© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

E’ stato nuovamente infranto il cessate il fuoco a Gaza: estremisti palestinesi hanno lanciato un razzo verso il territorio israeliano senza fortunatamente provocare vittime. Il governo di Israele ha già annunciato che risponderà ad ogni attacco proveniente dalla Striscia di Gaza. In questo clima di tensione, si celebra oggi la Giornata internazionale di intercessione per la pace in Terra Santa. L’iniziativa prende spunto dalle parole di Benedetto XVI pronunciate durante l’Angelus dello scorso 28 dicembre: “La patria terrena di Gesù – aveva detto il Papa – non può continuare ad essere testimone di tanto spargimento di sangue, che si ripete senza fine”.

Intervista con padre Pizzaballa

Celebrazioni eucaristiche ed adorazioni ininterrotte scandiscono la Giornata in più di 400 città del pianeta, tra cui Roma, New York e Cracovia. Sulla Giornata e le diverse celebrazioni nei Luoghi Santi, ascoltiamo al microfono di Amedeo Lomonaco, padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa:

R. – La Giornata di preghiera è iniziata questa mattina alle 5.30 al Calvario con una Messa, celebrata da un padre salesiano. C’è poi l’adorazione che si fa in tutta la Terra Santa, a Nazareth, a Betlemme, alla Grotta del Latte. C’è una partecipazione, a turno, di tante istituzioni religiose. Credo che la cosa principale che possiamo fare sia quella di pregare, facendo convergere tutto in una prospettiva di fede; si deve saper leggere la storia, il dramma di questa terra e dei suoi abitanti, secondo Dio e non solo secondo le nostre passioni, le nostre visioni politiche.

Speranze

D. – Il mondo in preghiera per la Terra Santa è anche un inno alla speranza, al desiderio di far tacere le armi…

R. – La preghiera è anch’essa è ‘un’arma’, ma è completamente diversa e, soprattutto, ha una prospettiva perché è rivolta a Dio, Autore della vita. E’ rivolta a Cristo risorto, fondamento della nostra speranza.

Pace in Terra Santa

D. – La pace, si legge nel suo messaggio diffuso proprio per questa giornata, ha un prezzo ed esige la conversione che porta poi a perdonare per essere perdonati. Questo spirito di conversione si sta realmente diffondendo in Terra Santa?

R. – Con molto realismo bisogna dire che sicuramente non è molto diffuso. Ma più che sui numeri dobbiamo contare almeno sui segni. Ci sono persone disposte a portare questi segni. Questo può, con il tempo, cominciare a far interrogare anche gli altri. Non vogliamo avere la presunzione di cambiare il mondo con la nostra preghiera immediatamente, ma vogliamo iniziare un processo. Vogliamo far progredire uno stile diverso rispetto a quello che abbiamo visto in questi ultimi giorni.

Guerra e pace

D. – L’esperienza della guerra indurisce molti cuori, ma porta anche a desiderare con più forza il dono della pace…

R. – Certamente, diventa ancora più forte il desiderio di cambiare, di superare questa impasse, questa durezza, questo circolo vizioso nel quale sembriamo essere entrati e da cui non sappiamo uscire.

Storie e immagini dalla Terra Santa

D. – Ci sono immagini, storie concrete di speranza che possono oggi confortare le sofferenze della popolazione della Terra Santa, di Israele e dei Territori Palestinesi?

R. – Sicuramente, io ne sento parlare continuamente. Sono piccole cose: gli israeliani che vogliono ospitare palestinesi che sono stati colpiti dalla violenza, scuole palestinesi che vogliono gemellaggi con scuole israeliane. Sono piccole cose, tante piccole cose che però, sicuramente, segneranno un punto di partenza per chi vuole cambiare strada.

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