Natale nel mondo

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Il Natale in Terra Santa è iniziato ieri con il tradizionale ingresso a Betlemme del patriarca latino di Gerusalemme Fouad Twal, che poi ha presieduto la Messa di Mezzanotte nella Basilica della Natività: ha assistito alla celebrazione eucaristica anche il presidente palestinese Abu Mazen. Ma come vivono i cristiani questo Natale? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa:

R. – Dal punto di vista della Liturgia e delle manifestazioni pubbliche, è un Natale identico a quello di tutti gli anni. C’è un clima di festa e, come sempre, un clima di attesa per gli eventi futuri. È un Natale segnato anche dalle preoccupazioni per la comunità cristiana, non tanto per la Terra Santa, ma per tutti i Paesi del Medio Oriente, ma un Natale di festa e di gioia ugualmente.

Tesori della Terra Santa

D. – Nel suo messaggio ha scritto che il Natale è anche la storia di tesori. Quali tesori attendono – speriamo – nel futuro prossimo la Terra Santa?

R. – Il tesoro per eccellenza è Gesù. Io ho voluto mettere da parte per una volta, perché lo facciamo tutto l’anno, i problemi politici e le questioni sociali. Per una volta vogliamo guardare a Gesù e basta. Una volta capito questo, ti accorgi che il tesoro, i tesori sono le persone che vivono qui, le tante piccole iniziative di pace, le tante cose che si fanno in positivo: sono tesori che spesso sono nascosti e che non sono conosciuti.

La realtà può cambiare

D. – Tesori che sono nascosti e può darsi – come lei, padre ha scritto – che dal di fuori sembra non cambi nulla. Può sembrare che la storia della Terra Santa continui ad essere sempre la realtà drammatica che purtroppo si vive… In realtà, qualcosa può cambiare, deve cambiare…

R. – E cambia! Dobbiamo proprio dire questo: le cose cambiano, anche se purtroppo vediamo la realtà solita. Quando uno trova qualcosa che gli dà gioia, quando ha scoperto e trovato nelle relazioni – soprattutto nella relazione principale che è quella con Gesù – questa positività, tutto viene visto con occhi non soltanto carichi di speranza, ma anche di una certezza che dà fondamento alle nostre attività, alla nostra vita.

Augurio per il Natale

D. – Partendo proprio da queste certezze, qual è il suo augurio per il Santo Natale?

R. – Quello di perdere le proprie piccole attese, essendo capaci di perdere le nostre piccole visioni, essendo capaci di guardare il bello che c’è e soprattutto di ritrovarsi ‘comuni’ nell’umanità, davanti a Dio. (mg)

Natale in Sud Sudan

Per una nazione, quella del Sud Sudan, questo è il primo Natale festeggiato in un Paese sovrano, dichiarato indipendente lo scorso mese di luglio. Amedeo Lomonaco ha raggiunto telefonicamente a Juba padre Daniele Moschetti, superiore provinciale dei Missionari Comboniani in Sud Sudan:

R. – La venuta del Signore è celebrata doppiamente. È anche la prima volta che lo facciamo in questo Paese, nato appena cinque mesi fa. Ha un grande valore, ma le problematiche sono molto grandi: c’è il debito internazionale da pagare, i confini da delimitare, il discorso della spartizione del petrolio e si deve stabilire quanta percentuale possa ottenere il Nord. Questo ha creato, nelle ultime settimane, davvero molta tensione. Ci sono ancora grossi debiti che il Sud deve pagare al Nord per delle commesse che ha ricevuto e delle royalties, cioè dei diritti, sul petrolio. Non dobbiamo dimenticare che fra tre mesi abbiamo un’altra scadenza molto importante: quella della cittadinanza. Il 9 marzo prossimo scadranno i termini per quanto riguarda la cittadinanza dei sud sudanesi che vivono a Khartoum. Tra l’altro, nei pressi di Khartoum, ci sono ancora più di due milioni di persone, il che vuol dire molti rifugiati. In questo momento ne stanno scendendo a migliaia.

Grave crisi umanitaria

D. – Si deve poi aggiungere che l’Onu ha lanciato l’allarme sulla grave crisi in Sud Sudan, dove almeno 2,7 milioni di persone hanno bisogno di aiuti alimentari. Il Sud Sudan è pronto per affrontare quest’emergenza alimentare?

R. – Il Paese non ha grandi infrastrutture, non ne ha quasi per niente. Siamo proprio all’inizio di un grande cammino di ricostruzione del Paese. Se continuerà questa fase difficile, dove la gente deve scappare dalle zone al confine ma anche da zone dove c’è la guerra civile – quindi i due Stati del Nord Sudan, il Blue Nile ed il Sud Kordofan – non è facile trovare una soluzione. Dovrebbe esserci la disponibilità ad un vero dialogo, si dovrà trovare una soluzione a queste problematiche. Il Sud del Paese è già molto povero e quello del Nord, dal punto di vista economico, è crollato proprio per il fatto che il petrolio oggi viene pagato al Sud. Nonostante questo, c’è tanta speranza e voglia di ricominciare in un Paese che ha davvero tanto bisogno di ritrovare se stesso. E la gente ha voglia di pace.

In India il Natale è all’insegna della condivisione

 In India, nonostante le continue violenze da parte di estremisti indù contro la comunità cristiana, il Natale incoraggia i fedeli a percorrere il cammino della vita con occhi di speranza. È quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco il vescovo di Vasai, mons. Felix Anthony Machado:

R. – Il messaggio del Natale è questo: la speranza. “Speranza” è la parola chiave del Natale: in ogni situazione disperata dell’umanità Dio viene a salvarci. Questo è il messaggio del Natale. Sono molto contento di vedere come anche in un Paese come l’India, dove i cristiani sono pochi, gli orfani assistiti nelle nostre istituzioni camminino insieme, per le strade, e cantino le canzoni di Natale portando gioia. Ho visto come questi orfani, che vengono curati dalle religiose, cantassero davvero con grande gioia e la condividessero con persone di tutte le religioni. In queste occsioni, in molti si riuniscono per ascoltare queste canzoni natalizie e questo messaggio di speranza che porta con sé il Natale. Questo, in un Paese come l’India, è uno dei segni più forti contro le violenze dei fondamentalisti.

Natale è convertire i cuori dei fondamentalisti

D. – Il Natale, dunque, è speranza e condivisione. E la speranza unisce anche uomini di fedi diverse. E’ proprio questo, forse, a dare fastidio ai fondamentalisti…

R. – Sì, è la fonte di questi problemi. Non basta ostacolare questi fondamentalisti nel commettere questi atti violenti. Il messaggio di Natale ci dice che l’uomo deve essere radicalmente un essere nuovo in Gesù. Vorrei perciò che ci fosse la conversione di questi fondamentalisti. Fermare queste loro azioni non rappresenterebbe ancora, per me, il vero Natale. Il Natale vero sarebbe poter andare al di là di tutto ciò e convertire il cuore di questi fondamentalisti, in modo che diventino nuovi uomini in Gesù Cristo. Questa, per me, sarebbe la vera celebrazione del Natale.

Natale in Colombia

◊   Il dolore per oltre 120 vittime a causa delle alluvioni nel mese di dicembre, ma anche la speranza per nuovi spiragli di pace con i guerriglieri. È il duplice stato d’animo con cui la Colombia vive il Santo Natale. È quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonacol’arcivescovo di Bogotá, mons. Rubén Salazar Gómez:

R. – In Colombia è un Natale un po’ triste perchè in questi giorni ci sono state alluvioni a causa di questa pioggia eccessiva. Nel Paese regna un sentimento di tristezza ma c’è anche la speranza che il Paese possa tirarsi su, l’anno prossimo, perchè ci sono tanti progetti per la pace, per la giustizia, per il bene di tutti.

Dialogo con la guerriglia

D. – La Chiesa ha ribadito la propria disponibilità a dialogare direttamente con la guerriglia, con le forze armate rivoluzionarie. La via del dialogo è possibile?

R. – Senz’altro la via del dialogo è sempre possibile ma non è tanto facile perchè il governo non vuole che ci sia un dialogo se non ci sono stati prima tutti i passi necessari per ottenere una possibilità di successo, perchè in altre occasioni questi dialoghi sono stati assolutamente inutili. Noi siamo sempre disponibili e noi facciamo del nostro meglio perchè sia possibile la pace nel nostro Paese.

Chiese sempre in prima linea per promuovere la pace

D. – Progetti per la pace, per la giustizia, in cui la Chiesa è sempre in prima linea?

R. – Sì, noi come Chiesa non possiamo avere nostri progetti perchè il governo cerca di mediare per ottenere la pace con questi gruppi. Ma penso che la Chiesa eserciti sempre un ruolo importante perchè noi predichiamo il Vangelo – il Vangelo della pace, il Vangelo della giustizia, il Vangelo della fraternità, il Vangelo della solidarietà – e questa è la condizione per avere la pace nel nostro Paese.

Ancora molte persone sono ostaggio della guerriglia

D. – Ci sono ancora molti ostaggi nelle mani della guerriglia?

R. – Non si conosce il numero esatto perchè è un numero che dipende da tante cose e ci sono anche persone sequestrate che non sono state denunciate, ma comunque c’è la certezza che siano ancora parecchi. Finchè non sarà liberato l’ultimo sequestrato dobbiamo lottare tutti quanti per la liberazione di tutti gli ostaggi.

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