Radio Don Bosco in Madagascar

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

I mezzi di informazione devono impegnarsi per diffondere giustizia, verità e perdono e consolidare la pace attraverso la riconciliazione. E’ la missione indicata dai partecipanti al seminario dei comunicatori cattolici dell’Africa e delle Isole dell’Oceano Indiano, tenutosi recentemente a Dar es Salaam, in Tanzania. Ma come ci si può concretamente servire dei media per favorire la pace? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a don Luca Treglia, direttore della Radio Don Bosco in Madagascar, raggiunto telefonicamente ad Antananarivo:

R. – Certamente i media hanno un ruolo enorme, soprattutto i media cattolici: basti pensare che nel Continente africano attualmente sono presenti più di 250 radio cattoliche, senza parlare poi dei giornali di ogni diocesi. Quindi c’è questa grande forza però è necessario coordinare, ma soprattutto è necessario avere il coraggio di parlare, di denunciare, di cercare di sforzarci a portare la pace; bisogna cercare di vivere la giustizia, soprattutto con lo scopo di costruire una nuova società che si fonda sulla verità e sull’amore. Lo sforzo della Chiesa deve aiutare la popolazione analfabeta per sconfiggere le ingiustizie e la povertà.

Mezzi di informazione in Africa e contributo dell’Occidente

D. – Quale contributo possono dare gli europei, e in particolare i cattolici, per il miglioramento non solo tecnologico dei mezzi di informazione in Africa?

R. – Il contributo che viene da fuori è molto importante: molti, infatti, sono i direttori di radio, di televisioni, che chiedono di essere aiutati soprattutto nel formare il personale. E una seconda cosa è l’aiuto economico concreto: per questo, abbiamo fatto anche un appello ai donatori per sostenere queste attività e mettere in atto questo processo di pace.

Potenzialità di radio Don Bosco

D. – Tra le varie realtà del mondo giornalistico cattolico in Africa, c’è anche radio Don Bosco, di cui lei è direttore; quali oggi le potenzialità, le insidie per questa emittente?

R. – Radio Don Bosco ormai ha 13 anni. Qui in Madagascar è tra le più ascoltate. Solo qui nella capitale abbiamo un ascolto che varia dai 500 mila ai 700 mila ascoltatori al giorno. E’ un progetto molto, molto bello, che comporta anche dei rischi perché a volte si è obbligati a scontrarsi contro certi sistemi non molto democratici della vita sociale o della vita politica; ma noi siamo tranquilli perché facciamo il nostro lavoro con coscienza, con giustizia e con verità. La radio portavoce del messaggio di amore e di pace.

Giornalismo in Africa

D. – A proposito di lavoro e di missione, quali differenze ha notato, don Luca, tra il giornalismo in Africa – in particolare cattolico – e quello europeo?

R. – Una differenza fondamentale è questa: mentre il giornalista europeo può parlare liberamente e può scrivere liberamente, quello africano invece è condizionato da una censura metodica e costante. In Africa il giornalista vive in un clima di pressione, di paura, d’intimidazione; in diversi casi non lavora più in una cornice etica, in un ambito deontologico ma svolge il mestiere di redattore solamente per sopravvivere.

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