Congresso europeo sulle migrazioni

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Si apre nel pomeriggio a Malaga, in Spagna, l’ottavo Congresso europeo sulle migrazioni promosso dal Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), che si protrarrà fino al prossimo primo maggio. Il tema scelto per l’incontro di quest’anno è “L’Europa delle persone in movimento. Superare le paure. Disegnare prospettive”. L’obiettivo è di approfondire il fenomeno migratorio alla luce delle sue ricadute su famiglia, parrocchia e società. Il Congresso è stato presentato stamani a Madrid. Sui temi emersi durante la conferenza stampa nella capitale spagnola, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonacopadre Duarte Acunha, segretario generale del Ccee:

R. – E’ stato sottolineato il fatto che il Congresso e l’impegno della Chiesa sull’immigrazione vedono nei migranti il valore e la dignità delle persone, sia quando si parla della politica sia della pastorale. In qualunque caso, si deve avere come punto di partenza la persona, non soltanto il fenomeno generale delle migrazioni. Un secondo aspetto emerso è che la missione di accoglienza della Chiesa si deve fondare sulla comprensione delle differenze culturali per valorizzare tali diversità.

Responsabilità di sostenere i migranti

D. – E’ stato rimarcato che i cristiani hanno la responsabilità di sostenere i migranti e di diffondere il messaggio evangelico dell’accoglienza anche in politica e in economia. Come tradurre questa responsabilità in Europa, ancora segnata da pregiudizi e discriminazioni?

R. – Gli immigrati sono di solito accolti, anche se ci sono tanti problemi. C’è tutta una sfida ancora da affrontare per l’Europa. Una sfida che la Chiesa con la sua parola, ma forse anche con le sue strutture, con la parrocchia, cerca di far capire. Cerca di far capire che gli immigrati sono persone e quindi devono essere riconosciute come tali e accolte. Però accoglienza vuol dire anche capire quanto sia possibile, in una cornice di giustizia, accogliere i migranti. C’è quindi tutto un rapporto che richiama alla ragionevolezza politica. Questo non è compito della Chiesa, anche se la Chiesa deve ricordare i grandi principi a fondamento della politica.

Accoglienza tra famiglie, parrocchia e società

D. – Quindi far capire che i veri centri di accoglienza sono anche la famiglia, la parrocchia, la società?

R. – E’ questa la realtà sociale. I Centri di accoglienza non possono essere soltanto piccoli ghetti. Si deve promuovere l’unità familiare, la possibilità delle famiglie di riunirsi. Il problema degli immigrati molto spesso è che le famiglie devono essere divise, perché non possono immigrare ambedue i genitori o perchè i figli restano nel Paese d’origine. C’è allora l’esigenza di accogliere la famiglia anche quando si tratta della celebrazione della fede, del modo specifico di pregare. L’amore è la forza capace di unire e di portare avanti il fenomeno migratorio con giustizia. L’amore familiare è capace di ricostruire la società.

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