Medicina Solidale: pastorale lungo il Tevere tra poveri ed emarginati

© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews  Nuova iniziativa per assistere le persone che vivono lungo le rive del fiume Tevere, dalla zona di Saxa-Rubra alla Magliana. Intervista alla direttore di Medicina Solidale che promuove l’iniziativa pastorale, la dottoressa Lucia Ercoli.

Vivono nel cuore di Roma lungo gli argini del fiume Tevere tra tende e abitazioni di fortuna. Sono vite segnate dalla povertà, spesso anche dalla solitudine. Sono persone che la società moderna, forgiata dai modelli del consumismo, tende sempre più spesso a scartare e a non considerare. Per molti sguardi, distratti o indifferenti, sono invisibili. Sono invece persone da aiutare e da curare per una task-force composta da medici e volontari. A promuoverla è l’associazione “Medicina Solidale” con l’obiettivo anche di realizzare un censimento di quanti sopravvivono ai margini del fiume.

Tutela della salute e assistenza spirituale

L’iniziativa, nata anche per far fronte all’emergenza freddo, è stata lanciata ieri in occasione dell’83.esimo compleanno di Papa Francesco. Si tratta di una vera e propria “pastorale del fiume”, alla luce del Vangelo. All’aiuto concreto di medici e volontari si coniuga, infatti, l’assistenza spirituale grazie alla collaborazione della comunità “Famiglia della Riconciliazione” guidata da don Andrea Palamides. Finora, sono state effettuate già diverse uscite per incontrare e assistere le persone che vivono lungo gli argini del Tevere. Il direttore di Medicina Solidale, Lucia Ercoli, sottolinea che si devono abbattere i muri della paura e della diffidenza. E ricorda i primi passi e i prossimi sviluppi di questa iniziativa:

R. – È un’iniziativa che è nata dopo un periodo di osservazione di quanto accadeva lungo le sponde del fiume su cui sono presenti vari conglomerati di tende, di abitazioni di fortuna, in cui vivono tante persone, non solo stranieri ma anche italiani. Ci sono anziani, giovani, donne. Abbiamo scoperto una città.

Lungo le rive del fiume scorre una vita di persone “invisibili”, una sorta di periferia esistenziale proprio al centro della città …

R. – Non c’è più una periferia e non c’è più un centro. Questo lo possiamo vedere anche all’interno dei nostri palazzi, nei luoghi di lavoro. Abbiamo creato delle solitudini e dei muri invisibili ma impenetrabili in tutte le situazioni della vita relazionale. Siamo dominati dalla paura, dalla diffidenza. Siamo dominati dalla voglia di sopraffazione e la voce dei più piccoli, dei più fragili, è una voce che non arriva. Noi, invece, vogliamo raccogliere questa voce, testimoniare che è possibile rompere il muro. Non ci può essere luogo che resti nell’oscurità di fronte alla luce portata da Gesù. Nessun uomo si può più sentire solo dal momento in cui il Signore è voluto entrare nella storia e farsi carico dell’esperienza umana. I cristiani hanno questo dovere: farsi annunciatori e testimoni di questa vicinanza di questa prossimità del Dio con noi.

Una vicinanza che si declina attraverso l’ascolto, l’accoglienza, l’annuncio. Ci può ricordare alcune storie emblematiche delle persone che vivono sulle rive del Tevere…

R. – Mi ha colpito molto la storia di una donna italiana cacciata via dalla figlia dalla propria abitazione. Questa storia ci dice quanto si siano fratturate le relazioni, anche le più solide come quella famigliare. Vedere questa donna non anziana costretta in una tenda, avvolta nel fango e nell’umidità, che ha dovuto lasciare la sua casa e le sue certezze è stata una testimonianza di grande dolore. Così come quella di una giovane donna alla quale sono stati tolti i bambini. Si trova senza casa, senza amicizia, senza un sostegno. È veramente urgente evangelizzare le relazioni, sapere che siamo tutti figli di uno stesso Padre, che siamo tutti fratelli.

Quale è il segno di speranza suggellato da questo incontro tra i medici e i volontari e le persone che vivono sugli argini del fiume Tevere?

R. – Ci accolgono con un sorriso. Noi portiamo anche una bevanda calda, una merenda, diciamo una preghiera con loro. Gli diciamo di venirci a trovare, di venire all’ambulatorio Madre di Misericordia sotto il Colonnato di San Pietro. E loro vengono. Questo vuol dire che è il muro è caduto e che possiamo cominciare a camminare insieme.

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