Il parroco di Gaza: lo sblocco degli aiuti è un passo per uscire dall’isolamento
Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews– Israele ha reso noto di aver raggiunto un’intesa con il Qatar per la ripresa degli aiuti destinati a migliaia di famiglie nella Striscia di Gaza. Padre Gabriel Romanelli, parroco di Gaza: fin quando la popolazione non vedrà una pace e una giustizia solide, non avrà molte speranze.
Israele ha annunciato un “nuovo meccanismo” per distribuire gli aiuti umanitari forniti dal Qatar alla Striscia di Gaza. L’accordo, sottolineano fonti di stampa, pone fine a un impasse che congelava i fondi necessari per i palestinesi di Gaza, pesantemente colpiti dal blocco israeliano e dai ripetuti conflitti tra Hamas e Stato ebraico. Per la popolazione della Striscia di Gaza, dove la disoccupazione si attesta intorno al 50%, si tratta di un passo che arriva dopo il blocco, a maggio, del trasferimento dei fondi. Prima di questa sospensione, venivano consegnati a Gaza circa 30 milioni di dollari attraverso un valico controllato da Israele. Il ministro della Difesa israeliano, Benny Gantz, ha affermato che in base al nuovo accordo, i fondi saranno trasferiti dalle Nazioni Unite direttamente sui conti bancari delle famiglie di Gaza. Ma la popolazione, che porta traumi legati a profonde sofferenze, è scoraggiata e la situazione umanitaria resta drammatica. È quanto sottolinea Il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli, aggiungendo che accordi di questo tipo “servono affinché Gaza non continui a essere isolata”.
Qual è la situazione umanitaria a Gaza?
La situazione umanitaria è veramente tragica. La parola più usata dalle persone adulte è ‘trauma’. Noi, nel nostro piccolo, cerchiamo, attraverso la Caritas, le nostre scuole e le istituzioni parrocchiali, di arrivare al maggior numero possibile di famiglie. Cerchiamo di essere vicini alla popolazione innanzitutto con attività rivolte alle famiglie, ai bambini, ai ragazzi, in modo da farli sentire che sono ancora vivi. Oltre a questo, continua l’emergenza sanitaria. Negli ultimi giorni, abbiamo sentito che Israele sta agevolando il passaggio di alcune merci. Questo è un buon segno perché indica che si riattiva la distribuzione di merci, di cibo e di altre cose necessarie per la vita quotidiana.
Israele ha annunciato un nuovo meccanismo per distribuire aiuti umanitari forniti dal Qatar. Quali passi deve compiere la comunità internazionale per la Striscia di Gaza?
Accordi di questo tipo servono affinché Gaza non continui a essere isolata. Dodici anni di embargo hanno prodotto quella che si è rivelata una sorta di “punizione generale”. Un contratto ufficiale – con un’intesa tra Israele, Qatar e altri Paesi – sarebbe già un passo in avanti affinché Gaza possa essere come la Cisgiordania. E sia inserita, come parte della Palestina, nel concerto delle nazioni.
Quali speranze, nonostante i traumi, nutre la comunità cristiana di Gaza?
Noi vediamo in questi segni (come questo nuovo accordo tra Israele e Qatar, ndr) una cosa positiva, però la popolazione di Gaza, non solo quella cristiana, non ha tanta speranza. Fin quando non vedranno una pace e una giustizia solide, non avranno molte speranze. Hanno già creduto molto alle autorità, da una parte e dall’altra del muro. E la popolazione è scoraggiata. Noi cristiani a Gaza siamo più di mille, tra cui 134 cattolici. Le difficoltà vengono vissute come accade per il resto della popolazione.