi, vivono di mafiosità concreta. Io mi ripropongo di poter parlare alle famiglie dei mafiosi: sono convinto che siano disponibili a certi discorsi. Naturalmente, bisogna predisporre il dialogo perché, allo stato attuale, le condizioni per dialogare sono molto limitate.

Il sogno della Calabria senza ‘ndrangheta

D. – Si può realmente sperare e credere, in un prossimo futuro, in una Calabria senza ‘ndrangheta?

R. – Siamo consapevoli che di qui possiamo andare verso il meglio o verso il peggio: non possiamo più vivere in questa condizione perché ne siamo stufi. Questo “bello” e questo “meglio” potranno venire se noi diventeremo responsabili e, soprattutto, se ci riapproprieremo della nostra identità, dei nostri strumenti, della nostra terra. Allo stato attuale, siamo consapevoli che concepire la questione meridionale in termini di Stato assistenzialista ha provocato nell’animo dei calabresi un danno antropologico con conseguenze gravissime, che adesso dobbiamo riparare.

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