Giornata di digiuno in India. Intervista con il card. Toppo

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

La Chiesa indiana ha indetto una giornata di digiuno per il prossimo 7 settembre, che coinvolgerà tutte le diocesi del Paese. In segno di solidarietà, anche le ACLI, le Associazioni dei lavoratori cattolici italiani, hanno annunciato di volersi unire in quella stessa data ai fratelli indiani, mentre il PIME ha proclamato una giornata di digiuno per il 5 settembre, a Milano. L’iniziativa, spiega il PIME, vuole sottolineare i molti silenzi che stanno accompagnando il dramma dei cattolici in India.

Intervista con il cardinale Toppo

Silenzi denunciati ieri anche dal presidente dei vescovi italiani, il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, che ha detto di non aver sentito in merito “particolari reazioni di sincero sdegno, di condanna”. Per decifrare dunque quanto sta accadendo in OrissaAmedeo Lomonaco ha sentito l’arcivescovo di Ranchi, il cardinale Telesforo Placidus Toppo:

R. – L’India non è semplice da capire. Non tutta l’India è così. Ci sono i fondamentalisti, che rappresentano una percentuale, forse l’11 per cento, e quando accadono queste cose per loro è facile distruggere, bruciare. Ma non è tutta l’India ad esserne colpita: è solo una parte. E la loro posizione non è di tutta la religione indù. Ci sono in gioco fattori socio-economico-politici. Fattori che sono all’origine di questi fatti, degli incendi appiccati anche alle botteghe dei cristiani. Anche la legge contro la conversione è un argomento che noi abbiamo chiarito: noi non convertiamo la gente forzatamente.

Reazioni al fondamentalismo

D. – Ci sono in India parti della popolazione che si ribellano ai fondamentalisti?

R. – Non tutti approvano quello che stanno facendo i fondamentalisti: questa è una delle ragioni per cui è caduto l’ultimo governo. Un esecutivo che era ben rappresentato dai fondamentalisti. Ma i partiti fondamentalisti hanno perso le elezioni e così è salito al potere l’attuale governo.

Sistema delle caste è ingiusto

D. – La fede, la vita cristiana costituiscono in India alternative concrete al fondamentalismo, all’ingiustizia, al sistema delle caste: è questo che spaventa e alimenta poi le violenze?

R. – Sì, perché non esiste uguaglianza tra le persone: con il sistema delle caste, non c’è uguaglianza. Ecco perché non vogliono questo impegno della Chiesa per il superamento delle caste. Mentre per noi la persona è sacra.

Vincere il fondamentalismo

D. – Quando, eminenza, secondo lei, le minoranze cristiane in India non saranno più bersaglio del fondamentalismo indù?

R. – Non è semplice la risposta, perché ciò che sta accadendo in Orissa non si manifesta ovunque, non è diffuso in tutta l’India. Un tempo, ad esempio, nello Stato del Gujarat ci sono state violenze contro i musulmani. Ecco: quello che è accaduto nel Gujarat sta avvenendo ora in Orissa contro i cristiani.

Risposta della Chiesa

D. – E la Chiesa continua a rispondere alla violenza con la carità, con una forza mite …

R. – Come Gesù, i cristiani non hanno risposto alle aggressioni. Adesso, io penso che avremo l’aiuto del governo centrale e dello Stato. Inoltre, fra le iniziative della Chiesa voglio ricordare che il 7 settembre ci sarà una giornata di preghiera e di digiuno in tutta l’India. E ci saranno anche altre iniziative insieme con gli indù, con i musulmani: si sta organizzando un’assemblea di preghiera. Ci sono tante iniziative buone. E va detto questo: l’uguaglianza tra noi è una minaccia per i fondamentalisti.

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