A tu per tu con Francesco, il Papa e i poveri

Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – Il popolo di Dio in dialogo con il Papa: alcune testimonianze di persone con vite segnate dalla miseria e dall’indigenza.
Il Pontificato di Papa Francesco è stato un cammino accanto al popolo di Dio da rileggere anche attraverso le voci e i volti della moltitudine della grande famiglia umana che lo ha incontrato. Lo sguardo del Pontefice ha incrociato non solo quello dei potenti del mondo, di regnanti, governanti, leader religiosi. Migliaia e migliaia di persone, provenienti da tutta la Terra e da ogni condizione sociale, si sono trovate a tu per tu con Francesco. Per Francesco che ha scelto il nome del poverello di Assisi, i poveri in particolare sono sempre stati al centro del suo cuore. I suoi passi hanno affiancato quelli di coloro che vivono, anzi sopravvivono, nelle periferie esistenziali, da Bangui a Gaza, anche in quelle di Buenos Aires e Roma. Per queste persone fragili che la società spesso scarta, il Papa ha voluto nei pressi del Vaticano presidi di dignità, tra cui un ambulatorio, docce, ostelli e in tutto il mondo tanti altri tangibili segni, gesti di carità per gli invisibili. In diverse occasioni Francesco ha incontrato i poveri, ha pranzato con loro e ha ascoltato le loro angosce, anche i loro sogni.
“È tempo che ai poveri sia restituita la parola, perché per troppo tempo le loro richieste sono rimaste inascoltate”. (Papa Francesco, 12 novembre 2021)”.
Alcune testimonianze
Ad Assisi, il 12 novembre del 2021, l’abbraccio del Papa ai poveri del mondo è stato accompagnato da testimonianze toccanti. Quella del polacco Sebastian Olczak è la storia di chi ha vissuto una vita normale, poi stravolta da alcol e droga. È anche la vicenda personale di chi vuole cambiare vita perché nutrito, nonostante tutto, dall’amore di Dio.
Padre Santo, mi chiamo Sebastian, ho 37 anni. La mia vita, fino ai 16 anni, è stata normale: sono cresciuto in una famiglia cattolica. A 16 anni ho provato la droga e l’alcol: i miei amici sono diventati la mia famiglia. Sono iniziati i problemi con la legge: perdevo il rispetto per me stesso e per gli altri. Ho smesso di distinguere quello che è buono da quello che è cattivo. Purtroppo, diventava sempre peggio. Passavano gli anni. Dal 2007 sono un senzatetto. Dio mi ha inviato le persone dell’Associazione Opera di aiuto di San Padre Pio. All’inizio mantenevo le distanze: nella testa avevo le mie convinzioni. Ricadevo nelle cattive abitudini ma tutto sommato volevo cambiare la mia vita. Tante volte passavo accanto alle persone felici, in strada, accanto alle famiglie, alle chiese … Alla fine ho ammesso che da solo non ce l’avrei fatta. Mi sono fermato davanti a Dio così come ero; lo supplicavo di darmi una vita nuova, e ancora una volta Dio non mi ha voltato le spalle. Mi ha fatto vedere una vita stabile ma non necessariamente felice. La grazia di Dio è la mia esperienza quotidiana, è una cosa così bella che non la posso descrivere con le parole, quando ho nella testa i ricordi di me stesso quando dormivo sulle panchine, ero sporco e ubriaco. Dio mi permette di riconoscerLo nella Sua Parola. Prima mi odiavo, adesso mi accetto e grazie a Dio voglio cambiare la mia vita. Oggi mi sento un uomo vivere che guarda sé stesso e gli altri attraverso l’amore di Dio. Sono consapevole che mi aspetta ancora tanto lavoro su di me.
Un’altra testimonianza risuonata ad Assisi nel 2021 è quella di un ex senzatetto parigino, Gabriel Barbier, che in Francesco scorge non solo la figura del Pontefice ma soprattutto quella di un fratello, di un amico.
Grazie di cuore, caro Papa Francesco: Lei è la nostra guida in questa Giornata mondiale dei poveri. Mi chiamo Gabriel e vengo da Parigi. Sono della APA, Associazione per l’amicizia. Noi Le testimoniamo la nostra grande amicizia: Lei conosce le nostre debolezze, le nostre fragilità davanti a tante umiliazioni. Che noi, poveri in spirito, possiamo trovare la nostra forza in Dio, nostro Salvatore. Il Signore è la nostra più grande ricchezza. Beati i poveri, beati i miti, beati i misericordiosi, beati coloro che hanno sete di giustizia, beati i puri di cuore. Noi dobbiamo sempre essere fedeli nella gioia, nella letizia, nell’amore, anche se a volte ci vediamo un po’ ridicolizzati, a volte perseguitati a causa del Regno. Ma la nostra ricompensa è grande: grazie, cari Papa Francesco, grazie di essere nostro amico, nostro fratello.
Nella storia di una donna romena, Mariana Maftei, incontrata nel 2021 da Francesco ad Assisi, alla povertà si aggiunge anche la dura prova della malattia. Una testimonianza in cui, nonostante la sofferenza, non manca la gratitudine.
Caro Santo Padre, anche se i miei dolori sono fortissimi, sono tutta gonfia e non resisto più in questa sedia, sono contenta di essere qui, oggi, di conoscerLa di persona. Sono una ragazza romena, mi chiamo Mariana, ho 43 anni e sono arrivata in Italia 15 anni fa dalla Romania, il 6 giugno 2006, per fare la badante, lasciando a casa due bambini di sei e otto anni, per volontà di mio marito, contro la mia volontà di non lasciare i miei figli, alla ricerca di una vita migliore della povertà in cui vivevo. Nel 2008 ho perso mio marito dopo una breve e grave malattia. Sono tornata in Romania per stare con mio marito e i miei figli; dopo la morte di mio marito, ho preso i figli e sono tornata in Italia, per vivere qui. Qualche anno dopo, è iniziato il mio dramma. Una sindrome dolorosa devastante che ha attaccato la colonna lombare e gli arti inferiori: lo chiamavano un dolore benigno, perché non derivava da un tumore, ma in verità è stato devastante tanto da sconvolgere la mia vita familiare e lavorativa. Ringrazio tutti gli italiani che mi hanno aiutato, perché sono stati parecchi; ringrazio i dottori che mi sono stati e mi stanno vicino; ringrazio don Edoardo che non mi ha abbandonato mai. E ringrazio Dio per la forza che mi dà. Grazie, Santo Padre.
Coraggio e speranza
Dopo aver ascoltato con attenzione queste ed altre testimonianze, piene di sincerità, le parole di Papa Francesco, risuonate nel 2021 nella città del poverello di Assisi, sono un invito a non perdere mai il coraggio, a non smarrire la speranza.
Coraggio, perché le avete volute condividere con tutti noi, nonostante siano parte della vostra vita personale; sincerità, perché vi mostrate così come siete e aprite il vostro cuore con il desiderio di essere capiti. Ci sono alcune cose che mi sono piaciute particolarmente e che vorrei in qualche modo riprendere, per farle diventare ancora più mie e lasciarle depositare nel mio cuore. Ho colto, anzitutto, un grande senso di speranza.
Le testimonianze dei poveri che Papa Francesco ha custodito nel cuore sono quelle di un popolo che chiede soprattutto dignità, vicinanza, affetto. Anche quando la vita mostra un volto crudele, l’emarginazione, la sofferenza la solitudine e la mancanza di tante cose necessarie alla fine non impediscono di guardare oltre, di resistere, di vivere, di sperare.