Torino, attesa festosa per il Papa

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Torino si prepara ad accogliere, domani, Papa Francesco. La visita pastorale, in occasione dell’ostensione della Sindone e del Bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco, si aprirà con l’Incontro con il mondo del lavoro, nella piazza antistante la Cattedrale. Il servizio del nostro inviato a Torino, Amedeo Lomonaco:

 

Torino, da due mesi animata da un flusso ininterrotto di pellegrini provenienti da tutto il mondo per visitare la Sindone, si prepara all’abbraccio con il Papa. Due giorni densi di incontri, a cominciare da quello domani mattina con il mondo del lavoro a pochi passi dal Duomo. Poi il Santo Padre, dopo la preghiera in cattedrale davanti alla Sindone, celebrerà la Santa Messa in Piazza Vittorio e reciterà l’Angelus. Il pranzo in arcivescovado con giovani detenuti del carcere minorile Ferrante, con alcuni immigrati, senza fissa dimora e una famiglia rom precederà nel pomeriggio la preghiera nel Santuario della Consolata, gli incontri con i salesiani e con gli ammalati e i disabili nella chiesa del Cottolengo.

Il programma del primo giorno

Il programma del primo giorno di visita si concluderà con l’incontro, in piazza Vittorio, dedicato ai giovani. Ieri sera, intanto, con la Santa Messa presieduta dall’arcivescovo di Torino, mons. Cesare Nosiglia, si è aperto l’Happening dei giovani e degli oratori. Un’occasione gioiosa per accogliere la croce delle Giornate mondiali della Gioventù portata a Torino da una delegazione di Cracovia, dove nel 2016 si terrà la prossima Gmg. Una serata scandita da musiche e preghiere aspettando Francesco.

Sull’attesa di questa festa e su come Torino si è preparata ad accogliere il Papa, dà una testimonianza il sindaco della città, Piero Fassino, intervistato da Amedeo Lomonaco:

 

R. – La città comincia già ad essere piena di pellegrini, così come in questi due mesi abbiamo visto quanti pellegrini e fedeli sono accorsi a Torino per venerare la Sindone. Quindi, la visita del Papa viene al culmine di una forte attrazione della città sul fronte religioso; questo è anche l’anno del bicentenario di Don Bosco: un anno in cui l’identità religiosa e cristiana della città ha l’occasione di manifestarsi pienamente, e fa di Torino una grande città di fede.

Una città di fede

D. – Una grande città di fede, ma anche una città che dimostra sempre la propria ospitalità, in particolare nei confronti dei migranti: a non molti chilometri da qui, a Ventimiglia, si è consumata purtroppo una ferita che ancora brucia per l’Italia, e Torino è un po’ un’eccezione da questo punto di vista…

R. – Sì, noi non abbiamo immigrati alle stazioni ferroviarie, e non perché non ci siano, ma perché abbiamo fatto una politica di accoglienza e di sostegno a questi profughi che stanno venendo anche nella nostra città, con il concorso di tutti i soggetti della società torinese: volontariato, terzo settore, parrocchie, organizzazioni sia laiche che religiose di assistenza… Credo che sia giusto: capisco, naturalmente, che un fenomeno così significativo dal punto di vista dei numeri possa suscitare paure, inquietudini e timori nella popolazione; ma i problemi non si risolvono denunciando le paure, si risolvono cercando di gestirle.

Torino con il Dna dell’intgrazione

E noi a Torino ci sforziamo di gestire il fenomeno dei profughi, quello dei rom – un altro fenomeno che investe tutte le grandi città, e anche la nostra – di gestire le tante criticità sociali che naturalmente la crisi ha enfatizzato. Lo possiamo fare perché siamo anche una città che ha nel suo Dna una grande esperienza d’integrazione: questa è una città che, tra il 1950 e il 1970, ha integrato oltre mezzo milione di italiani che venivano dal Sud o dal Veneto. Adesso siamo una città che, su un milione di abitanti, ha 150 mila cittadini di origine straniera, con un buon livello d’integrazione. Tutto questo, naturalmente, ci aiuta a gestire anche le emergenze.

La visita del Papa per Torino

D. – Ha parlato di immigrati, di persone senza fissa dimora, anche di una famiglia rom: settori della società che il Papa incontrerà durante questa visita. Cosa può rappresentare per Torino questa visita del Santo Padre?

R. – Rappresenta, intanto, un momento di riconoscimento di una storia e di un’identità della nostra città: Torino è la città dei “Santi sociali”, di Don Bosco, di Frassati, di Cafasso, di Don Orione, del Cottolengo, di una città che ha nella sua cultura e nella sua identità quel solidarismo cattolico-cristiano che è cresciuto insieme alla città lungo tutto il Novecento, e anche oggi. E poi, il fatto che il Papa venga in questo momento a Torino è molto importante per rivolgere da qui un appello all’Italia e al mondo: a essere capaci di guardare a quelli che soffrono non con gli occhi dell’egoismo, ma con gli occhi dell’accoglienza, della solidarietà e della fraternità.

Il sindaco e la Sindone

D. – A proposito di sofferenti: lei ha visto la Sindone, la testimonianza per eccellenza di chi ha sofferto sulla Croce. Cosa ha provato vedendo la Sindone?

R. – Io credo che quando si sosta di fronte a quel Sacro Lino tutti vivono un sentimento di emozione, di commozione, perché evoca una sofferenza drammatica e ci porta tutti a riflettere sulla necessità, con i nostri comportamenti individuali e collettivi, di ridurre le sofferenze del mondo.

L’incontro con gli ammalati e i disabili, sarà domani uno dei momenti centrali della visita di Papa Francesco a Torino. Amedeo Lomonaco ne ha parlato con il direttore dell’ufficio pastorale della Salute dell’arcidiocesi, don Marco Brunetti:

R. – Uno dei momenti qualificanti della visita di Papa Francesco a Torino è in questo luogo che per tutta la città di Torino, per tutta la diocesi, un po’ anche il simbolo dell’attenzione verso i malati e i sofferenti. È il luogo di un grande Santo, San Giuseppe Benedetto Cottolengo, ma anche di altri Santi che si sono ispirati alla sua carità verso i malati e le persone fragili.

Sindone specchio della Passione

D. – La Sindone è lo specchio della Passione di Gesù Cristo, è il resoconto di atroci sofferenze. Cosa significa per i malati poter vedere questo telo?

R. – Io ho visto in questi mesi, accompagnando molti malati disabili davanti alla Sindone che loro, nell’impatto e nel guardare questa immagine di Cristo impressa sulla Sindone, soprattutto si sono sentiti guardati. Si sono sentiti guardati dal Signore che porta i segni della passione e della sofferenza, ma in modo dignitoso. Quindi hanno trovato in questo sguardo del volto sindonico quella speranza e quella forza per saper affrontare il loro momento difficile che magari stanno attraversando, acquistando proprio un senso di speranza e di consolazione. Si sono lasciati guardare da questo volto del Cristo sofferente, intendendo che in tutti questi volti, anche dei sofferenti, c’è la presenza del Signore e del suo amore che è un amore grande.

La forza dei sofferenti

D. – I sofferenti trovano forza, speranza, consolazione, ma cosa si impara incrociando il volto di chi ha sofferto sulla Croce con quelli di chi soffre oggi, spesso confinato in periferie esistenziali?

R. – Si impara come veramente tutto è dono; non c’è nulla di scontato: la vita, la salute sono una grande grazia che il Signore concede. Per cui da questi malati sofferenti, dalla Passione stessa di Cristo, si capisce come tutto ciò che noi riceviamo sia dono e grazia e quindi bisogna saperlo apprezzare e soprattutto essere veramente servitori della vita e della salute come il Signore lo è stato, essendo sempre molto attento accanto a chi è malato e a chi soffre.

La Sindone e i più fragili

D. – A proposito di vicinanza, di servizio e di attenzione, l’ostensione della Sindone riserva un’attenzione speciale alle persone più fragili. Due strutture in particolare garantiscono ospitalità e assistenza a malati e disabili…

R. – Sì, questa è un po’ la novità di questa ostensione della Sindone. L’arcivescovo ha voluto privilegiare la categoria dei malati e disabili, insieme a quella dei giovani, per cui abbiamo allestito questi due “Accueil”. In questi mesi abbiamo ospitato diversi gruppi di malati disabili di associazioni come l’Unitalsi, l’Oftal, l’Ordine di Malta. Ma la cosa che ci ha un po’ impressionato è stato vedere anche tante singole famiglie con malati disabili che hanno chiesto di essere ospitate in questi “Accueil” per poter poi essere pellegrini e visitare la santa Sindone.

Modello di accoglienza

D. – Un modello di accoglienza per i malati che ricalca quello di Lourdes…

R. – Ci siamo proprio ispirati a Lourdes. Infatti li abbiamo chiamati così, alla francese, “Accueil”, non tanto perché essendo piemontesi siamo vicini alla Francia, ma proprio perché  volevamo lanciare questo messaggio – e mi pare che sia stato recepito – a tutte le associazioni che normalmente accompagnano malati e disabili pellegrini nelle varie parti del mondo, nei vari santuari, tra cui Lourdes forse è quello più conosciuto, che qui c’era la possibilità di avere luoghi analoghi. Luoghi quindi attrezzati, senza barriere architettoniche, con un’assistenza medico-infermieristica nelle 24 ore.

I malati e la Sindone

D. – E poi a malati e disabili è riservata anche una corsia prioritaria per la visita alla Sindone…

R. – Nel percorso normale di avvicinamento alla Sindone c’è un’assistenza da parte di volontari e una corsia privilegiata, però in modo speciale abbiamo dedicato loro il mercoledì pomeriggio che è stato molto utilizzato. Sono migliaia i malati che hanno approfittato del mercoledì pomeriggio, avendo così anche un ingresso facilitato con un percorso più ridotto e più agevole per malati e disabili – addirittura abbiamo attrezzato un varco per barellati o malati particolarmente gravi, ad esempio di Sla o di sclerosi multipla in stato avanzato, per potere essere accompagnati all’interno della cattedrale per venerare la Santa Sindone. Questo genere di malati gravi li abbiamo chiamati “i nostri vip”.

La guarigione interiore

D. – Per tutti e per questi “vip” la guarigione più importante è comunque quella interiore. La visita della Sindone può sicuramente favorire questa radicale trasformazione?

R. – Io credo di sì. La visita della Sindone è un modo, un mezzo con cui il Signore ci offre la possibilità di accogliere il dono della purificazione, della guarigione interiore e quindi che ci richiama a una salvezza che soprattutto è una salvezza di tipo spirituale. Incontrando e venerando la Santa Sindone, noi abbiamo questo grande segno dell’amore grande di Dio che è venuto per la salvezza: dalle sue piaghe siamo stati guariti.

Foto:

By zena011 (Flickr) [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons

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