Giornata di preghiera e digiuno per i missionari martiri

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

 Si celebra oggi la XVI Giornata di preghiera e digiuno per i missionari uccisi. L’iniziativa, promossa dal Movimento giovanile missionario delle Pontificie opere missionarie, intende ricordare la testimonianza di unità e di amore resa dai missionari che, con il loro esempio, incitano ogni cristiano a vivere radicalmente il Vangelo. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

“Versato per voi e per tutti”: è il tema della Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri. Sono parole, dense di senso, che accompagnano la consegna del calice durante l’ultima Cena. E’ un invito a riflettere sull’offerta di Gesù del proprio sangue per la salvezza dell’umanità. Anche molti religiosi hanno conosciuto il calvario e la croce. Chi sono i martiri e a quale compito sono chiamati i missionari? Risponde padre Marco Pifferi, del PIME, superiore regionale e vicario episcopale per la pastorale, da 20 anni in Guinea Bissau:

R. – Il martire è il testimone per eccellenza in quanto fa della sua vita un dono agli altri. Allora, questo “versato per voi e per tutti”, per me ha proprio questo duplice significato. Innanzitutto, “versato per voi”: per voi che io ho scelto e quindi questa vita diventa dono per gli altri. In tutti i Paesi dove ci troviamo, le sfide che ci vengono proposte sono quelle di questa testimonianza, soprattutto di comunione, di dialogo, di stima dell’altro. Il sangue è “versato per tutti”: questa testimonianza diventa davvero fonte di comunione in un mondo dove sembra che ci si chiuda sempre di più all’altro; in quanto “altro”, in quanto “fratello”, noi siamo chiamati a questa testimonianza grande di unità e comunione.

Gianni Novelli: mons. Romero per sempre unito al suo popolo

La Giornata di preghiera e digiuno per i missionari uccisi si celebra nell’anniversario dell’assassinio dell’arcivescovo di San Salvador Oscar Arnulfo Romero. Gianni Novelli, direttore del Centro interconfessionale per la pace ricorda le ultime parole del presule:

R. – Oscar Romero alzò la voce, dando l’ordine: “Vi supplico, vi prego, in nome di Dio, cessi la repressione. Nessun militare è obbligato ad obbedire a questi ordini che ha ricevuto”. La sera del 24 marzo, mentre stava celebrando la Messa nella piccola cappella dell’ospedale della Divina Provvidenza, dove si era rifugiato, tra minacce di morte e pericoli, all’offertorio, dal fondo della chiesa, con un unico sparo, un militare lo uccise. Le sue ultime parole, mentre teneva alzato il calice del pane e del vino: “Possa questa nostra effusione di sangue essere fermento di pace e di giustizia per questo nostro popolo”. Aveva detto: “Possono pure uccidermi, ma non possono far tacere la voce del vescovo della Chiesa e se mi uccidono io risorgerò con il mio popolo che cammina nelle vie della liberazione”.

Mons. Chullikat ricorda la via Crucis di mons. Rahho

Nel corso del 2007 sono stati uccisi 21 tra sacerdoti, religiosi, religiose e seminaristi. A questo elenco bisogna aggiungere i martiri del 2008: l’ultimo è l’arcivescovo caldeo di Mossul, mons. Faraj Rahho. Sulla ricchezza dei suoi insegnamenti, ascoltiamo il nunzio apostolico in Iraq, mons. Francis Assisi Chullikat:

R. – La tragica morte di mons. Rahho è stato un momento difficilissimo per la Chiesa irachena e il popolo cristiano. Lo hanno visto come un pastore che non ha esitato ad immolare la propria vita per salvare il suo gregge. Mons. Rahho è stato quindi un pastore dedito e coraggioso che ha insegnato ai suoi fedeli il significato di essere cristiani. Per lui essere cristiano significava essere fedeli discepoli, pronti a seguirlo fino al Calvario e, se necessario, fino alla morte sul Calvario. E’ molto significativo notare che mons. Rahho veniva sequestrato al termine della celebrazione della Via Crucis, una Via Crucis che ha saputo interpretare e vivere in carne propria fino ad immedesimarsi in Gesù, dando la propria vita per il suo popolo.

Padre Amer Najman Youkhanna: tanti martiri in Iraq

In Iraq l’area di Mossul, dove nel 2007 sono stati uccisi padre Ragheed Ganni, tre suoi subdiaconi e recentemente mons. Rahho, è terra di martirio dove ogni cristiano offre una forte testimonianza di fede. Padre Amer Najman Youkhanna, sacerdote iracheno dell’arcidiocesi di Mossul:
 
R. – Le testimonianze di fede in Iraq sono sempre più forti, e questo è il frutto del sangue dei martiri che annaffia questa pianta della fede con una lunga vita. Continua questa testimonianza nonostante la difficoltà, il dolore: non sono solo preti e vescovi che muoiono, ci sono tanti fedeli. Purtroppo, per un cristiano vivere a Mossul, oggi, è un martirio quotidiano, anche se non si è uccisi. Il cristiano che vive a Mossul oggi, chiunque sia, testimonia la sua fede in Gesù Cristo che è un appello all’amore, alla fraternità, alla convivenza, alla tolleranza, a rifiutare la violenza.

Militi ignoti della fede

Nella schiera dei martiri sono molti i “militi ignoti della fede”, perseguitati perchè discepoli di Cristo e apostoli del Vangelo. “Nella storia della Chiesa – ha detto il Papa all’udienza generale del 10 gennaio del 2007 – non mancherà mai la passione, la persecuzione… Ma anche nella nostra vita la Croce diventa benedizione”.

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