“Abbiamo una strategia che ci porterà alla vittoria”. Con queste parole il presidente statunitense, Gorge Bush, ha commentato il terzo anniversario dell’attacco angloamericano contro l’Iraq di Saddam Hussein, scattato nel marzo del 2003. Ma ripercorriamo le fasi di quel raid e la drammatica situazione irachena nel servizio di Amedeo Lomonaco:

 

Era l’alba del 20 marzo 2003. Il primo raid aereo su Baghdad annunciava l’inizio dell’offensiva delle forze della Coalizione contro l’Iraq. L’attacco era scattato dopo la scadenza dell’ultimatum del presidente americano George Bush all’allora capo di Stato iracheno, Saddam Hussein.

L’annuncio di Bush

Poche ore prima dell’avvio dell’operazione militare, Bush aveva annunciato la decisione di attaccare l’Iraq in un discorso rivolto alla nazione:

MY FELLOW CITIZENS, AT THIS HOUR, AMERICAN AND COALITION…

 Miei concittadini – aveva detto Bush in quell’occasione – a quest’ora le forze americane e della Coalizione sono impegnate nelle prime fasi dell’operazione militare volta a disarmare l’Iraq, a liberare il suo popolo  e difendere il mondo da un grave pericolo.

THESE ARE OPENING STAGES OF WHAT WILL BE A BROAD AND CONCERTED CAMPAIGN…

 Queste, aveva aggiunto Bush, sono le fasi iniziali di quella che sarà una campagna ampia e concertata.

La replica di Saddam Hussein

Poco dopo, il presidente iracheno Saddam Hussein era comparso davanti alle telecamere esortando il suo Paese ad una risposta:

(Parole di Saddam Hussein in arabo)

Coloro che sono oppressi sono autorizzati a combattere, aveva dichiarato Saddam. E’ stato commesso il crimine che Bush e i suoi alleati stavano minacciando di perpetrare contro l’Iraq e l’umanità, aveva poi detto Saddam.

L’appello di Giovanni Paolo II

Alcuni giorni prima dell’attacco, durante l’Angelus del 16 marzo 2003, Giovanni Paolo II levava ancora una volta con forza la sua voce per la pace, ripetendo l’appello di Paolo VI: “Mai più la guerra!”

“Di fronte alle tremende conseguenze che un’operazione militare internazionale avrebbe per le popolazioni dell’Iraq e per l’equilibrio dell’intera regione del Medio Oriente, già tanto provata, nonché per gli estremismi che potrebbero derivarne – dico a tutti: c’è ancora tempo per negoziare; c’è ancora spazio per la pace; non è mai troppo tardi per comprendersi e per continuare a trattare”.

Dal 2003 quasi 40 mila vittime tra i civili

Dopo quel primo attacco, l’offensiva della coalizione è continuata portando un mese dopo alla caduta di Saddam Hussein e nel luglio del 2003 alla riunione del primo governo del nuovo Iraq. Le fasi successive, scosse da una interminabile serie di attentati da parte di ribelli, fanno registrare la firma della prima Costituzione e la formazione del primo governo provvisorio nel 2004. Il 2005 si apre con le prime elezioni libere. Nelle successive parlamentari dello scorso mese di dicembre si afferma la coalizione sciita che in questi giorni sta cercando un’intesa con curdi e sunniti per formare il nuovo governo. Ma il bilancio di questo percorso teso a riportare la democrazia in Iraq, è pesantissimo: a partire dal 2003, sono circa 38 mila i civili iracheni rimasti uccisi e più di 2300 gli americani morti.

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