Al Brancaccio musical su Madre Teresa

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Iniziano oggi, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, i diversi momenti di preghiera promossi dalle Missionarie della Carità alla vigilia della beatificazione della loro fondatrice, Madre Teresa di Calcutta. Gli incontri sono incentrati sulle parole “Vieni, sii la mia luce” rivolte dal Signore alla religiosa nel 1946. Sul tema “Irradiare la luce di Cristo: una chiamata alla Santità” si sono svolte, stamani, liturgie eucaristiche in inglese e spagnolo e stasera, alle ore 19, si terrà la cerimonia presieduta dal vicario generale del Santo Padre per la Città del Vaticano, mons. Francesco Marchisano. Sulla straordinaria figura della piccola suora albanese è inoltre incentrato il musical “Madre Teresa”, in programma al teatro Brancaccio di Roma fino al prossimo 19 ottobre. Su questo spettacolo ascoltiamo il servizio di Amedeo Lomonaco.

E’ la storia di Madre Teresa di Calcutta raccontata in musica ed in prosa attraverso i pensieri e le preghiere della suora albanese dal sari bianco bordato di blu. Il Musical portato sul palcoscenico del Brancaccio dalla compagnia di Michele Paulicelli, l’autore di ‘Forza venite gente’, lo storico spettacolo su San Francesco, comincia con la partenza di Madre Teresa da Loreto alla volta di Calcutta. L’entusiasmo, la voglia di dare inizio nel nome di Dio alla sua missione sono subito messi a confronto con le sofferenze di quella regione del mondo da sempre bisognosa di aiuto.

Teresa, un uccellino illuminato dal Signore

Le malattie, la fame, la povertà, i problemi ed i dolori sono i complessi temi interpretati in musica ed in prosa con il chiaro intento di far riflettere. Teresa è rappresentata come un uccellino illuminato dal Signore che distribuisce il suo mangime in un mare di sofferenza incommensurabile. Si ingegna, soffre, prega e lentamente riesce a diffondere amore, fede e speranza per combattere la povertà.

D. – Ma cosa significa interpretare Madre Teresa? Le riflessioni di Giada Nobile, l’attrice che veste i suoi panni durante la rappresentazione teatrale.

R. – Non è stato facile, fin dall’inizio. Ho sempre cercato di trovare qualcosa che potesse aiutarmi ad immedesimarmi nel personaggio. La prima persona a cui mi sono ispirata è stata mia nonna, con cui ho vissuto tutta la sua vecchiaia. La lentezza dei suoi movimenti, il suo modo di camminare, di mangiare mi aiuta tutte le sere a salire sul palco.

D. – Cosa ha portato nella tua vita questa esperienza? In qualche modo ti ha cambiato?

R. – Sì, assolutamente. Mi ha portato ad un cambiamento molto forte: alla fede. Sicuramente c’è qualcosa in me di diverso e di speciale, che ho trasmesso anche alla mia famiglia.

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