Religioni e migrazioni, una sfida per la società e per la Chiesa

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews  Questa cruciale relazione al centro del convegno tenutosi nella sede del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, alla vigilia della 106.ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato di domenica prossima. Durante l’incontro è stata presentata la ricerca multidisciplinare “Migrazioni e appartenenze religiose”.

Aprendo il convegno “La religione del migrante: una sfida per la Società e per la Chiesa” – promosso dall’Università Cattolica, in collaborazione con la Conferenza episcopale italiana – il cardinale Michael Czerny, sotto-segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ha innanzitutto ricordato che domenica prossima si celebrerà la Giornata Mondiale dei Migranti e del Rifugiato, incentrata sul tema: “Costretto come Gesù Cristo a fuggire”.

 “Questo convegno si svolge a pochi giorni dalla celebrazione della 106.ma Giornata mondiale del Migrante e del Rifugiato. Quest’anno il Santo Padre ha voluto dedicare il suo messaggio agli sfollati interni, obbligati come Gesù Cristo a fuggire per cercare rifugio altrove. Papa Francesco ha voluto citare un’icona cara a Pio XII, Gesù Cristo sfollato e profugo insieme con i suoi genitori, per ribadire l’importanza della ragione dell’accoglienza cristiana: è Gesù Cristo che bussa alla nostra porta affamato, povero, ammalato e straniero”.

Cosa vediamo nelle persone migranti?

Durante l’incontro è stata poi presentata la ricerca “Migrazioni e appartenenze religiose” promossa dall’Università Cattolica e realizzata da un’équipe multidisciplinare di esperti. Questo studio, ha affermato monsignor Stefano Russo, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana, ha unito “sociologi, filosofi, psicologi, giuristi, politologi e teologi in un lavoro lungo oltre due anni”. E ha invitato a porsi una domanda cruciale:

“Cosa vediamo nelle persone migranti? Esse sono l’oggetto delle nostre ricerche oppure il soggetto attivo, partecipe, ascoltato, amato? Solo così potremmo comprendere il profondo legame che unisce persone migranti e religione, una relazione che interroga le società europee contemporanee. Non solo la crisi dei rifugiati, ma anche i flussi umani che caratterizzano ormai da decenni l’immigrazione verso l’Italia e l’Europa, hanno posto queste di fronte alla necessità di fare i conti con un duplice scenario e religioso”.

Religione e flussi migratori

La relazione tra religione e flussi migratori ha una valenza centrale. Lo ha sottolineato monsignor Claudio Giuliodori, Assistente ecclesiastico generale Università Cattolica del Sacro Cuore ricordando che la ricerca “Migrazioni e appartenenze religiose” dimostra come sia una grave lacuna non considerare adeguatamente il ruolo della religione nei processi migratori:

“Non tenere in adeguata considerazione il fattore religioso rappresenta un elemento di grande criticità nell’approccio al fenomeno migratorio e nella gestione della convivenza interetnica sia per quanto concerne i motivi di allontanamento dalla propria terra, sia per lo stato d’animo con cui vengono affrontate le problematiche dell’esperienza migratoria, sia per le politiche adottate nei confronti dei migranti e dei rifugiati. La ricerca dimostra che ci troviamo di fronte ad un pregiudizio ideologico che impedisce di cogliere adeguatamente il ruolo della religione nei processi migratori e di integrazione. Ne deriva la necessità di ripensare profondamente, in modo sistematico, sia la lettura del fenomeno migratorio sia i processi di gestione e di accoglienza dei migranti e dei rifugiati”.

Non tolleranza, ma rispetto

“Riconoscere che la dimensione religiosa è parte integrante della persona è essenziale affinché la società sia non accondiscendente ma giusta verso ogni uomo”. Lo ha sottolineato dal canto suo il cardinale Angelo Bagnasco, presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali Europee, aggiungendo che i vescovi europei “credono nel sogno di un’Europa di popoli, di una casa delle nazioni e per questo pregano e offrono il loro contributo”. L’Europa è terra di approdo. Quale atteggiamento – ha chiesto il porporato – si deve avere nei confronti della compresenza di religioni?

“La prima parola che viene alla mente è tolleranza. Personalmente preferisco parlare di rispetto poiché, a ben vedere, nessuno vuol essere semplicemente tollerato, bensì rispettato. Inoltre, la tolleranza potrebbe essere intesa come una forma di neutralismo valoriale, quindi in fondo di disinteresse. In questo orizzonte, il laicismo che si dichiara tollerante in realtà sarebbe piuttosto indifferente e poco rispettoso: nega la vera laicità il cui principio è scritto nel Vangelo e che riconosce l’essere umano nella sua verità religiosa ed etica”.

Un’emergenza umana

Ai partecipanti al convegno è arrivato anche il saluto del presidente del Parlamento europeo David Sassoli. Ha ricordato che “in questi giorni la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha presentato la proposta di riforma della politica di asilo e immigrazione dell’Unione europea. Sono sicuro che nei prossimi mesi potremmo lavorare insieme per definire una risposta europea che sia all’altezza della nostra storia e della nostra umanità”. Il presidente del Parlamento europeo David Sassoli si è quindi soffermato su alcuni dati legati ai flussi migratori sottolineando che davanti ad un simile scenario non si può rimanere indifferenti.

 

“Secondo i dati delle Nazioni Unite nel 2019 ci sono stati circa 272 milioni di migranti internazionali, un equivalente pari al 3,5% della popolazione mondiale. L’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati evidenzia che alla fine dello stesso anno almeno 79,5 milioni di persone in tutto il mondo sono state costrette a lasciare le loro case. Tra di loro, ci sono quasi 26 milioni di rifugiati, di cui circa la metà di età inferiore ai 18 anni. Questa è una emergenza umana, un’emergenza sociale di fronte alla quale non possiamo più rispondere con la cultura dell’indifferenza. Ma dobbiamo adottare invece un approccio coordinato basato sui principi della solidarietà, della responsabilità”.

La ricerca “Migrazioni e appartenenze religiose”

Uno dei momenti centrali del convegno è stata la presentazione della ricerca “Migrazioni e appartenenze religiose”, promossa dall’Università Cattolica e realizzata da una équipe multidisciplinare di esperti. Illustrando lo studio, il direttore scientifico della ricerca, Laura Zanfrini, ordinario di Sociologia delle Migrazioni e della convivenza interetnica all’Università Cattolica, ha sottolineato che le migrazioni rappresentano una sfida all’identità religiosa delle società europee:

La religione, sottolinea Laura Zanfrini a Vatican News, ha “una grandissima importanza nei processi migratori, molto più di quanto gli venga comunemente riconosciuto”. Può avere sicuramente “una valenza positiva, ma questo non è scontato”. Si deve “destrumentalizzare la religione”, ossia prendere le distanze da un pregiudizio antireligioso molto diffuso. Le nostre società, sottolinea la professoressa Zanfrini, sono intrise di pregiudizi antireligiosi, anche anticristiani. È inoltre fondamentale promuovere “una educazione al pluralismo religioso”. C’è un diffuso ”analfabetismo religioso”: spesso non conosciamo la nostra tradizione religiosa. Si deve poi attivare un processo teso a “riumanizzare i migranti”, ossia ascoltare le loro voci e le loro storie. “Si devono ascoltare di più le loro narrazioni per avere più elementi su cui riflettere per reimpostare la governance delle migrazioni”. Per quanto riguarda il patto su migrazione e asilo presentato dalla Commissione Europea, la professoressa Zanfrini individua due elementi di debolezza. “Si tende a dare molta importanza più agli aspetti procedurali che ai valori”. E ancora una volta non si parla di governo dei flussi migratori, ma di “contenimento”. La rappresentazione è sempre quella di un onere “che va spartito tra i diversi Paesi”.

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