A tu per tu con Francesco: il Papa e i migranti

Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – Il popolo di Dio in dialogo con il Papa: alcune testimonianze di persone che hanno lasciato i loro Paesi d’origine in cerca di un futuro migliore.
Quella di Papa Francesco è stata una voce instancabile in difesa di migranti e dei rifugiati, a partire dal viaggio a Lampedusa nel luglio del 2013 pochi mesi dopo l’elezione e da quelli in Grecia, nel 2016 e nel 2021, sull’isola di Lesbo.
“Permettetemi, fratelli e sorelle, di esprimere un mio sogno. Che voi migranti, dopo aver sperimentato un’accoglienza ricca di umanità e di fraternità, possiate diventare in prima persona testimoni e animatori di accoglienza e di fraternità. (Papa Francesco 3 aprile 2022)”
Le voci dei migranti
Durante gli anni del Pontificato, Francesco ha ascoltato molte di queste voci che parlano di deserti e tratti di mare diventati cimiteri. Daniel Jude, originario della Nigeria, ha racontato la sua storia a Francesco durante il viaggio apostolico nel 2022 a Malta ricordando proprio le terribili sofferenze spesso annodate a viaggi intrapresi per cercare un futuro migliore.
Caro Papa Francesco, sono Daniel e vengo dalla Nigeria.
Ho lasciato la mia città natale 5 anni fa. Dopo 13 giorni di viaggio, siamo arrivati nel deserto. Durante l’attraversamento, abbiamo incrociato cadaveri di persone e animali, auto bruciate e molte taniche d’acqua vuote. Dopo 8 giorni traumatici nel deserto siamo arrivati in Libia.
Coloro che dovevano ancora pagare i trafficanti per la traversata sono stati rinchiusi e torturati fino a quando non hanno pagato la loro quota. Alcuni hanno perso la vita altri hanno perso la testa. Ho avuto la fortuna di non essere tra loro.
…Abbiamo navigato per oltre 17 ore prima che una nave italiana ci salvasse. Ero eccitato e pieno di gioia. Le persone si erano inginocchiate per rendere grazie a Dio, per scoprire, poco dopo, che la nave stava tornando in Libia. Siamo stati consegnati alla guardia costiera libica e rinchiusi nel centro di detenzione di Ain Zara. Il posto peggiore dove trascorrere un solo giorno.
…Nove mesi dopo, ero di nuovo su una barca. Durante la prima notte, abbiamo incontrato onde alte. Quattro sono caduti in mare, purtroppo, siamo riusciti a salvarne solo due. Eravamo tutti spaventati a morte! Ho quasi perso la speranza e a quel punto mi sono addormentato sperando di morire. Mi sono svegliato il giorno dopo e l’umore era cambiato. Le persone accanto a me sorridevano e c’era una speranza nuova che ci animava. Abbiamo continuato a navigare finché non abbiamo incontrato dei pescatori tunisini che ci hanno dato pane, latte e acqua e hanno chiamato i soccorsi. Alla fine la nave è arrivata, ma abbiamo scoperto che si trattava della guardia costiera tunisina. Meglio che passare un’altra notte nel Mediterraneo. La nave è attraccata al porto e siamo stati portati a Zarzis, Tunisia. Le ONG ci hanno dato cibo, vestiti e riparo. Ricordo di aver scritto “Non mollare” con il dentifricio sul muro della mia stanza, vicino al mio letto.
È il desiderio di non mollare, di sperare quello che, nonostante tutto, anima una persona che lascia il proprio Paese per gli stenti, la miseria, la guerra. Lo ricorda durante il viaggio apostolico a Malta, un migrante che ha vissuto tutto questo. Il suo nome è Siriman Coulibaly. La sua testimonianza si chiude con una domanda fortemente ancorata al Pontificato di Papa Francesco.
Carissimo Papa Francesco, mi chiamo Siriman Coulibaly. Vivo ha Malta da 4 anni e mia moglie aspetta un bambino. Grazie per aver scelto di incontrarci qui…
Nessuno di noi lascia la propria patria per mancanza di amore verso il proprio paese. Al contrario, i nostri viaggi iniziano nella speranza di trovare un luogo sicuro. Fuggiamo dalla guerra, dai conflitti violenti, dalle violazioni dei diritti umani. Pochi si rendono conto che anche noi coltiviamo un sogno nel nostro cuore: vivere in un luogo dove la violenza è impensabile, dove le persone in tutta la loro diversità sono accettate per quello che sono, il nostro sogno si chiama Libertà e si chiama anche Democrazia. Noi crediamo in questo e molti di noi pensavano che l’Europa fosse quel tipo di luogo.
Quando scappi da una guerra civile, da un conflitto e dalla povertà estrema, non hai altro che la tua determinazione a vivere una vita migliore e il coraggio e la resilienza per affrontare tutte le sfide che incontri. Purtroppo, molti di noi non sono visti nella pienezza della loro umanità. Molti apprezzano le nostre lotte e ci aiutano a trovare un rifugio sicuro. Tuttavia, altri sfruttano la vulnerabilità delle persone che stanno lottando per una vita migliore. Donne, uomini, bambini e minori non accompagnati diventano facilmente vittime di sfruttamento e abusi e non sono trattati con la dignità che ogni essere umano merita. La dignità umana non è sempre data per scontata. Molti di noi l’hanno sperimentato sulla propria pelle. Per molti questo ha significato anni di sofferenza e incertezza. Il pieno rispetto di tutti i diritti umani è una lotta verso l’alto che continua in molti paesi. Oggi vogliamo ricordare alle persone che occupano posizioni decisionali e che detengono il potere, che i diritti umani e la dignità sono universali e innati, si riconoscono e si rispettano, non vengono concessi. Siamo Fratelli tutti vero?
Nel cuore di Francesco
Le parole rivolte dal Papa ai migranti, come in occasione del viaggio apostolico a Malta nel 2022, sono sempre state quelle di un fratello che non fa mai mancare la propria vicinanza, il proprio affetto.
Sono qui per vedere i vostri volti, per guardarvi negli occhi. Dal giorno in cui andai a Lampedusa, non vi ho mai dimenticato. Vi porto sempre nel cuore e siete sempre presenti nelle mie preghiere.
I migranti sono sempre stati nel cuore di Francesco. Non sono numeri ma volti, storie, semplicemente uomini e donne, fratelli e sorelle. Sono un volto del popolo di Dio. Ed anche una faccia, oggi ancor di più, del “popolo di Francesco”.