Conferenza internazionale sull’Iraq

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

La comunità internazionale aggiunge un nuovo capitolo agli sforzi per promuovere la pace in Iraq. Si è aperta stamani in Egitto, a Sharm el Sheikh, la Conferenza internazionale sullo Stato arabo. Partecipano al convegno delegazioni di Paesi confinanti, rappresentanti degli Stati membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e del G8. Per la prima volta, prendono parte alle trattative anche i ministri degli Esteri di Siria e Iran. L’auspicio, rafforzato dall’incontro del segretario di Stato americano Condoleezza Rice con il suo omologo siriano Walid Mouallem, è che il vertice si riveli l’inizio di una nuova via diplomatica in grado di accelerare il processo di pace nell’intera regione. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

L’obiettivo prioritario della Conferenza è quello di approvare un piano quinquennale per lo sviluppo economico e la sicurezza del Paese. Il premier iracheno ha assicurato il proprio impegno per una autentica riconciliazione nazionale. Il segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha detto che l’Iraq non può essere lasciato solo ad affrontare sfide immense. Per sostenere concretamente l’Iraq, il segretario di Stato americano, Condoleezza Rice, ha invitato la comunità internazionale a seguire l’esempio statunitense di cancellazione del debito pendente dal regime di Saddam Hussein.

Cina pronta ad estinguere il debito dell’Iraq

La Cina ha accolto la proposta e annunciato di essere pronta ad estinguere il debito del governo di Baghdad con Pechino. Alla stabilità economica è poi legato il processo di pacificazione: il ministro degli Esteri egiziano ha lanciato un appello affinchè la riconciliazione nazionale passi ‘da sogno a realtà’. La situazione attuale, intanto, resta drammatica: dopo poco più di 4 anni dall’inizio della guerra, il Paese arabo è tutt’altro che stabile anche con il nuovo corso politico. L’ex presidente iracheno, Saddam Hussein, e i suoi stretti collaboratori sono stati condannati a morte e uccisi. L’Iraq ha un Parlamento e un governo democratici e una Costituzione scelta attraverso un referendum.

Sul terreno ancora violenze

Ma le violenze continuano: secondo il sito “Iraq Body Count”, dal marzo del 2003 sono morte tra le 59.082 e le 64.916 persone, in gran parte civili. A questo tragico bilancio si aggiungono più di 3.200 soldati americani e almeno 250 militari della forza di coalizione morti a causa di scontri con ribelli. Il governo di unità nazionale, guidato dallo sciita Al Maliki, non riesce inoltre a garantire un’adeguata sicurezza agli iracheni. Negli ultimi mesi sono aumentate le violenze tra sunniti e sciiti e continua, poi, l’esodo della popolazione: gli sfollati sono almeno due milioni e i profughi, accolti soprattutto in Siria e in Giordania, sono più di due milioni.

Mons. Tomasi: si rafforzi il ruolo della comunità internazionale

Recentemente, l’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra, mons. Silvano Maria Tomasi, ha sottolineato la necessità di un più forte ruolo della comunità internazionale per riportare la riconciliazione in questo Paese, segnato da una esplosione di “odio e distruzione senza precedenti”. In Iraq – ha detto mons. Tomasi – è “più facile morire che vivere” e “la crescente violenza e le atrocità quotidiane” stanno distruggendo non solo la vita fisica di innumerevoli persone ma anche “la speranza di un intero popolo”. A queste terribili sofferenze la Conferenza internazionale sull’Iraq cercherà di dare risposte attraverso piani che possano promuovere una vera ricostruzione e assicurare, finalmente, pace e sicurezza.

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