Concezione ebraica e cristiana della famiglia
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Nella Pontificia Università Lateranense si è svolto il 26 ed il 27 marzo l’incontro sul tema “Concezione ebraica e cristiana della famiglia”. Il colloquio, proposto dall’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, è stato organizzato dal Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia di Roma e dallo Shalom Hartman Institute di Gerusalemme.
Sugli aspetti in comune tra la concezione ebraica e quella cristiana sul matrimonio, ascoltiamo il preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, mons. Rino Fisichella, al microfono di Amedeo Lomonaco.
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R. – Il primo elemento in comune, è quello che Gesù stesso ha richiamato quando ha voluto istituire il matrimonio cristiano ed è un rimando a quella dimensione originaria ed originante dell’atto creativo di Dio. Riprendendo il tema della genesi e della Torah, Dio li creò maschio e femmina e chiese che lasciassero il padre e la madre per unirsi l’uno con l’altro nell’amore ed in questa capacità di essere uno per l’altro segno della donazione totale. E’ evidente che siamo in una dimensione dell’amore e della dedizione e del dover pensare alla procreazione. Tutti questi elementi sono condivisi anche dalla concezione ebraica.
Famiglia e società
D. – La tradizione cristiana e la dottrina ebraica considerano la famiglia la base portante della società. Come si traduce nelle due concezioni questa centralità della famiglia?
R. – La centralità della famiglia, sia nell’una come nell’altra religione, è in primo luogo la dimensione di una continuità, sia la continuità del rapporto che la continuità della generazione. Ma all’interno di questa continuità della generazione pensiamo al grande valore che ha per Israele, come anche per la Chiesa cattolica, il tema della trasmissione della tradizione. Quindi la famiglia rimane il centro ed è il cuore dove la trasmissione della fede diventa centrale per le generazioni future.
Sul solco della conoscenze reciproca
D. – Si può dire dunque che questo incontro costituisca un ulteriore passo in avanti nel rapporto di conoscenza tra ebrei e cristiani?
R. – Certamente, però è una conoscenza che non è fatta più soltanto sui libri e sullo studio delle tradizioni, ma è una conoscenza fatta a livello di incontro interpersonale. L’istituto ‘Giovanni Paolo II’, si incontra appunto con professori del ‘Shalom Hartman Institute’ di Gerusalemme. E’ un incontro tra docenti, che permette sia lo scambio delle conoscenze che già si hanno, ma consente anche di avere nuove conoscenze che permettano di guardare al futuro in un modo diverso.
Valori comuni
D. – Al consigliere dell’Ambasciata di Israele presso la Santa Sede, Zvi Tal, chiediamo quali sono state a suo giudizio le novità emerse durante il dibattito:
R. – “La novità è che si incontrano professori, accademici, ricercatori sia del mondo cattolico che del mondo ebraico. L’idea è di delineare i valori comuni che esistono nelle due tradizioni religiose. Penso che il concetto condiviso sia la comprensione comune che esiste tra ebrei e cattolici dell’amore per Dio e per il prossimo come vocazione centrale della persona umana che si rispecchia anche nel matrimonio e nel nucleo familiare”.
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