Instabilità finanziaria e insicurezza economica

Con la cosiddetta globalizzazione economica il flusso delle ricchezze non è equamente distribuito sul globo. Nel corso degli anni ’90, il quinto degli individui nei Paesi a reddito più elevato ha raggiunto: 

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l’86% del Pil mondiale, il quinto più povero solo l’1,1%;

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l’82% dei mercati mondiali delle esportazioni, il quinto più povero solo l’1,1%;

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il 68% degli investimenti diretti esteri; il quinto più povero solo l’1%;

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il 74% delle linee telefoniche mondiali, il quinto più povero solo l’1%

 

Imposto il programma delle imprese

Le multinazionali sono costantemente alla ricerca di luoghi in cui i salari e i costi sociali e ambientali siano più convenienti, ponendo governi e popolazioni in competizione tra di loro, in modo da offrire salari e tasse da pagare inferiori e libertà di inquinare e di licenziare maggiori, in una disperata e preoccupante corsa verso il basso, nella quale le condizioni generali tendono a scendere in direzione dei più poveri e dei più disperati. Sotto la minaccia della concorrenza estera le retribuzioni, le tasse e le misure di tutela ambientale vengono tenute basse. Le imprese globali hanno imposto ai governi nazionali e alle istituzioni internazionali l’attuazione di un “Programma delle imprese”, che ridimensioni le barriere che ostacolano il livellamento verso il basso dei costi ambientali, lavorativi e sociali. 

Ricchezze concentrate

Poche centinaia di imprese multinazionali stanno ampliando enormemente la loro ricchezza, il loro potere, la loro influenza su istituzioni e governi mentre per la maggioranza delle persone in tutto il mondo non mancano effetti negativi: una crescente disoccupazione, la diminuzione dei salari reali, i licenziamenti di massa, i tagli nei servizi pubblici, l’inquinamento accelerato dell’ambiente e la perdita di controllo democratico dei governi.

Sacche di povertà in aumento anche in Occidente

La crescita della povertà non riguarda esclusivamente i Paesi in via di sviluppo; l’accentuarsi delle ineguaglianze nelle grandi potenze produce nuove, evidenti disparità, scenari di desolazione urbana, sacche di povertà in crescita costante sotto la maschera dell’opulenza occidentale. Lo scenario di un miliardo di persone in sconvolgente povertà, fianco a fianco ad uno stesso numero di altre in crescente benessere, su un pianeta che diventa sempre più piccolo e più integrato, dove è sempre più difficile ignorare a lungo le disparità, è uno scenario inquietante, pericoloso e difficilmente sostenibile nel lungo periodo. La disparità globale tra fasce di popolazione di centocinquanta ad uno è fonte di rischi per tutti. Il diritto all’uguaglianza acquista oggi significato globale.

Concentrazioni di reddito

Lo scorso decennio ha mostrato una crescente concentrazione di reddito, risorse e ricchezze tra individui, imprese e Paesi determinando questo scenario:

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i Paesi Ocse, con poco più del 19% della popolazione globale, controllano il 71% del commercio globale di beni e sevizi, il 58% degli investimenti diretti esteri e il 91% di tutti gli utenti Internet;

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i 200 individui più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato il proprio patrimonio netto nei quattro anni precedenti al 1998 fino ad arrivare a più di mille miliardi. Le ricchezze dei tre miliardari primi in classifica sono maggiori della somma del Pil di tutti i Paesi meno sviluppati e dei loro 600 milioni di abitanti;

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la recente ondata di fusioni e acquisizioni sta concentrando il potere industriale nelle mani di mega-imprese, con il rischio di erodere la concorrenza. Nel 1998 le prime 10 industrie di pesticidi hanno controllato l’85% di un mercato globale pari a 31 miliardi di dollari, mentre le prime 10 compagnie di telecomunicazioni hanno controllato l’86% di un mercato di 262 miliardi di dollari.

Rappresentazione del villaggio globale

Se noi potessimo ridurre la popolazione del mondo intero in un villaggio mantenendo le proporzioni di tutti i popoli esistenti al mondo, il villaggio sarebbe composto in questo modo: 

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ci sarebbero 57 asiatici, 21 europei, 14 americani (Nord, Centro e Sud America) e 8 africani

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ci sarebbero 52 donne, 48 uomini, 70 sarebbero non bianchi, 30 sarebbero bianchi, 70 sarebbero non cristiani, 30 sarebbero cristiani, 89 sarebbero eterosessuali ed 11 sarebbero omosessuali;

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6 persone possiederebbero il 59% della ricchezza del mondo intero e tutti e 6 sarebbero statunitensi, 80 vivrebbero in case senza abitabilità, 70 sarebbero analfabeti e 50 soffrirebbero di malnutrizione;

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uno starebbe per morire, uno starebbe per nascere, uno possiederebbe un computer e solo uno possiederebbe la laurea.

Una finestra sul mondo

Se si considera il mondo da questa prospettiva, il bisogno di accettazione, comprensione e educazione diventa evidente. Dovete infatti prendere in considerazione che:

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se vi siete svegliati con più salute che malattia siete più fortunati del milione di persone che non vedranno la prossima settimana;

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se non avete mai provato il pericolo di una battaglia, la solitudine dell’imprigionamento, l’agonia della tortura, i morsi della fame, site più avanti di 500 milioni di abitanti di questo mondo;

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se potete andare in chiesa senza la paura di essere uccisi, siete più fortunati di 3 miliardi di persone di questo mondo;

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se avete cibo nel frigorifero, vestiti addosso, un tetto sopra la testa e un posto per dormire siete più ricchi del 75% degli abitanti del mondo;

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se avete soldi in banca, nel vostro portafoglio e degli spiccioli siete tra l’8% delle persone più benestanti del mondo;

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se i vostri genitori sono ancora vivi e ancora sposati siete delle persone veramente rare, anche negli Stati Uniti e nel Canada;

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se potete leggere questo messaggio, non siete tra i due miliardi di persone che non sanno leggere.

La globalizzazione richiede che i ceti produttivi dominanti siano sempre più forti per meglio competere e ottenere successi, accentua l’incertezza a livello sociale, politico, industriale, monetario, occupazionale e ha riflessi sulla gerarchia sociale in quanto polarizza la società in base ad una discriminante: il sapere.

Dalla tesi di laurea, nel 2001, di Amedeo Lomonaco: “Limiti e potenzialità del fenomeno della globalizzazione per l’economia contemporanea”.