Dolore del Papa per l’assassinio del ministro Bhatti

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Il Papa, in un telegramma a firma del cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone, inviato a mons. Lawrence Saldanha, arcivescovo di Lahore e presidente della Conferenza episcopale del pachistana, ha espresso il suo profondo dolore per l’assassinio, ieri in Pakistan, del ministro per le minoranze, il cattolico Shahbaz Bhatti, ucciso durante un agguato teso da un commando di fondamentalisti islamici ad Islamabad. La comunità cristiana pachistana sta partecipando a manifestazioni di solidarietà spontanee, alle quali prendono parte anche musulmani, e a veglie di preghiera. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

La comunità cattolica e tutti i cristiani nella diocesi di Faisalabad, da cui proveniva il ministro Bhatti, hanno organizzato un corteo pubblico di preghiera per le vie della città. Sono stati anche annunciati tre giorni di lutto pubblico, da domani a domenica prossima. Ad Islamabad si terrà questa sera una fiaccolata con “preghiere e canti spirituali”. Si tratta di iniziative che intendono offrire “una testimonianza di fede per commemorare il ministro e ricordare il suo messaggio”.

Funerali nel villaggio cattolico di Kushphur

Domani la salma di Shabaz Bhatti sarà portata nella chiesa di Nostra Signora di Fatima, a Islamabad, dove il vescovo mons. Anthony Rufin, celebrerà una Santa Messa di suffragio. Successivamente – ricorda l’agenzia Fides – la comunità cristiana si riunirà, a Kushphur il villaggio cattolico nella diocesi di Faisalabad dove era nato il ministro Bhatti. Nella chiesa di questo villaggio sarà celebrato il funerale, che verrà presieduto da mons. Joseph Coutts, vescovo di Faisalabad. E’ prevista una massiccia presenza di autorità civili, di leader religiosi cristiani, indù e musulmani, di attivisti per i diritti umani.

Manifestazioni in tutte le città del Pakistan

Ieri, dopo il diffondersi della notizia dell’omicidio, manifestazioni spontanee si sono tenute in tutte le principali città del Pakistan. In una dichiarazione congiunta, la Chiesa cattolica e le Chiese protestanti del Pakistan ricordano il ministro Bhatti come “uno statista impegnato per l’armonia interreligiosa”, affermando che il suo assassinio solleva ancora una volta “la questione della protezione delle minoranze religiose, della loro vita e della libertà”.

Servono passi concreti per fermare l’estremismo

Le Chiese cristiane invitano il governo a fare “passi concreti per fermare l’estremismo in Pakistan”. Se non si fermeranno gli omicidi di democratici e liberali, che esercitano “la libertà di coscienza e di espressione”, estremisti e fanatici saranno legittimati a prendere il potere. Le Chiese nel Paese stigmatizzano anche l’uso della religione come “strumento di minaccia e di sofferenza per la gente” e annunciano tre giorni di lutto. Tutte le scuole e gli istituti cristiani resteranno chiusi. Le comunità cristiane di tutte le confessioni vivranno momenti di preghiera e di digiuno.

Intervista con Paul Bahatti, fratello del ministro ucciso

L’assassinio del ministro cattolico per le per le Minoranze Shahbaz Bhatti mette a tacere la voce di chi ha sempre difeso persone discriminate e più deboli. Ma questo brutale omicidio non può impedire che venga proseguito il cammino intrapreso per “un futuro di pace e di speranza per i cristiani e per tutti i pachistani”. E’ quanto sottolinea Paul Bhatti, medico specialista in chirurgia d’urgenza da anni in Italia e fratello del ministro. Amedeo Lomonaco lo ha raggiunto telefonicamente poco prima della partenza per il Pakistan, dove domani nel villaggio di Kushphur saranno celebrati i funerali di Shahbaz Bhatti:

R. – Sto partendo per il Pakistan, dove mi stanno aspettando per i funerali. Non so quello che dico, perché veramente sono rimasto sconvolto da quanto accaduto. Ma tutti ce lo aspettavamo, perché lui non si è mai tutelato, si è sempre esposto per gli altri, soprattutto per la gente più povera. Mio fratello combatteva per i diritti dei cristiani e di tutte le minoranze oppresse in Pakistan; in particolare contro la legge sulla blasfemia che condanna a morte chi offende Maometto”.

Legge sulla blasfemia usata spesso contro i cristiani

“Da qui, noi avevamo l’impressione che questa legge venisse usata spesso contro i cristiani per rancori personali. Lui ha lottato molto per questo, al punto da ricevere anche consensi internazionali dagli Stati Uniti, dal Vaticano e anche da molti Paesi occidentali. E questo ha colpito il governo locale, al punto che era quasi riuscito a presentare un disegno di legge in Parlamento. Ma chi sostiene che l’attuale legge sia giusta o chi sostiene che il Parlamento sia manipolato dall’Occidente, probabilmente non è d’accordo con il suo progetto. Era molto tempo che mio fratello riceveva minacce di morte. Poi c’è stato il caso di Asia Bibi, una donna proveniente da un ceto molto povero condannata a morte sulla base di quella legge sulla blasfemia. Mio fratello ha lottato molto, insieme anche con il governatore del Punjab che è stato ucciso qualche mese fa”.

La famiglia Bhatti

D. – Dr. Paul Bhatti, ci può ricordare chi era suo fratello, quale la sua famiglia, quale l’educazione religiosa ricevuta?

R. – Noi veniamo da una famiglia cattolica che vive in un villaggio cattolico, cristiano del Pakistan, e che si chiama Kushphur. Qui abbiamo ricevuto un’educazione cattolica. Mio fratello si era laureato in legge e poi aveva anche seguito un corso in relazioni internazionali; ha iniziato ad interessarsi alla politica in maniera particolare quando ha iniziato a vedere delle ingiustizie in Pakistan. Il primo evento è stato quando si propose una carta d’identità diversa tra cristiani e musulmani. Lui era molto giovane ancora, avrà avuto 23 anni… Iniziò a protestare, guidando varie manifestazioni. Alla fine, riuscirono addirittura a far cambiare idea al governo e da lì iniziò ad impegnarsi contro ogni ingiustizia. E non solo in questo caso di Asia Bibi: in passato ha lottato per altre persone che erano state condannate sempre sulla base della legge contro la blasfemia.

Speranze per il Pakistan

D. – Dopo l’assassinio brutale di suo fratello, cosa si può sperare per il Pakistan?

R. – Penso che questo possa essere un momento di riflessione sia per la gente del Pakistan – perché mi hanno telefonato tanti amici pakistani musulmani, che condannano questo omicidio e non condividono la discriminazione – sia per l’Occidente. Si dovrà promuovere una riflessione all’insegna del dialogo con quei Paesi che hanno una legge contro la blasfemia, affinché questa legge venga abolita. Qualcosa dovrà esser fatto, a livello internazionale, per continuare questa lotta. Conoscendo l’obiettivo ed anche il sacrificio di mio fratello, spero che la gente lo segua …

Sforzi non vani

D. – Quindi, il lavoro e l’impegno di suo fratello non risulteranno vani …

R. – Credo di no, perché sicuramente anche io personalmente – non a modo suo, ovviamente – ma per quello che posso fare, ho deciso di impegnarmi nella maniera più intensa possibile, perché questa è una causa giusta, è una causa che lui ha portato avanti e noi lo seguiamo, lo appoggiamo. Io sono medico qui, in Italia, ma quello che posso fare sono disposto a farlo, perché sono convinto che questa opera vada continuata, che vada appoggiata sui diversi fronti.

L’omicidio e gruppi fondamentalisti

D. – Dr. Bhatti, secondo lei dietro a questo assassinio ci sono i talebani oppure altri gruppi estremisti in Pakistan?

R. – Questo non lo so. Ho sentito dire che sarebbero stati lasciati dei volantini dei talebani locali del Punjab, che si sarebbero assunti la responsabilità dell’omicidio. Ma quando il mese scorso sono stato in Pakistan lui mi aveva detto di avere ricevuto molte minacce e che immaginava che prima o poi l’avrebbero ucciso. Io gli avevo detto: “Ti conviene venire in Occidente per qualche mese, finché le acque non si saranno calmate un po’”. E lui mi rispose che se si fossero calmate le acque, si sarebbe calmato tutto e nessuno avrebbe portato avanti la causa, e quindi non voleva andare via.

Cristiani del Pakistan uniti nella preghiera

D. – Cosa chiede alla Chiesa universale, a tutti i fedeli, a tutti i cristiani, a tutti i cattolici?

R. – Mio fratello era un cristiano convinto, praticava la sua fede. Perciò, chi è fedele, chi ha una fede forte crede nella preghiera: a questa ci tengo e sono convinto che serva. Penso che anche tutti i cristiani del Pakistan dovrebbero riflettere su questa situazione in modo che, in un modo o nell’altro, le ingiustizie si risolvano.

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