Violenze anticristiane in Iraq, intervista con mons. Warduni

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Un altro Paese teatro di drammatiche violenze contro la comunità cristiana è l’Iraq. A Mossul, nell’ultima settimana, sono stati assassinati cinque cristiani. Alle uccisioni si aggiunge il clima di paura che minaccia anche la speranza nel futuro. Un futuro denso di ombre e incertezze come quello degli studenti del villaggio cristiano di Baghdida, che in questi giorni hanno disertato le lezioni dell’università di Mossul per il timore di atti terroristici.

Intervista con mons. Warduni

I vescovi iracheni ed il Consiglio dei leader cristiani in Iraq chiedono maggiore protezione e un immediato intervento da parte della comunità internazionale, come sottolinea mons. Shlemon Warduni, vicario patriarcale caldeo di Baghdad, intervistato da Amedeo Lomonaco:

R. – Noi chiediamo a tutti quanti, ai Paesi stranieri, al governo centrale e al governo della regione di Mossul di guardare veramente ai cristiani, come a dei buoni cittadini. Noi facciamo del nostro meglio per difendere l’Iraq. Siamo pronti a compiere i nostri doveri e per questo chiediamo i nostri diritti. Chiediamo di essere protetti, nient’altro.

Il contributo dei cristiani iracheni al sistema Paese

D. – Queste violenze contro i cristiani avvengono a due settimane dalle elezioni generali. Quali parole, quali azioni bisogna contrapporre a chi vuole un Iraq diviso, un Paese privo di una minoranza vitale come quella cristiana?

R. – Noi vogliamo che tutti partecipino alle elezioni, perché questo è un diritto ed è un dovere per tutti noi se vogliamo veramente costruire il nostro Paese. Poi si devono eleggere le persone adatte: non si deve badare alla religione, ai partiti o alle etnie ma si deve anteporre il bene dell’Iraq. Perciò, chiediamo di non politicizzare la questione dei cristiani, perché noi siamo con tutti quelli che vogliono il bene dell’Iraq, che vogliono costruire l’Iraq. Siamo pronti a fare tutto per questo, anche a chiedere a tutti quelli che lanciano questi attacchi di guardare al cielo, di aver timore di Dio, perché il Signore non vuole che nessuno uccida l’altro. La vita viene da Dio e torna a Lui, quindi noi siamo per un Paese che viva in pace e in sicurezza.

Iraq senza cristiani

D. – E in questo Paese i cristiani hanno partecipato anche all’edificazione, alla costruzione della cultura irachena. Cosa sarebbe l’Iraq senza cristiani?

R. – Certamente, mancherebbe una parte molto consistente e buona sia per la cultura sia per la civilizzazione e sia per il bene comune, perché amare gli altri non è tanto facile. Promuovere l’unità con tutti non è facile. Noi seminiamo proprio questo spirito di amore e di unità.

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