Presto Beati il vescovo di Orano e i monaci trappisti uccisi in Algeria

© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews: Papa Francesco ha ricevuto, ieri pomeriggio, il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il Dicastero a promulgare i Decreti relativi ad una prossima nuova Santa, 23 nuovi Beati, tra cui 19 martiri uccisi in Algeria tra il 1994 e il 1996 in odio alla fede – come il vescovo di Orano Pierre Claverie e i sette monaci trappisti di Tibhirine – e una laica romena dell’Ordine francescano secolare. La Chiesa ha anche 2 nuovi Venerabili Servi di Dio.

Nazaria Ignazia March Mesa, missionaria in America Latina

La prossima nuova santa, Nazaria Ignazia March Mesa, nata in Spagna nel 1889 ed emigrata con la famiglia in Messico, ha dedicato gran parte della propria vita ad opere di carità. A Buenos Aires, in Argentina, “mossa da spirito missionario – si legge nel Martirologio romano – dedicò tutta se stessa all’evangelizzazione dei poveri in varie nazioni dell’America Latina e fondò l’Istituto delle Missionarie Crociate della Chiesa”.

Il martirio dei monaci di Tibhirine

E’ la notte tra il 26 e il 27 marzo del 1996. Sette monaci trappisti vengono rapiti da uomini armati. Si tratta di Christian de Chergé, Luc Docher, Christophe Lebreton, Michel Fleury, Bruno Lemarchand, Celestin Ringeard e Paul Favre-Miville. Il sequestro è stato rivendicato, un mese dopo, da estremisti islamisti del Gruppo Islamico Armato (Gia). Dopo inutili trattative, il 21 maggio i terroristi hanno annunciato l’uccisione dei monaci, di cui sono state ritrovate solo le teste decapitate. Le circostanze esatte della loro morte non sono mai state completamente chiarite e, nel 2013, la magistratura francese ha riaperto le indagini. Nel suo testamento spirituale, stilato tra il dicembre 1993 e il gennaio 1994, il priore frère Christian de Chergé scrive: “Se mi capitasse un giorno (e potrebbe essere oggi) di essere vittima del terrorismo che sembra voler coinvolgere ora tutti gli stranieri che vivono in Algeria, vorrei che la mia comunità, la mia chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e a questo Paese. Che sapessero associare questa morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza e nell’anonimato”.

Cimitero del monastero di Tibhirine in Algeria

Il ricordo di Papa Francesco dei monaci di Tibhirine

Papa Francesco ha ricordato la drammatica storia dei monaci di Tibhirine, nella prefazione di un libro, L’héritage (a cura di Christophe Henning, Paris, Bayard, 2016). “I sette monaci di Tibhirine – scrive il Santo Padre – sono stati assassinati dopo lunghi giorni di sequestro, vittime della lotta fratricida che dilaniava il Paese”. “Ma gli assassini – aggiunge il Papa – non hanno preso loro la vita: l’avevano donata in anticipo, proprio come gli altri dodici religiosi e religiose, tra i quali il nostro fratello vescovo Pierre Claverie, ucciso in Algeria durante quegli anni bui”. “Siamo invitati – si legge ancora nella prefazione – ad essere a nostra volta segni di semplicità e di misericordia, nell’esercizio quotidiano del dono di sé, sull’esempio di Cristo. Non ci sarà altro modo di combattere il male che tesse la sua tela nel nostro mondo. A Tibhirine si viveva il dialogo della vita con i musulmani; noi, cristiani, vogliamo andare incontro all’altro, chiunque egli sia, per allacciare quell’amicizia spirituale e quel dialogo fraterno che potranno vincere la violenza”. “Per conquistare il cuore dell’uomo, bisogna amare, confidava fratel Christophe, il più giovane della comunità. Ecco il messaggio – scrive il Papa – che possiamo serbare nel nostro cuore. È semplice e grande: sull’esempio di Gesù, fare della nostra vita un Ti amo”.

Il martirio di mons. Pierre Claverie

Settanta giorni dopo il brutale assassinio dei sette monaci della comunità di Tibhirine, viene ucciso, sempre in Algeria, mons. Pierre Claverie, vescovo di Orano. E’ vittima a 58 anni – insieme con il suo autista musulmano – di un attentato mentre rientrava in auto, alla sera, nella sua residenza. Due mesi prima di morire aveva detto in una omelia: “Dopo l’inizio del dramma algerino mi è stato chiesto più di una volta: ‘Ma cosa ci fate laggiù? Perché rimanete in quel Paese? Scuotete finalmente la polvere dai vostri calzari e tornatevene a casa’. Ma dov’è davvero la nostra casa? Noi siamo in Algeria per amore di questo Messia crocifisso solo e unicamente per amore suo, non abbiamo alcun interesse da salvare, alcuna influenza da difendere; non siamo stati spinti da alcuna perversione masochista, non abbiamo alcun potere, ma siamo laggiù come al capezzale di un amico, di un fratello, ammalato, in silenzio, stringendogli la mano solo per amore di Gesù, poiché è lui che sta soffrendo a motivo di questa violenza che non risparmia nessuno, crocifisso nuovamente nella carne di migliaia di innocenti. Come Maria, la madre e l’apostolo Giovanni, anche noi ci troviamo ai piedi della Croce su cui Gesù muore abbandonato dai suoi e schernito dalla folla. Non è forse il dovere di ogni cristiano essere presente nei luoghi dove qualcuno viene respinto e abbandonato?”.

Veronica Antal, uccisa come Santa Maria Goretti

Sarà presto Beata anche Veronica Antal, laica romena dell’Ordine francescano secolare. Nata il 7 dicembre 1935 nel nord della Romania, a Nisiporesti, sin da ragazza adotta uno stile di vita claustrale tra le mura di casa. In quel periodo, in cui l’ateismo di Stato impone la chiusura delle congregazioni religiose, vive una spiritualità nutrita dell’Eucaristia e illuminata dal rosario. La sera del 24 agosto 1958 viene aggredita vicino ad un campo di granoturco da un giovane del paese, che tenta inutilmente di violentarla. Viene uccisa con quarantadue coltellate. Proprio in quei giorni, Veronica stava leggendo la biografia di Santa Maria Goretti, canonizzata nel 1950 da Papa Pio XII. Prima del tragico episodio, aveva confidato a due amiche che anche lei si sarebbe comportata come la santa di Nettuno. “Io – aveva scritto Veronica su un foglietto – sono di Gesù e Gesù è mio”.

Don Ambrosio Grittani, una vita di amore per i poveri

Proclamato Venerabile Servo di Dio, don Ambrosio Grittani. Nato nel 1907 a Ceglie del Campo (Bari), svolge a Molfetta la sua azione apostolica. Docente di lingua e letteratura latina presso il Pontificio Seminario regionale liceale e teologico, pubblica numerosi articoli giornalistici sul settimanale diocesano “Luce e vita”. Nel 1941 comincia a prendersi cura spirituale e materiale dei poveri di Puglia e fonda l’Opera Pia “San Benedetto G. Labre”. “Quando compresi – si legge in un suo scritto – che la società è divisa in due classi – quella dei forti e quella dei deboli, dei felici e degli infelici, quella dei ricchi e quella dei poveri – decisi di consacrare la mia vita a sfamare i poveri, confortare gli infelici e sostenere i deboli”.

Anna-Maria Maddalena Delbrél, dall’ateismo alla conversione

Dichiarata Venerabile anche Anna-Maria Maddalena Delbrél. Nata nel 1904 a Mussidan, in Francia, a 15 anni si dichiara atea. A 20 anni comincia un profondo cammino di conversione, dopo l’incontro con alcuni giovani cristiani ai quali – scrive – “Dio pareva essere indispensabile come l’aria”. Nel 1933, insieme ad un gruppo di ragazze, si trasferisce a Ivry, sobborgo parigino operaio, con l’intento di vivere in mezzo ai poveri ed annunciare il Vangelo. Definita dal cardinale Carlo Maria Martini “una delle più grandi mistiche del XX secolo”, ha vissuto una vita di comunità, nel celibato, nella preghiera, nel lavoro e nella testimonianza del Vangelo.

Foto:

Monaci trappisti, Wikimedia Commons

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