Giornata mondiale contro le mine. Papa Francesco: l’unica arma è la carità

© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews: Si celebra oggi la Giornata mondiale per l’azione contro le mine, ordigni che continuano ad uccidere o a ferire, ogni anno, migliaia di persone. Tre vittime su quattro sono civili.

 

Ogni anno le mine antiuomo provocano, nel mondo, oltre 6000 vittime. In gran parte, oltre il 90%, sono civili. Ogni 20 minuti una persona salta su una mina. In almeno la metà dei casi, le vittime sono bambini. Per ricordare questo dramma si celebra oggi la Giornata mondiale per l’azione contro le mine, indetta dalle Nazioni Unite.

Il Papa: la carità disarma le forze del male

In occasione di questa Giornata, Papa Francesco, ha scritto un tweet: “L’unica arma invincibile – sottolinea il Pontefice – è la carità, perché ha il potere di disarmare le forze del male”. “Troppe persone – aveva detto Francesco il 3 aprile del 2016 al termine del Regina Caeli – continuano ad essere uccise o mutilate da queste terribili armi, e uomini e donne coraggiosi rischiano la vita per bonificare i terreni minati”. “Rinnoviamo, per favore, l’impegno per un mondo senza mine”.

L’auspicio del presidente Mattarella

Il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha rinnovato l’auspicio che “il Parlamento italiano possa giungere presto a una nuova deliberazione legislativa, coerente con i principi costituzionali, per contrastare con efficacia anche il sostegno alle imprese produttrici di mine anti-persona e di munizioni a grappolo”.

Nel mondo oltre 100 milioni di mine

Si stima che, nel mondo, le mine siano oltre 100 milioni. Dal 1945, sono state inventate almeno 600 tipologie di mine terrestri. L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha creato, nel 1997, l’Agenzia dell’Onu per l’Azione contro le mine, come punto di riferimento nella lotta contro le mine e gli ordigni bellici inesplosi.

Il Trattato di Ottawa

Nel 1999, 162 Paesi hanno firmato il Trattato di Ottawa per la proibizione, di uso, stoccaggio, la produzione e la vendita di mine antiuomo. Tra gli Stati non firmatari ci sono invece Stati Uniti, Corea del Nord, Cina, Russia, Cuba e Israele. Tra i Paesi maggiormente impegnati nella produzione di mine ci sono, secondo fonti di stampa, India, Myanmar, Pakistan e Corea del Sud.

Afghanistan: 45 mila mutilati a causa delle mine

In Afghanistan si registra il più alto numero di vittime a causa delle mine. Ogni mese sono almeno 140 le persone che muoiono in seguito all’esplosione di questi ordigni. Tra le più diffuse c’è la ‘mina a farfalla’, chiamata così per la sua caratteristica forma. I bambini la scambiano per un giocattolo. Sono inoltre più di 45.000 le persone che hanno perso almeno un arto.

L’Iraq libero da mine fra 300 anni

Uno dei Paesi più contaminati al mondo da mine e residui bellici è l’Iraq. I progressi compiuti nell’opera di sminamento hanno subito, negli ultimi anni, un rallentamento. Secondo alcune recenti stime, il Paese potrebbe essere libero dalle mine tra 300 anni. Negli ultimi 25 anni, nel solo Kurdistan ci sono stati circa 14.000 incidenti provocati da mine, che hanno portato alla morte di oltre 6.000 persone.

Milioni di bambini a rischio in Siria

In Siria almeno 3,3 milioni di bambini è esposto al pericolo di incorrere in esplosivi, fra cui mine, ordigni inesplosi e ordigni esplosivi improvvisati. Sono, intanto, già migliaia i siriani rientrati a Raqqa dopo la fine dei combattimenti. Gli ordigni inesplosi e improvvisati restano una delle principali minacce per la popolazione. Se non aumenteranno le attività di sminamento, ci saranno ancora molte vittime, soprattutto fra i bambini.

Yemen: molte famiglie non possono rientrare nei loro villaggi

Nello Yemen, Paese lacerato dalla guerra, l’utilizzo di mine ha causato numerose vittime civili. L’uso di queste mine, inoltre, ha impedito a molte famiglie sfollate di tornare nelle loro case. Lo Yemen aveva firmato nel 1997 un trattato sulla messa al bando delle mine. Ma il Trattato, entrato in vigore l’anno successivo, non è stato rispettato.

Almeno 4 milioni di mine in Cambogia

Il territorio della Cambogia è ancora pieno di milioni di mine, il cui numero oscilla tra i sei e i quattro milioni. Nel paese asiatico oltre 40 mila persone, attualmente, vivono senza un arto a causa dell’esplosione di un ordigno.

In Colombia campagna della Chiesa contro le mine

Un altro Paese disseminato dalle mine è la Colombia. Durante il periodo del conflitto, iniziato negli anni Sessanta, un numero ingente e imprecisato di ordigni è stato posizionato soprattutto vicino agli accampamenti dei guerriglieri o nelle immediate vicinanze dei villaggi. Negli ultimi 25 anni, le vittime sono state oltre 11 mila. La Chiesa colombiana, in collaborazione con la “Campagna colombiana contro le mine”, dal 2016 ha avviato un progetto per ridurre il rischio di incidenti.

Le mine in Africa

In Africa, tra i Paesi più colpiti dal dramma delle mine, ci sono Mali, Somalia e Nigeria. Si tratta di territori dove la presenza del gruppo integralista Boko Haram continua ad alimentare scontri e instabilità.  In Africa, dopo la completa bonifica del Mozambico e quella avanzata in Angola, mine sono presenti anche al confine tra in Eritrea, Egitto, Sudan e Zimbabwe.

Anche l’Europa infestata da ordigni inesplosi

L’Ucraina orientale è uno dei luoghi in cui sono state disseminate più mine al mondo. In questa area sono circa 220.000 i bambini a rischio perché vivono, giocano e vanno a scuola in zone infestate da mine antiuomo, ordigni inesplosi e da altri residui bellici. In Bosnia, Paese colpito negli anni ’90 da un drammatico conflitto, è infestato il 2% del territorio. Si prevede che l’opera di bonifica non sarà completata prima del 2025.

Dalle mine un’eredità di morte

Giuseppe Schiavello, direttore della Campagna italiana contro le mine, si sofferma sul significato di questa Giornata:

Questa Giornata serve a ricordare a tutti gli Stati che hanno sottoscritto i trattati di proibizione di queste armi – e soprattutto a quelli che non lo hanno fatto – quale sia l’effetto di queste ultime quando colpiscono civili, anche in tempo di pace. Questa Giornata indica anche la necessità di investire in cooperazione internazionale proprio per far fronte a questa emergenza, sia umanitaria sia di sviluppo.

Ci sono Stati che non hanno sottoscritto trattati per la proibizione delle mine anti-uomo. Tra questi, Stati Uniti, Corea del Nord, Cina. Purtroppo, è una lunga lista …

Sì, però bisogna sempre evidenziare il fatto che in qualche modo questi Stati si sono riservati il diritto di poterle usare. Fattivamente questo non avviene perché sarebbero stigmatizzati dalla comunità internazionale per i noti effetti che queste armi hanno sulle popolazioni civili. Bisogna anche considerare che questi sono ordigni che rimangono inesplosi per oltre 50 -60 anni dopo la fine di un conflitto. Questo fa sì che in qualche modo diventino un’eredità di morte che va ben oltre il periodo della belligeranza.

Un’eredità di morte che colpisce soprattutto i civili e, in particolare, i bambini …

Sì, normalmente il 90 per cento delle vittime sono civili; tra questi, il 40 -50 per cento sono bambini. I bambini sono tendenzialmente più curiosi e, giocando, possono trovare un ordigno in un campo, in un bosco e spesso perdono la vita o nella migliore delle ipotesi rimangono mutilati; spesso perdono la vista, l’uso delle gambe, delle braccia.

Qual è in particolare la situazione nel territorio italiano?

In Italia ci sono ordigni inesplosi che, per la maggior parte, sono bombe di aereo, bombe a mano, proiettili di artiglieria. Spesso vengono ritrovati quando si costruiscono autostrade o ferrovie e in zone ben delimitate. Il numero di ordigni esplosivi non è elevato, ma certamente ci sono zone contaminate ed è importante che i giovani sappiano se c’è stata una vittima. A Novalesa, nel 2013, un ragazzo di 15 anni, Nicolas Marzolino, stava piantando delle patate con i suoi amici per venderle ad una fiera. Ha trovato questo oggetto ed ha perso l’uso di una mano e la vista. Lo abbiamo portato con noi  in Croazia per testimoniare, a livello internazionale, che a 70 anni dalla fine di una guerra, purtroppo, può accadere anche in Italia.

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