Rapporto Svimez: Sud sempre più al ribasso

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

L’Italia, sul fronte economico, è un Paese diviso in due, con crescenti disuguaglianze tra Nord e Sud. E’ quanto emerge dalle anticipazioni del “Rapporto Svimez 2014” sull’economia del Mezzogiorno. Dai dati, illustrati durante una conferenza stampa alla Camera, emerge che il Sud, a forte rischio di desertificazione industriale, è sempre più povero. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

Il divario del Pil pro capite tra Nord e Sud è tornato ai livelli di dieci anni fa. Nel Mezzogiorno, dal 2008 al 2013 i consumi delle famiglie sono diminuiti del 13% e gli investimenti nell’industria sono calati addirittura del 53%. Il numero degli occupati, nelle regioni meridionali, è di 5,8 milioni, il livello più basso dal 1977. Si continua a emigrare e a non fare figli. Nel 2013, al Sud si sono registrate 180 mila nascite, un livello che riporta al minimo storico registrato oltre 150 anni fa. Il Mezzogiorno è stato anche duramente colpito dalla crisi.

Oltre un milione di famiglie in povertà assoluta

Le famiglie nella povertà assoluta, dal 2007 al 2013, sono passate da 443 mila a un milione e 14 mila nuclei. Ma perché non si riduce la forbice tra Nord e Sud? Il direttore di Svimez, Riccardo Padovani:

“Non diminuisce perché si sta generando un meccanismo sostanzialmente vizioso. Intanto, la durata della crisi al Sud è stata molto più lunga. Dal 2007, il Mezzogiorno è sempre stato in recessione. Non così il Nord, che aveva fatto registrare due anni di ripresa. E, fatto più grave, si prevede anche che, nel prossimo biennio, il Sud seguiterà a essere in recessione. Viene fuori, quindi, una durata di otto anni che anche solo in termini di analogia incomincia ad avvicinarsi a quella che fu la durata della Grande Depressione, dopo la crisi del ’29”.

Serve una risposta per il lungo periodo

“Per affrontare tutto questo serve una risposta non nel campo della congiuntura, ma dello sviluppo di lungo periodo. Per promuovere lo sviluppo, oltre alle politiche di welfare, che possono avere effetti anticiclici, serve un piano di primo intervento, che pur in un’ottica di emergenza deve essere coerente con la strategia di rilancio dello sviluppo. Questo è quello che si seppe fare negli anni ’50 e ’60: occorre che lo Stato torni ad essere parte attiva, come regista”.

Tra Nord e Sud divario crescente

Anche le previsioni confermano, per il 2014, il divario tra Nord e Sud: il Pil dovrebbe crescere dell’1,1% nel Centronord e diminuire dello 0,8% nelle regioni meridionali. Al Sud, dove nel 2014 continueranno a calare consumi delle famiglie e investimenti, si prevede un’ulteriore perdita di posti di lavoro dell’1,2%. Da notare, inoltre, che le manovre, effettuate dal 2010 ad oggi dai vari governi in rapporto al Pil, sono pesate più nel Mezzogiorno rispetto al Centronord. Nel 2015, si prevedono poi tagli alla spesa doppi al Sud rispetto alle regioni del Centro Nord.

Spiragli di crescita nel Mezzogiorno

Tra i segnali positivi le esportazioni, che nel Mezzogiorno dovrebbero far registrare, nel 2014, un incremento dell’1,4%. Alcuni politici, e non solo, considerano il Sud la zavorra dell’Italia. O è l’Italia il vero freno del Sud? Ancora Riccarco Padovani:

“Io penso che la crisi del Nord nasca dal Nord stesso e dalle sue difficoltà di posizionamento competitivo. Quello che è importante da dire invece è che, indubbiamente, la condizione del Sud è una condizione che limita le possibilità di sviluppo del Nord, perché quella caduta della domanda interna e dei consumi, così forte, chiaramente è un danno per il Nord. Anche il Nord è esportatore, ma il 70% della produzione è sul mercato nazionale”.

La ripartenza del Sud è un bene anche per il Nord

“Quindi, noi crediamo che mantenere il Sud in questo stato di depressione, di consumi delle famiglie e della domanda interna, danneggi anche il Nord. Il Nord avrebbe tutto da beneficiare da una ripartenza della domanda delle famiglie meridionali. Il Nord ha tuttora un livello di spese in opere pubbliche abbastanza invariato dagli anni ’70. Nel caso del Sud, siamo arrivati ad un quinto di quel livello. E’ una continua discesa, nel corso del tempo, della spesa per le infrastrutture del territorio e per la sua armatura infrastrutturale”.

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