© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Iraq la violenza non si ferma: ieri in due diversi agguati sono stati uccisi due soldati statunitensi e un alto funzionario del Ministero degli Esteri iracheno. E oggi una bomba è esplosa davanti alla Chiesa del Sacro Cuore a Baghdad, durante le celebrazioni pasquali, ferendo 4 persone. Ma la comunità cristiana continua a sperare in una pacificazione che riporti la sicurezza e fermi l’esodo di tanti fedeli. Sulla situazione Amedeo Lomonaco ha sentito il vicario patriarcale caldeo di Baghdad, mons. Shlemon Warduni:

R. – Da una parte le cose stanno un po’ peggiorando per il numero dei cristiani che diminuisce sempre di più. Dall’altra parte ci sono ancora molti cristiani nel Paese e abbiamo pregato per avere speranza, per essere con Gesù, per vivere la gioia di poter offrire tutto a Lui per partecipare alla sua sofferenza per la salvezza di tutta l’umanità e così per arrivare, rinnovati attraverso la penitenza, alla Risurrezione del Signore. Quindi la nostra speranza è fortificata perché mettiamo tutto nelle mani del Signore.

Rinascita dell’Iraq

D. – Anche perché questo affidarsi al Signore potrà veramente portare ad un’autentica rinascita dell’Iraq …

R. – Questo vogliamo, questo aspettiamo, per questo noi preghiamo. Preghiamo per avere un governo stabile, preghiamo perché il Signore allontani da noi le violenze e perché allontani l’odio da tutto il Medio Oriente che brucia nelle divisioni fra la gente. Preghiamo che il Signore sulla Croce unisca tutti quanti, che il Signore risorto ci dia la sua grazia per poter vivere la gioia della Pasqua e la felicità, la grazia della Risurrezione. Abbiamo la speranza che il Signore sia sempre con noi per poter vivere la sua Pasqua, per poter dire alla gente: guardate che Dio ama tutti ed è sempre con noi.

India: si annuncia Gesù risorto anche tra le persecuzioni

 In India le comunità cristiane hanno celebrato la Pasqua con gioia, nella speranza che possano finire presto le violenze perpetrate contro i fedeli da minoranze estremiste. D’altra parte, anche molti indù si interrogano sul significato della Passione e della Risurrezione di Gesù, come ricorda il vescovo di Nashik, mons. Felix Anthony Machado, intervistato da Amedeo Lomonaco:

R. – Gesù è molto amato da tante persone ed è’ amato soprattutto perché ha sofferto per perdonare l’uomo. C’è un grande affetto per Gesù Crocifisso: sono tanti gli indù – quasi due milioni – che il Venerdì Santo si recano in Chiesa. E gli indù partecipano silenziosamente, vedendo questo amore di Dio per l’umanità, manifestato in Gesù Cristo. Pasqua, per noi, è veramente una festa densa di significato perché la gente sa che i cristiani fanno il digiuno, l’elemosina e pregano. E’ un periodo durante il quale tutti, anche i non cristiani, sanno che per noi è un periodo Santo e che questi giorni sono i più importanti della nostra liturgia.

In India violenze anticristiane

D. – In India, però, soprattutto in alcuni Stati, i cristiani sono vittime di discriminazioni, di persecuzioni…

R. – E’ una piccola minoranza che fa queste cose, una minoranza di fondamentalisti. La maggioranza è con noi. Mi dispiace molto che questo piccolo gruppo, questa minoranza, parli troppo ad alta voce e sia potente in una zona dove i cristiani sono una minoranza. Io, però, non direi che in India tutti i cristiani siano perseguitati. Oggi c’è una sorta di odio contro i missionari cristiani indiani, perché noi non abbandoniamo la Parola di Dio e proclamiamo Gesù e il suo Vangelo a tutti. Se qualcuno decide di essere battezzato dobbiamo farlo perché non siamo noi, ma è Dio che lo accoglie. La fede della gente è ferma e molto salda.

Sudan: esodo di cristiani verso il Sud

In Sudan, violenti scontri nella regione meridionale dell’Unité, ricca di risorse petrolifere, stanno provocando la fuga di migliaia di civili. Il Paese sta vivendo momenti di grande tensione nell’attesa che a luglio il Sud Sudan, abitato in gran parte da cristiani e animisti, diventi uno Stato indipendente staccandosi dal Nord, arabo e islamico. In questo contesto, la comunità cattolica di Khartoum vive una Pasqua di sofferenza, anche per l’esodo di tanti cristiani verso il Sud come ci riferisce padre Benito Buzzacarin, missionario comboniano da 48 anni in Sudan, raggiunto telefonicamente a Khartoum da Amedeo Lomonaco:

R. – Cristo è morto e Risorto e noi, quindi, cantiamo l’Alleluia con gioia, solo che quest’anno lo cantiamo in modo del tutto unico e particolare in Sudan: una buona parte, metà – forse anche più – dei cristiani, sono spariti da qui e sono tornati – dopo il referendum del 9 gennaio – al Sud. Una buona fetta dei nostri cristiani sud sudanesi sono tornati a casa e quindi la nostra Chiesa, che era composta da africani, da neri, è adesso decimata. Un po’ tutte le parrocchie risentono di questa nuova situazione, che fa un po’ soffrire, porta un po’ di tristezza.

Prospettive e speranze per il Nord Sudan

D. – Dunque un nuovo contesto, una nuova situazione innescata dall’indipendenza del Sud Sudan, che verrà sancita a partire dal prossimo mese di luglio. Quali, a questo punto, le prospettive e le speranze per il Nord Sudan?

R. – “Il 9 luglio verrà dichiarata l’indipendenza del Sud e qui al Nord avremo e abbiamo tuttora un numero non preciso di cristiani che hanno fretta di tornare al Sud. C’è un grande movimento di questi sudisti che vogliono tornare a casa prima dell’indipendenza. I motivi sono variegati: anzitutto, c’è la fretta di tornare dai parenti, costruirsi una casa e trovare un lavoro; in secondo luogo, c’è la necessità di trovare i mezzi per trasferirsi nel Sud, perché qui le distanze sono grandi, anche di alcune migliaia di chilometri. E quindi stanno aspettando che il governo del Sud offra loro questa possibilità”.

Nord Sudan dopo l’indipendenza del Sud

“Possiamo quasi dire che si tratta di un movimento biblico… Dopo l’indipendenza, la prospettiva per il Nord sarà complessa: ogni giorno veniamo bombardati da queste notizie: il Nord – si dice – verrà islamizzato, la legge islamica – che è già in vigore – dicono che verrà applicata nella sua interezza. E questo lo troviamo in pochissimi Paesi. Vuol dire che la Chiesa avrà spazi molto, ma molto limitati. La nostra paura è questa… Ma siamo nelle mani di Dio: la Chiesa non è nostra, è sua e, dopo, ci penserà Lui”.

Brasile.,Pasqua tra gli emarginati

In Brasile, nei volti dei bambini e dei ragazzi delle favelas, lasciati ai margini della società e abbandonati dalle loro famiglie, si scorge la speranza di una vita nuova, di una “Pasqua” che restituisca loro la capacità di amare e la gioia di essere amati. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonacopadre Renato Chiera, sacerdote fidei donum, fondatore della “Casa do Menor” di Rio de Janeiro:

R. – Gesù ha vinto la morte e Lui ci dà la forza anche per la conseguire nostra vittoria. Noi della “Casa do Menor” che siamo sparsi per il Brasile, aiutiamo Gesù a far risorgere tanti Lazzaro. Bisogna aiutare Gesù a farli risorgere. Lui ha inaugurato la Pasqua, però noi dobbiamo continuare la sua opera. Risorgere vuol dire passare dalla morte alla vita, vuol dire amare. Allora questo è l’augurio di buona Pasqua: che Gesù ci faccia risorgere ma ci aiuti anche a pensare agli altri, ad accogliere tutti ma soprattutto quelli che fanno più fatica a vivere, ad aiutare questi Lazzaro ad avere una vita nuova.

Storie di rinascita

D. – A proposito di vita nuova, ci sono purtroppo grandissime difficoltà ma sicuramente anche storie di autentica rinascita …

R. – “Certo noi abbiamo molti ragazzi. Sono arrivati due ragazzi che erano stati minacciati di morte, che avevano dipendenza dal crack: li abbiamo accolti e loro adesso stanno iniziando una nuova vita. Mi dicono: “Padre, se non ci fosse la ‘Casa do Menor’ noi saremmo già morti”. Sono arrivati anche tre neonati: una neonata è stata venduta dalla mamma per 10 real perché voleva comprare una dose di crack; l’altra è stata abbandonata in ospedale e anche per l’altro c’erano sospetti che il papà in questo caso volesse venderlo”.

La più grande tragedia è non essere figli

“Adesso questi bambini cominciano a sorridere. Questa è la Pasqua! Abbiamo accolto tre ragazzi della strada che adesso stanno facendo un percorso di formazione perché da “figli dell’abbandono” vogliono diventare “papà degli abbandonati”. Si stanno formando per poter diventare domani educatori. Sono tutti segni di Pasqua molto grandi. La più grande tragedia è non essere figli, è non essere amati. L’essere umano è fatto per amare ed essere amato e quando non riesce a fare questo distrugge se stesso e vuole distruggere gli altri. Noi dobbiamo recuperare un rapporto con Qualcuno con la “Q” maiuscola che mi ama, che mi ama sempre”.

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