Intervista sulla riflessione economica del Papa all’Angelus

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

 L’attuale situazione economica mondiale è stata ieri al centro dell’Angelus di Benedetto XVI. La crisi economica in atto di cui si è parlato anche in questi giorni nella “cosiddetta riunione del G20” – ha detto il Papa – si è aggiunta ad altri ben più gravi sintomi, quali il perdurare dello squilibrio tra ricchezza e povertà, lo scandalo della fame, l’emergenza ecologica e il problema della disoccupazione. Per un commento sulle parole del Santo Padre, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco il prof. Carlo Dell’Aringa, docente di Economia Politica all’Università Cattolica di Milano:

R. – Doveroso e molto utile l’intervento del Papa, proprio perché avviene in un momento in cui tutti i Paesi più importanti della terra hanno dato un bruttissimo esempio nell’ultimo G20. Hanno dato segnali forti di una mancanza di cooperazione, di incapacità di assumere responsabilità e di lavorare insieme per il bene comune. Prevalgono interessi nazionali, che sono simili proprio a quegli interessi individualisti ed egoistici degli operatori economici che – in modo miope – hanno creato questa crisi. E’ chiaro, poi, che sono i più deboli a pagare il costo più alto!

Tentazione delle economie più dinamiche

D – E, infatti, proprio un rischio denunciato dal Pontefice è la tentazione per le economie più dinamiche di ricorrere ad alleanze vantaggiose, che poi possono risultare gravose per gli Stati più poveri…

R. – Sì, ma sono alleanze di breve respiro perché poi tutto può risolversi in guerre commerciali, in svalutazioni competitive. Naturalmente in queste condizioni manca quello spirito collaborativo, dal quale soltanto può derivare la capacità di rinunciare in parte ai propri interessi per aiutare i Paesi poveri. E’ chiaro che se ciascuno pensa solo a se stesso, ha paura di fare delle mosse che possono svantaggiarlo. Solo insieme, invece, i Paesi industrializzati possono pensare per il bene dei Paesi più poveri!

Rilancio strategico dell’agricoltura

D. – Il Santo Padre ha poi aggiunto che in questo scenario economico appare decisivo un rilancio strategico dell’agricoltura. Un richiamo, quello del Papa, a rivalutare l’agricoltura non in senso nostalgico, ma come risorsa indispensabile per il futuro…

R. – Abbiamo bisogno di potenziare questo settore strategico, tanto più se si tiene conto che una larga proporzione della popolazione mondiale ancora soffre la fame. In tutti i Paesi sviluppati si lamenta la non disponibilità dei giovani a fare lavori manuali in settori fondamentali come l’agricoltura. Se anche nell’agricoltura si investisse nelle tecnologie ecocompatibili e più rispettose dell’ambiente, si potrebbero riqualificare gli stessi lavori ed attirare i giovani. E si darebbe, soprattutto, una motivazione in più a tutti quei giovani che sono sensibili a questo discorso di solidarietà e di fratellanza fra i popoli.

Nuovi equilibri

D. – Auspicabile poi – come ha detto il Papa – un nuovo equilibrio tra agricoltura, industria e servizi, perché lo sviluppo sia effettivamente sostenibile…

R. – Certamente. Noi purtroppo rientriamo ancora in quella logica di guardare solo al prossimo futuro, dimenticando invece le capacità di sviluppo integrale delle nostre economie a vantaggio anche delle future generazioni.

Consapevolezza etica

D. – E’ fondamentale – ha detto infine il Santo Padre – diffondere una consapevolezza etica, educare ad un consumo più responsabile e incentivare stili di vita che non risultino dannosi né per l’ambiente né per i più poveri…

R. – Questa è la parte più difficile e più importante: educare alla responsabilità, alla sobrietà, a non vedere solo nel consumo un mezzo d’identificazione, ma vedere nel lavoro, nel lavoro costruttivo – costruttivo del futuro per gli altri – la propria identificazione. Questo manca ai giovani e bisogna educarli! Ma per educarli, naturalmente, devono essere i governi per primi a dimostrare come nel contesto mondiale devono prevalere le logiche della collaborazione e della responsabilità. Possiamo insegnare ai giovani la solidarietà e la sussidiarietà, se le stesse classi dirigenti di questi Paesi si comportano in modo esattamente contrario?

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