Cina: nuovo round di colloqui sui cambiamenti climatici

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

 Prosegue in Cina il nuovo round di colloqui sui cambiamenti climatici apertosi ieri a Tanjin. Si tratta dell’ultimo appuntamento fissato dalle Nazioni Unite prima del vertice di fine anno a Cancùn, in Messico. Durante la riunione, che si concluderà il prossimo 9 ottobre, saranno analizzate azioni tese alla riduzione di emissioni di gas serra. Christiana Figueres, segretario esecutivo della convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha esortato le nazioni ad aumentare il loro impegno per trovare un terreno comune e raggiungere un risultato concreto durante la prossima conferenza di Cancùn.

Intervista con il prof. Ballarin Denti

In particolare, secondo la responsabile Onu, occorre lanciare nuovi strumenti per velocizzare il trasferimento di tecnologia nei Paesi in via di sviluppo, istituendo altresì un nuovo conto per la sovrintendenza dei fondi raccolti a favore dei Paesi più poveri colpiti dai cambiamenti del clima. “Il punto è che non è interesse di nessuno temporeggiare” – conclude la Figueres – al contrario è invece nell’interesse di tutti agire in fretta per minimizzare l’impatto negativo su tutti noi”. Ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il prof. Antonio Ballarin Denti, docente di fisica dell’ambiente all’Università cattolica di Brescia:

R. – Per poter arrestare l’aumento medio di temperature del nostro pianeta a due gradi, che è considerata la soglia di sicurezza, dovremmo abbattere le emissioni derivanti da combustibili fossili di almeno il 50 per cento per il 2050. Questo è un obiettivo sicuramente molto impegnativo. L’Europa è quella che si è spinta più in avanti e propone di abbattere il 30 per cento per il 2020, ma non ha ancora affrontato il problema del 2050. E’ chiaro che di fronte al fatto che i più grandi emettitori di questi gas ad effetto serra sono Cina e Stati Uniti, quasi allo stesso livello, questi due Paesi dovranno impegnarsi decisamente molto più che in passato, per un traguardo temporale ragionevole.

Doveri di solidarietà

D. – Quali passi in concreto devono fare questi Paesi per arrivare ad un traguardo così ambizioso?

R. – Gli Stati Uniti, con la nuova amministrazione Obama, si sono spinti sicuramente molto più in avanti rispetto all’impasse degli anni precedenti e stanno prendendo impegni, però non ancora quantificati né in termini temporali né in termini di quantità di abbattimento delle emissioni, anche se hanno indubbiamente dato vita a delle iniziative relative anche a delle prassi interne ai loro Stati di controllo di queste emissioni. La Cina ha sottoscritto degli impegni di principio importanti, ma sono solo impegni di principio. Di fatto la Cina è tra le massime potenze industriali del mondo, e con essa anche l’India o il Brasile, per cui queste nazioni non possono più sottrarsi a dei doveri di solidarietà internazionale in questo campo.

Creato e sviluppo

D. – E poi non possono sottrarsi ad azioni che, come ha più volte affermato anche la Chiesa, non devono prescindere dal rapporto inscindibile tra tutela del Creato e sviluppo…

R. – Certamente, perché quello di cui tutti devono essere consapevoli, a livello internazionale – come il Magistero del Santo Padre ha più volte richiamato con forza – è che il Nord e il Sud del mondo sono vincolati ad un dovere di solidarietà, derivante dal fatto che le conseguenze, gli impatti di questo cambiamento climatico, colpirebbero in modo più drammatico ed economicamente più disastroso proprio i Paesi più poveri, come si è anche visto, del resto, con quello che è accaduto negli ultimi mesi: dalle alluvioni tremende in Pakistan alla siccità e agli incendi che hanno danneggiato seriamente l’agricoltura russa. Quindi, il pianeta ha un destino comune. Il pianeta alterato nel suo equilibrio danneggia più i Paesi poveri. Quindi, la difesa del Creato si accompagna ad un dovere di solidarietà e di aiuto reciproco per le attuali generazioni innanzitutto e ovviamente per le future generazioni.

 

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