© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Cina si è ricordato, tra straordinarie misure, il 17.mo anniversario della repressione di piazza Tienanmen. Tra il 5 aprile ed il 4 giugno del 1989, moltissimi lavoratori, studenti e militari rimasero uccisi durante scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Il bilancio delle vittime è discordante: sono circa 800 secondo la CIA e 2.600 per la Croce rossa cinese. Gli studenti parlano, invece, di oltre 7.000 morti. Sui tragici eventi di piazza Tienanmen, ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

La protesta studentesca, cominciata nell’aprile del 1989, ebbe inizio dopo la morte di Hu Yaobang, vicesegretario del partito comunista considerato un liberale. A poche decine di studenti, che volevano esprimere in piazza Tienanmen il loro cordoglio per la sua scomparsa, si unirono, poi, migliaia di giovani. Dopo i primi scontri tra manifestanti e polizia, le proteste si fecero ancora più intense. Le dimostrazioni divennero, quindi, occasione per denunciare instabilità economica, mancanza di libertà e di democrazia in Cina. Ma il governo rifiutò il dialogo ed il 13 maggio molti giovani cominciarono lo sciopero della fame. Una settimana dopo, il governo dichiarò la legge marziale. Nella notte tra il 27 ed il 28 maggio, fu inviato l’esercito a riprendere il controllo della città.

Intervista con la professoressa Donatella Guida

La repressione fu sanguinosa e si concluse il 4 giugno. Ma quanto si è realmente saputo delle proteste di piazza Tienanmen? Risponde la professoressa Donatella Guida, docente di Storia dell’Asia orientale presso la Facoltà di studi orientali dell’Università “La Sapienza” di Roma:

R. – All’epoca in cui sono avvenute le proteste, sicuramente non si è saputo molto. Naturalmente, gli organi di stampa tacevano o minimizzavano quello che accadeva a Pechino. Ed anche negli anni successivi, basandosi esclusivamente sulle fonti cinesi e, in particolare, in cinese, non c’è molto. Comunque la rivolta è stata presentata in una maniera abbastanza criminalizzante, cioè come se si trattasse di una banda di esaltati che, con lo scopo di danneggiare lo Stato, stessero cercando di sobillare la popolazione.

D. – Professoressa, lei nel 1989 era in Cina per motivi di studio. Quale atmosfera si respirava nel Paese?

R. – Io mi trovavo a Shangai, non a Pechino, e quindi l’atmosfera era sicuramente un po’ diversa. Anche lì c’erano, comunque, grandi manifestazioni studentesche. Noi ascoltavamo le radio straniere,la BBC principalmente, e poi The Voice of America. Riuscivamo così ad avere qualche informazione, altrimenti non sarebbe praticamente trapelato nulla. Si respirava un’atmosfera di grande eccitazione, fondamentalmente, e io ricordo che non si aveva la percezione del pericolo, cioè di quello che poi sarebbe accaduto, ovvero che lo Stato avrebbe reagito in maniera così violenta.

D. – La celebre immagine dello studente che cerca di fermare i carri armati e l’avanzata oggi della Cina nei mercati internazionali sono l’emblema di un forte contrasto storico. Cosa è cambiato in questi anni in Cina?

R. – Dal punto di vista economico, c’è stato un balzo enorme. Dal punto di vista politico, la situazione è abbastanza ferma se ci riferiamo a quello che sono le riforme democratiche richieste nel 1989. Istituzionalmente, non è cambiato nulla. Probabilmente, i moti studenteschi hanno assunto altre forme. Il modo attualmente utilizzato è Internet. Ci sono molti blog dove gli studenti o altre fasce sociali discutono. Ogni tanto vengono chiusi.

Foto:

By Derzsi Elekes Andor [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], from Wikimedia Commons

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