Regolarizzazione dei migranti, una questione di dignità

Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews. Commentando il decreto del governo “Rilancio”, il vescovo di Caserta, monsignor Giovanni D’Alise, sottolinea che non si devono regolarizzare solo i migranti ma anche le tante attività che per molti italiani, specialmente al Sud, rimangono nel mondo del sommerso. Il segretario generale della Fai CISL, Onofrio Rota, sottolinea inoltre che, oltre alla regolarizzazione dei migranti, altre misure necessarie riguardano la sicurezza dei lavoratori.

In Italia è stato approvato dal Consiglio dei ministri il decreto “Rilancio” con sostegni economici per affrontare l’emergenza legata al Covid-19. Nella manovra, di oltre 55 miliardi di euro, sono previste anche misure contro il caporalato e per la regolarizzazione dei migranti, tra cui braccianti agricoli, colf e badanti. Complessivamente, saranno oltre 200 mila gli immigrati che verranno regolarizzati grazie al decreto “Rilancio”. Da oggi – ha detto il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Teresa Bellanova non nascondendo la propria commozione – “lo Stato è più forte del caporalato”.

Il vescovo di Caserta: si regolarizzi anche il lavoro degli italiani

Riferendosi alle misure decise dal governo il vescovo di Caserta, monsignor Giovanni D’Alise, sottolinea che dopo anni di immobilismo questo passo compiuto è incoraggiante. Ma si devono anche promuovere politiche per una vera accoglienza ed una autentica inculturazione. Nel territorio della diocesi di Caserta – dove alla massiccia presenza di immigrati e di braccianti agricoli si aggiungono anche le attività della camorra e i drammi legati alla cosiddetta “Terra dei fuochi” – la vera emergenza è “il lavoro legale”. “È molto importante – sottolinea monsignor D’Alise – che ritorni il lavoro legale anche per gli italiani”.

R. – Sono quasi 10 anni che non si muoveva niente su questo versante. C’erano solo le manette. Adesso si comincia a guardare la persona. Questo mi fa tanto piacere e, soprattutto, mi da tanta forza per affrontare bene le cose. Mi fa piacere che vengono regolarizzati i migranti. Si deve vedere se tutto questo porterà i suoi effetti. Ma, intanto, bisogna dire una parola forte: al Sud ci sono tantissime persone senza lavoro. Non si possono mettere a confronto le due cose, ma si devono poter organizzare e armonizzare insieme. Io non potrei sopportare che alcuni lavorano ed altri no. Non è questione di pelle o di religione. In particolare, in questa “Terra dei Fuochi” è molto importante che ritorni il lavoro legale anche per gli italiani. Lo sforzo della Chiesa, con tanti messaggi e tanti interventi, penso che sia arrivato ad essere preso in considerazione. La questione fondamentale è quella di mettere la persona al centro. Ci sarebbero tante cose da limare meglio e da guardare meglio, ma credo che si dia anche dignità al Parlamento in modo che si facciano degli interventi non di bandiera, ma sempre per migliorare la vita delle persone. Non basta dare un centinaio di euro per migliorare la vita delle persone. Bisogna fare in modo che queste persone possano e imparino bene a pescare. Non serve donare un pesce.

Quale è in particolare la situazione dei migranti e dei braccianti agricoli nel suo territorio, nel territorio della provincia di Caserta e nella “Terra dei Fuochi”…

R. – Rispetto ad altre zone qui è diverso il fatto che la camorra non ha mollato. Cambia pelle, però queste persone le gestisce e le usa come meglio può. Io credo che in questa nostra zona il problema della Terra dei Fuochi è serio perché bisogna ristrutturare la società. Una società per 40 anni dominata dalla camorra. Con l’intervento dei magistrati, si è arrivati a scovare i più importanti responsabili. Ma poi si è fermato tutto. Qui si continua a incendiare e si continua a nascondere rifiuti pericolosi. Credo che anche mascherine e guanti diventeranno un business della camorra.

Nel suo territorio, dove è necessario assicurare un lavoro regolare a tutti, la regolarizzazione dei migranti potrà essere un passo importante per costruire una società plasmata da una maggiore legalità?

R. – Io esprimo un giudizio positivo perché si è cominciato un percorso. Ovviamente, quando si comincia ci sono altri passi da compiere. Speriamo non finisca tutto così.

Tra gli altri passi da compiere, c’è anche la necessità di promuovere la dignità del lavoro a 360 gradi…

R. – È giusto regolarizzare i migranti. Ma lo Stato deve anche porsi il problema di come accoglierli. È vero che viviamo un periodo particolare, ma questo modo di affrontare il problema distribuendo soldi deve seguire un iter teso ad una inculturazione. Si è fatto pochissimo per formarli, per farli crescere e dare loro sicurezza. Io credo che lo Stato fa  bene ad accogliere e deve farlo. La Chiesa vuole aiutare. Ma si deve anche promuovere un’accoglienza integrale. Noi abbiamo bisogno, nel settore dell’agricoltura, di tanti lavoratori. Ma ci vuole dignità. Quando vedo certe immagini televisive, mi vergogno di essere italiano. Non è possibile che trattiamo le persone così.

La Chiesa ha compiuto tanti sforzi per aiutare i migranti. Anche Papa Francesco ha più volte lanciato appelli in favore degli immigrati lavoratori. Lo scorso 6 maggio il Pontefice ha ricordato, in particolare, la situazione dei braccianti agricoli. Il Papa ha anche esortato a fare della crisi l’occasione “per rimettere al centro la dignità della persona e del lavoro”…

R. – Si, questo tempo è un “kairos”. Il Papa si è fatto megafono di questo e si cominciano a vedere i frutti.

“Fai Cisl”: dignità e sicurezza

Sulle misure per la regolarizzazione dei migranti previste nel decreto “Rilancio” si sofferma anche Onofrio Rota,  segretario generale della Fai Cisl (Federazione agricola alimentare ambientale industriale italiana), che aveva scritto una lettera al Papa nella quale, a nome del sindacato, esprimeva la necessità di regolarizzare le attività sommerse dei braccianti agricoli. Il Papa aveva risposto a quella missiva manifestando la propria vicinanza.

R – È un provvedimento che attendevamo da tempo. Noi, già a novembre, avevamo sollevato il problema della regolarizzazione degli immigrati facendo un giro nei ghetti sparsi per l’Italia. Abbiamo visto lavoratori che si proponevano con dei fogli di espulsione e comunque lavoravano, soprattutto nel settore dell’agricoltura. È evidente che c’era tanta manodopera. Tanti lavoratori giravano per le nostre realtà produttive e andavano regolarizzati. Quindi, il nostro appello che ho lanciato anche al Papa, è stato quello di provvedere immediatamente con una legge per assicurare dignità prima ancora di considerarle come manodopera utile per il nostro Paese e per le nostre famiglie. Siamo soddisfatti del provvedimento del governo.

Un risultato importante, ma è sbagliato pensare che questo provvedimento di regolarizzazione sia un condono…

R. – Non è un condono e, tra l’altro, noi non avevamo rilanciato il tema della regolarizzazione perché nel settore agro-alimentare mancava la manodopera. È una questione di giustizia. Il caporalato non è un problema soltanto dell’immigrato. Lo subisce l’italiano quanto l’immigrato. C’è chi vuole violare la legge, chi non vuole rispettare il lavoro. Questo, purtroppo, è il caporalato in Italia. La regolarizzazione prevista nel decreto non riguarda soltanto il lavoro nell’agricoltura, ma anche quello di sostegno alle nostre famiglie tramite colf e badanti.

Durante il suo Pontificato, il Papa ha più volte manifestato la propria vicinanza ai lavoratori più vulnerabili e, tra questi, i braccianti agricoli. Papa Francesco ha anche risposto ad una sua lettera nella quale lei, a nome del sindacato, esprimeva la necessità di regolarizzare attività sommerse di braccianti agricoli, esposti in questo periodo anche ai rischi legati alla pandemia.

R. – È stata una bellissima risposta quella del Papa con una attenzione che dimostrava ben prima della mia lettera. È stata sicuramente molto apprezzata da tutto il mondo del lavoro perché abbiamo sentito il Pontefice vicino in questa battaglia. È stata veramente importante l’azione è del Papa.

Dopo questo provvedimento, quali misure secondo il sindacato “Fai Cisl” sono ancora necessarie?

Il settore dei braccianti agricoli in Italia occupa in maniera regolare circa un milione di lavoratori. Ed è un settore importante. Se lo mettiamo insieme alla filiera dell’agroalimentare, è il secondo per valore economico rispetto al Pil prodotto dal nostro Paese. Quindi, è un settore estremamente importante e determinante. Tra l’altro, anche per le politiche di rilancio del nostro Paese, il brand dell’agroalimentare è strategico. Ed è stato quello che, anche durante il periodo della fase più acuta legata al Covid-19, ha dato risposte a tutte le famiglie: nei supermercati non è mai mancato il prodotto. È chiaro che l’agroalimentare adesso va rafforzato con tutta quell’area che era sommersa. Secondo me, vanno valorizzati tutti i protocolli legati alla sicurezza per contrastare il Covid-19 nei luoghi di lavoro, nell’industria e in modo particolare nelle campagne.  È necessaria una grande attenzione in questo settore. Un settore che, non soltanto per quello che ha dato ma anche per quello che può dare al nostro Paese, è estremamente strategico.

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