Funerali del boss. Don Ciotti: arroganza contro lo Stato

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Il feretro trasportato da una carrozza trainata da cavalli, la colonna sonora del film “Il Padrino”, una cascata di petali da un elicottero, manifesti e gigantografie. Questo e altro è accaduto ieri fuori dalla chiesa di Don Bosco a Roma in occasione dei funerali del boss Vittorio Casamonica. Ascoltiamo la riflessione di don Luigi Ciotti, fondatore dell’associazione “Libera”, al microfono di Amedeo Lomonaco:

 

R. – Io provo proprio molta sofferenza, perché ancora una volta è un atto di arroganza, di forza verso le istituzioni, verso lo Stato … Non possiamo dimenticarci la falsa religiosità dei mafiosi: una religiosità di facciata, interessata soprattutto agli aspetti formali ed esteriori della fede. E’ incompatibile la mafia con il Vangelo. Questa esibita religiosità di boss ferisce ancora una volta …

Vittime di strumentalizzazioni

D. – Come ci si libera da queste pressioni, tenendo conto che una vicenda come quella di ieri dimostra che la Chiesa e la religione sono vittime proprio di una strumentalizzazione?

R. – C’è ancora oggi, devo dire, una conoscenza un po’ vaga, approssimativa, dei fenomeni mafiosi; c’è bisogno di una corretta conoscenza e di un’adeguata reazione. Siamo anche noi chiamati a fare di più, a conoscere per essere più consapevoli, più preparati. E’ stato un colpo di mano, quello che ieri è avvenuto lì, giocando proprio sull’onestà, sulla buona fede di quella parrocchia, di quel parroco, che è stato travolto da tutto questo. Quindi dobbiamo avere un senso di rispetto nei suoi riguardi. Papa Francesco ha sottolineato che chi segue la strada del male non è in comunione con Dio: ieri è stato compiuto un atto di forza, di violenza in questo senso.

Don Luigi Ciotti
Silenzio assordante

Mi chiedo quanti hanno assistito a tutto questo in silenzio. Non va condannata solo la persona criminale, ma anche quanti si rendono complici, chi lascia fare … Dobbiamo anche noi, come Chiesa, assumerci la nostra parte di responsabilità; ma ci tengo a sottolineare le grandi positività, le cose belle, importanti, positive, coraggiose che stanno avvenendo nel nostro territorio, nella nostra Chiesa. E non possono essere questi episodi ad andare a semplificare, a generalizzare il bene e il bello che già si sta con più forza realizzando.

Mafia sempre più penetrante

D. – Quanto avvenuto ieri dimostra ancora una volta come la mafia sia penetrata nel tessuto romano …

R. – La mafia, oggi più che mai, è forte, è presente. In questo momento di grande crisi economica-finanziaria, le mafie nel nostro Paese riescono a gestire con forza il loro potere. Non dimentichiamo che corruzione e mafia, nel nostro Paese, sono veramente le due facce della stessa medaglia. E a Roma, grazie all’impegno delle forze di polizia, della magistratura, sono emerse situazioni nelle quali veramente si tocca con mano che c’è un livello di commistione mai raggiunto prima. Allora, diciamocelo ancora una volta: le mafie non sono un mondo a parte, sono una parte del nostro mondo.

Le mafie sono inserite nel tessuto sociale

Le mafie vivono tra noi e non hanno bisogno di una nuova definizione, come qualcuno dice, ma di una nuova comprensione perché cambiano sempre le mafie, restando sempre se stesse. Sanno adattarsi molto velocemente alle trasformazioni della società. Si nascondono tra di noi, ma ogni tanto vengono fuori queste espressioni che dimostrano che loro sono veramente presenti, che sono ancora forti … Le mafie sono sempre le stesse: cambiano pelle, vestito, facce, nomi, luoghi ma sono sempre quelle mafie protette da questo o da quel potere che permette loro di sopravvivere.

Il messaggio della Chiesa

D. – Ieri la mafia è comunque riuscita a lanciare un messaggio. Quale messaggio, oggi, devono lanciare la Chiesa, la società, i cittadini?

R. – Continuare a fare le cose con molta umiltà, con il coraggio della verità. Ieri abbiamo toccato con mano una verità ancora scomoda: c’è chi veramente si nasconde dietro Dio, che usa la fede come una foglia di fico … Dobbiamo prendere coscienza di questa falsa religiosità, per fare meno parole e più fatti, per spenderci in un orizzonte di normalità e di quotidianità, per prendere coscienza del fatto che abbiamo bisogno di verità, nel nostro Paese, ma anche di maggiore assunzione di responsabilità; che il cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi, che noi siamo il cambiamento, e soprattutto che dobbiamo cercare di essere anche un segno di speranza, facendo delle cose, cercando di farle insieme.

Serve più coraggio

Ognuno deve impegnarsi, chiedendo allo Stato, alle istituzioni, alle amministrazioni di fare la loro parte. Ma c’è una parte di responsabilità che ci chiama in causa come cittadini: non cittadini a intermittenza, a seconda delle circostanze, ma cittadini responsabili. E come Chiesa non dobbiamo dimenticare questo invito che il Signore ci ha fatto di vivere il Vangelo con più forza, con più coraggio, con più determinazione, per costruire percorsi che diano più dignità e speranza a tutte le persone.

Foto:

By Jaqen (Niccolò Caranti) [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], from Wikimedia Commons

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