Israele: ultimo giorno di Peres come presidente

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Israele si tiene oggi la cerimonia che sigilla il passaggio dalla presidenza di Shimon Peres a quella del nuovo capo di Stato, Reuven Rivlin. Sulla figura di Shimon Peres, premio Nobel per la pace nel 1994, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco l’editorialista del Corriere della Sera, Antonio Ferrari:

 

R. – Con Peres, con l’uscita dalla presidenza di Israele, se ne va l’ultimo padre della patria. Non soltanto per ragioni anagrafiche, ma perché la stessa storia di Israele è legata intimamente e indissolubilmente alla figura di quest’uomo.

La multiforme linea politica di Peres

D. – La linea politica seguita negli anni ad Shimon Peres si è snodata anche attraverso vie molto diverse…

R. – Per esempio, la politica degli insediamenti porta il suo sigillo. Poi, Peres è passato sull’altro fronte contro questi insediamenti o, comunque, per un processo di pace che potesse garantire un compromesso accettabile da entrambe le parti. Shimon Peres, soffriva però per una cosa: non avere mai vinto una elezione. Tutte le volte che lui concorreva per una consultazione veniva sconfitto. E più volte è stato sconfitto da un uomo che sicuramente non aveva la stessa capacità culturale e anche la stessa abilità diplomatica, ma piaceva di più agli israeliani, cioè parlo di Yitzac Rabin, il suo compagno del partito laburista. Però, per contro, quando Shimon Peres diventa il fronte avanzato del dialogo con i palestinesi, questo suo passato è come se si cancellasse e si presenta quest’uomo nuovo e alla fine ottiene, con la nomina a capo dello Stato, una tardiva riparazione.

Il momento chiave della politica di Peres

D. – Qual è il momento chiave del rinnovamento dell’agire politico di Peres?

R. – Direi che il momento chiave è stato quello che ha accompagnato la fase immediatamente successiva alla prima Intifada. Peres usciva da governi di coalizione. Dopo la prima Intifada e con l’inizio di quel percorso che portò agli accordi di Oslo del 1993, Peres ci mette naturalmente del suo.

La ricerca della pace

D. – E un’importante ricerca quella della pace ha anche animato l’incontro di preghiera in Vaticano…

R. – L’incontro con Papa Francesco, l’incontro con Abu Mazen, l’abbraccio nei giardini vaticani e il fatto stridente di vedere questi due uomini amici – perché sono veramente amici, Shimon Peres e Abu Mazen che in effetti poi rappresentano – uno senza un potere politico preciso e l’altro con un potere assolutamente dimezzato, il primo è Shimon Peres, il secondo è Abu Mazen – due popoli che in questo momento non riescono, non dico a fare la pace, ma anche a trovare la strada per evitare quello che si sta prefigurando come un massacro sistematico.

Incontri con Shimon Peres

D. – Antonio Ferrari, come inviato hai più volte incontrato, intervistato Shimon Peres…

R. – A me era molto simpatico. Una cosa divertente, durante un comizio, a Bet Semesh, lo salvammo da una caduta, io ed un collega della radio svizzera. Lui inciampò, eravamo fortunatamente vicini e lo tenemmo. Lui disse: mi tocca anche ringraziare i giornalisti! Ma era una frase carina. Un uomo con un senso dell’umorismo straordinario. Tutti noi giornalisti, abbiamo vissuto con i suoi aforismi, con le sue battute fulminanti, con il suo sottile sarcasmo e con la convinzione che anche nei momenti più tragici non ci si dovesse dimenticare dell’autoironia.

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