Usa. Proteste a Ferguson. Intervista con il prof. Fasce

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Negli Stati Uniti, seconda notte di coprifuoco nella città di Ferguson dove proseguono le manifestazioni di protesta dopo la morte del giovane nero ucciso lo scorso 9 agosto da un agente di polizia. Una persona, ferita in modo grave, è in condizioni critiche. Il governatore del Missouri ha chiesto l’intervento della Guardia nazionale. Per l’amministrazione Obama, la gestione delle proteste può rivelarsi un test cruciale: è quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, il prof. Ferdinando Fasce, americanista dell’Università di Genova:

 

R. – Dopo l’elezione di Obama qualcuno parlò, con un eccesso di ottimismo, di “società post-razziale”, di superamento delle tensioni razziali. E quest’anno che vede, come sappiamo, il mezzo secolo dall’approvazione di quella legge davvero rivoluzionaria che fu il “Civil Rights Act”, che eliminava la segregazione per legge, ci ritroviamo di fronte a questa situazione. Quindi, per Obama, che già ha i suoi problemi sul piano internazionale, si aggiunge questa seria sfida.

Stati Uniti, il peso della storia

D. – C’è chi parla di sproporzione tra sistema di difesa ed effettiva minaccia, chi parla di omicidio a sfondo razziale… Perché negli Stati Uniti le tensioni sociali rischiano sempre più spesso di superare il livello di guardia?

R. – Non bisogna dimenticare i secoli in cui si è accumulata una storia terribile: la storia della tratta, la storia della schiavitù. Quindi, questo tragico processo che è durato secoli ha lasciato purtroppo delle tracce che diventano particolarmente rilevanti in fasi di difficoltà economiche, in momenti di tensioni internazionali… Non bisogna dimenticare un elemento: le principali rivolte razziali si sono sempre svolte d’estate, in condizioni di particolare difficoltà per le popolazioni che abitano nei ghetti.

Strade Usa “militarizzate”

D. – Dopo l’episodio di Ferguson, si riaccende il dibattito sull’eccessiva “militarizzazione” delle strade americane. Ogni anno – denunciano alcune Ong – si spendono oltre 75 miliardi di dollari, proprio da destinare alle forze di polizia locali…

R. – Non bisogna però dimenticare l’altra faccia: ci sono problemi, molto probabilmente, nella formazione delle forze dell’ordine a livello locale. E poi, c’è questo grande rilancio del clima neo-conservatore e conservatore dell’ultimo trentennio del diritto di portare le armi. Ricordo che Detroit già nei primi anni Settanta – 1971 – c’era una pistola dichiarata ogni tre abitanti.

Armi e polizie locali

D. – E poi alle polizie locali – ricordano anche diverse Ong – viene permesso di usare armi da guerra in eccesso, che il Pentagono non sa più dove collocare dopo il ritiro da Iraq e Afghanistan…

R. – Sono le conseguenze della grande quantità di armi che si sono accumulate e della cultura delle armi che si è accompagnata a tutto questo.

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By Loavesofbread [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], from Wikimedia Commons

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