Al Fatah: Israele non è Stato “ebraico”

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Medio Oriente, almeno tre uomini sono morti in seguito a un raid compiuto dall’aviazione israeliana nella Striscia di Gaza. Intanto, il partito palestinese Al Fatah ha ribadito di non voler riconoscere Israele come Stato ebraico. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha detto che non ci sarà nessun accordo di pace se i palestinesi non riconosceranno prima lo Stato ebraico. Su questa decisione presa da Fatah, approvata per acclamazione, Amedeo Lomonaco ha intervistato Janiki Cingoli direttore del Centro italiano per la Pace in Medio Oriente:

 

R. – “I palestinesi hanno sempre detto che loro sono disposti a riconoscere Israele in quanto Stato, ma non in quanto Stato ebraico. Ma io ho l’impressione che ci sia anche il fatto che si tenga duro su una questione, aspettando anche di capire quali siano le proposte sulle altre. Se ci fossero posizioni e offerte nelle proposte di mediazione americana, che diano una linea rispetto alla questione dei grandi insediamenti o se anche sulla questione di Gerusalemme ci fosse un riconoscimento della presenza di un diritto ad avere una capitale palestinese a Gerusalemme Est, inclusi i quartieri storici all’interno delle Mura, escludendo solamente il quartiere ebraico, forse su questi aspetti ci potrebbe essere maggiore duttilità. Se, invece, su queste questioni le proposte fossero insufficienti, questo diventa un’ottima scusa per non entrare nel merito e quindi lasciar perdere.

Le questioni legate al riconoscimento di Israele come Stato ebraico

D. – Quali questioni pone il fatto che si chieda di riconoscere Israele come Stato ebraico?

R. – “Pone due questioni: una è ovviamente la questione dei rifugiati. I palestinesi hanno diritto al ritorno, Israele nega che ci sia un diritto al ritorno… E’ una questione su cui si sono anche formulazioni abbastanza avanzate, soddisfacenti, anche nelle stesse proposte avanzate da Clinton nel 2000. L’altro aspetto è quello della minoranza araba all’interno di Israele, che rappresenta il 20% della popolazione totale di Israele e la cui crescita demografica è più rapida di quella della parte ebraica. Allora, qui il problema è: quale è l’identità di questa minoranza, in uno Stato che si definisce e chiede di essere riconosciuto in quanto Stato ebraico? E qui è insufficiente fare il discorso di garantire uguali diritti, perché con uguali diritti la maggioranza può opprimere la minoranza”.

Tutela delle minoranze

“Ci deve essere una tutela delle minoranze, intanto con il riconoscimento che questa minoranza c’è, e secondariamente con il riconoscimento di diritti positivi – la questione della lingua, della scuola, della ripartizione degli aspetti finanziari e via dicendo – che garantiscano un’identità e uno sviluppo autonomo di questa minoranza in un contesto ovviamente di unità nazionale. E’ un po’ il modello, per certi versi, della minoranza tedesca in Alto Adige. Non è un caso che noi abbiamo organizzato diverse missioni di esperti israeliani, arabi ed ebrei, che sono venuti a Bolzano a studiare questa esperienza”.

 

 

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