Save the Children: ancora pochi i fondi per proteggere i minori in zone di guerra

© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews L’organizzazione internazionale Save the Children denuncia, nel suo ultimo dossier, la mancanza di fondi per la protezione dei minori in Paesi sconvolti da conflitti

“Non protetti, crisi nel finanziamento umanitario per la protezione dell’infanzia”. È incentrato su questo tema il rapporto curato da Save the Children in occasione del summit, in corso a New York fino al prossimo 18 luglio, sugli obiettivi di sviluppo sostenibile fissati dalle Nazioni Unite. Tra le finalità del vertice, c’è quella di promuovere interventi tesi a sostenere i bambini che vivono in aree scosse da conflitti. Lo studio di Save the Children è, in particolare, un campanello d’allarme affinché la comunità internazionale intraprenda azioni immediate per prevenire le violazioni dei diritti dei bambini e risponda all’urgente necessità di proteggere i minori.

Nelle zone di conflitto bambini sempre più vulnerabili

Dal dossier emerge che, sebbene il finanziamento umanitario complessivo nell’ultimo decennio sia stato incrementato, è aumentato ancora di più il bisogno di interventi per la protezione dei bambini: dal 1990 ad oggi, il numero di minori che vive in zone colpite da conflitti è quasi raddoppiato. Dal 2010, le gravi violazioni accertate contro i bambini si sono quasi triplicate. In questo contesto globale sempre più preoccupante, sono insufficienti i fondi stanziati per assicurare la protezione dei bambini durante le crisi umanitarie. In Paesi come l’Afghanistan e la Repubblica Centrafricana, per esempio, nel 2018 sono stati rispettivamente stanziati solo il 18% e il 25% dei fondi indispensabili per la protezione dei minori.

Save the Children: difendere i bambini è una battaglia di civiltà

Sono almeno 420 milioni i bambini che vivono in Paesi scossi dal dramma della guerra. Lo ricorda Filippo Ungaro, portavoce di Save the Children, sottolineando che da parte della comunità internazionale manca una risposta adeguata.

R. – Purtroppo l’esigenza di proteggere i bambini da qualsiasi tipo di violazione nelle situazioni di conflitto, attualmente non viene riconosciuta: c’è una lacuna molto grande per quanto riguarda i fondi necessari da destinare a questa tipologia di interventi. Solo lo 0,5 percento dei fondi umanitari viene destinato alla protezione, nonostante sia duplicato, negli ultimi decenni, il numero dei bambini coinvolti nei conflitti armati. Oggi sono 420 milioni i bambini che vivono in Paesi in conflitto.

Tra le molteplici piaghe che colpiscono i bambini nelle zone di guerra c’è quella del reclutamento dei bambini da parte di gruppi armati …

R. – Nei Paesi in conflitto le violenze sui bambini possono essere di ogni tipo: possono essere uccisi o feriti, possono subire degli abusi sessuali, possono essere sfruttati in vario modo. Poi c’è la piaga dei bambini soldato. Ancora oggi tantissimi bambini, almeno 320 mila, vengono reclutati come soldati per combattere attivamente o per svolgere varie mansioni. Il problema è molto grave perché i bambini, una volta recuperati – nell’eventualità in cui questo accada – devono essere adeguatamente reinseriti nelle loro comunità e nelle loro famiglie. Spesso tutto questo non è possibile proprio perché ci vogliono dei fondi.

Nei Paesi teatro di conflitti il futuro di intere generazioni è anche minacciato da attacchi contro scuole, ospedali …

R. – Questo è un altro gravissimo problema. Save the Children ha sperimento direttamente questo tipo di violenze nelle proprie scuole, negli ospedali. Questo è un gravissimo problema perché, secondo il diritto internazionale, questi luoghi dovrebbero essere assolutamente protetti, dovrebbero essere luoghi di pace. La nostra umanità si misura anche dal grado di protezione che possiamo dare ai nostri figli. Oggi, la comunità internazionale non sta facendo tutto questo in maniera adeguata.

C’è poi il dramma, nelle aree di conflitto, dei bambini separati dalle loro famiglie …

R. – Nelle situazioni di crisi, è molto facile che i bambini, magari durante una fuga, possano separarsi dai propri genitori per una serie di ragioni e motivi. Parliamo di bambini veramente anche molto piccoli, di cinque, dieci o dodici anni. Rimangono abbandonati a loro stessi e possono subire ogni tipo di violenza e sfruttamento. È importante poi ricongiungerli al più presto con le loro famiglie. Questa è un’attività di cui Save the Children si occupa da moltissimo tempo che, però, deve essere intensificata. La comunità internazionale, in questo, deve dedicare maggiore attenzione.

Qual è l’appello di Save the Children?

R. – Noi chiediamo alla comunità internazionale di aumentare, in maniera drastica, i fondi destinati alla protezione dei minori. Ricordo che attualmente sono assicurati solo lo 0,5% del totale dei fondi umanitari. Chiediamo di arrivare almeno al 4%. In questa maniera, si potranno intraprendere dei progetti e sviluppare delle attività che possano, finalmente, proteggere i bambini nelle aree di conflitto. Da febbraio, stiamo portando avanti una campagna proprio per proteggere e difendere i bambini coinvolti nei conflitti armati. Crediamo sia una indispensabile battaglia di civiltà, di pace e di umanità.

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